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TEOFILO FOLENGO
ORLANDINO
ORLANDINO
PER
LIMERNO PITOCCO
DA MANTOA
COMPOSTO
Mensibus istud opus tribus indignatio fecit.
Da medium capiti; notior author erit.
Orlandum canimus parvumparvum unde volumen.
Si quid turpe sonat paginavita proba est.
SONETTO DE L'AUTTORE
Molte malizie copre in sé la volpe
E perde chi le crede fin al gallo;
Ragion però non era che 'l cavallo
L'ossa tenendoa lei desse le polpe.
5. I' t'arricordo che per l'altrui colpe
AlchimiaNanti la piva entrat'i' son in ballo;
Volsi por mano in trasmutar metallo
Senz'arteond'è ch'i' mi disnervi e spolpe.
Cotesta mercantia mi vien di Fiandra
10. Ove lo seme nacque de' pedocchi
PedocchChe musico gentil m'han fatto d'arpa
Cosí fusse l'auttor de la Leandra
Acciò che 'l cancar gli mangiasse gli occhi
In un fondo di torre fatto a scarpa!
A FEDERIGO DI MANTOA
MARCHESE ILLUSTRISSIMO
[PRIMO CAPITOLO]
1. Magnanimo signorse 'n te le stelle
spiran cotante grazie largamente
piovan piú tosto in me calde fritelle
che seco i' poscia ragionar col dente;
dammi ber e mangiarse vòi piú belle
le rime mie; ch'io d'Elicon niente
mi curoin fé di Dio; ché 'l bere d'acque
(bea chi ber ne vòl!) sempre mi spiacque.
2. Ben trovo ch'un fiascone di bon grego
Disputazionide' frativersi cantar mi fa di vinti piedi;
tanti dottori disputando allego
che a me piú ch'a Tomaso e Scotto credi;
né dirti so cotanti «probo» «nego»
purché qualche argumento mi concedi;
non parloti cristero né supposta
ma qualche bon capon o d'oca rosta.
3. Ti accerto ben ch'io canto il Miserere
né ad «vitulos» son anco giunto mai;
Boezio di trent'anni sul tagliere
mi dà sempre ristorsí come sai;
peròse vòi ch'i' cantio bel missere
da' del fiato a la piva o poco o assai;
fiato di zancie noma intendi bene:
mangion e bevon anco le Camene!
4. O tempi grassio giorni fortunati
Esclamazionequando e' poeti si trovorno boni
mercé Gian Bocca d'or de' Mecenati
ch'ingrossar fenno già molti Maroni!
VirgilioOr non cosí piúno; ch'oggi piú grati
son gli ubriachisguattari e buffoni
de quelli ch'immortal pon far altrui
perch'«est» apprezzan piú d'«eram» e «fui».
5. Ma tulettorchi sei? férmati al varco
VaderetroSathanasanti che 'l mio batell' entrar comince;
tràtti in dispartese d'invidia carco
guardi cagnesco et hai vista di lince;
tal mercantiat'avisonon imbarco
perché talor la colera mi vince
e la senapra montami sí al naso
ch'io non sto dir: - Va' drietoSatanaso! -
6. Anzi col pugno ti rispondo a l'occhio
Proverbiodi ciò che parli in questa e quella orecchia.
Poltron che seinon vedi ch'al ginocchio
rott'ho la calza e la gonnella vecchia?
Non odi tu mia voce d'un ranocchio
quando montar la rana s'apparecchia?
Peròs'io canto malefia scusato
ché 'l lupo si pentí cantar famato.
7. Ma 'l spirito gentilequal si sia
Lombardie Toscaniche mosse amore dirmi l'error mio
ringrazio molto; ch'altra cortesia
non trovo a questa egualin fé di Dio.
Pur saper dè' ch'io son di Lombardia
e ch'in mangiar le rape ho del restio;
non peròse non nacqui toscoi' piango;
ch'anco lo ciatto gode nel suo fango.
8. Però DanteFrancesco e Gian Boccacio
Burchielloportato han seco tanto che sua prole
uscir non sa di suo propio linguaccio;
ché quando alcuno d'elli cantar vòle
non odi se non «buio»«areca» e «caccio»
né mai dal suo Burchiello si distole;
e pur lor pare che 'l tempo si perda
da noise nostre rime fusser merda.
9. Se merda son le nostrea dirlo netto
Lombardomangia rapan'anche le sue mi sanno succo d'ape;
dati perdon al mio parlar scoretto
ch'in chiaro lume nebbia mai non cape;
e questo voglio ch'a color sia detto
che chiaman: «lombarduzzo mangia rape»;
serbo l'onor de l'inclite persone
ad altri grido: «tosco chiachiarone».
Toscanochiachiarone10. Né alcun di quelli tali m'addimande
di qual auttore questo libro i' tolsi;
rispondo lor ch'un gran sacco di giande
e duo di fabe in quelle bande accolsi
ove trovai de libbri copia grande
e parte d'essi aver con meco volsi
acciò le giande sian de' pari soi;
ch'assai manco son gli uomini ch'e' boi.
11. Ma se cortesamente alcun sincero
mi 'l chiedecome sempre deve farsi
ecco la causaecco 'l volume intiero
gli arecoacciò ben poscia saziarsi
e chiaramente intenda di liggiero
quai libbri falsi e quai sian veri sparsi;
ma non gli faccia mia lunghezza nausa
ché lungo dir convien in lunga causa.
12. Signori mieison stato in Val Camonica
Vallebressanaper consultar le strighe di quel loco
se mi saprebbon di Turpin la cronica
mostrar per forza d'incantato foco;
una vecchiarda in volto malenconica
rispose alor con un vocione roco:
- Gnaffe che sítu la vedrai dibboto;
entra qui tosto mecoe non far motto. -
13. I' non mi 'l fei ridirma s'un montone
ratto mi vidi al ciel con gran diletto;
poivòlto il freno verso l'Aquilone
discese in Gotia dentro a quel mar stretto;
et ivi di sua man un gran petrone
alzandoaperse un buco sotto 'l tetto;
si trasse dentro et io seguilla apresso
per meraviglia fora di mi stesso.
14. Cento cinquanta millia e piú volumi
Libbrinovamente trovati(già non vi mento!) vidi in quella tomba
ch'e' Gotti anticamentecoi costumi
de porci e col rumor che 'n ciel ribomba
trasser per tanti montivalli e fiumi
d'Italia forla qual par che soccomba
a simile canaglia sempre mai:
la causa ben direima temo guai.
15. Di Livio qui le deche sono tutte
Livioe quelle di Salustio assai piú bone;
Salustioqui di Turpin fur anco ricondutte
Turpinoquaranta deche in gallico sermone;
io tre di quelle provo esser tradutte
in lingua nostra per quattro persone;
sol il principio de la prima i' tolsi
né 'l pargoletto Orlando passar volsi.
16. Sol d'Orlandin i' cantoe nondimeno
quando Turpino divertisce altrove
de l'ordinario suo non m'alieno;
ché donde in molti luoghi si rimove
o quatro o cinque stanze v'incateno
acciò che 'l libbro mio non si riprove;
e forse fia col tempo chi su questo
dirà diffusamente tutto 'l resto.
17. Di quanti scartafacci e scrittarie
MatteoMaria Boiardooggidí cantar odo in le boteghe
credeti a meson tutte cagarie
piú false assai de le menzogne greghe;
fatenebei signoriforbarie
ch'ognun il naso noma 'l cul si freghe;
sol tre n'abbiamo vere in stil toscano:
Boiardo le trascrisse di sua mano.
18. Come l'ebbe non sosassel Morgana;
ché con le strighe anch'egli ebbe mistade;
di che mi penso ch'entro quella tana
fusse portato a l'ultime contrade
onde togliesse quella piú soprana
parte che valse a gran celeritade
ma non finí tradurle in nostra lingua
ché Morte ogni opra pia truncar s'impingua.
19. Però lasciò imperfetta la seconda
LudovicoAriostola qual finisce Ludovico a pieno;
né qui Francesco Cieco piú s'asconda
FrancescoCiecoche gli rubbò la sestae nondimeno
vi giugne assai per farla piú gioconda
onde gli vien da noi creduto meno;
l'ultima diede con sua propria mano
al spirito gentil Poliziano.
20. Polizian fu quello ch'altamente
Angelo Polizianocantò del gran gigante dal bataio
et a Luiggi Pulzi suo cliente
Alovigi Pulzil'onor die' senza scritto di notaio
pur dopo si pentí; ma chi si pente
po 'l fattopesta l'acqua nel mortaio;
sia pur o non sia pur cotesto vero
so benchi credde troppo ha del liggero.
21. Queste tredunquedeche sin qua trovo
Apocrifie autentici libbriesser dal fonte di Turpin cavate;
ma TribisundaAncroiaSpagnae Bovo
co' l'altro resto al foco sian donate;
apocrife son tuttee le riprovo
come nemighe d'ogni veritate;
Boiardol'AriostoPulci e 'l Cieco
autenticati sonoet io con seco.
22. Autentico son ioperché la prima
deca del gran dottore v'antipono;
e benché era misterio d'alta lima
pur basta assai che 'l vero qui ragiono.
E cominciando de la storia in cima
la corte di re Carlo pria dispono;
poscia diremo comequale e quando
e di qual padre nacque il conte Orlando.
23. Orlando che non ebbe in terra eguale
Orlandoné d'arme né d'onor né di fortezza;
Orlando de gli erranti principale
ch'usava in l'altrui bene sua destrezza;
Orlandosotto 'l cui brazzo fatale
andò la fede nostra in somma altezza;
Orlando saggioOrlando sí gentile
che 'n sue lode vorei d'Omero il stile.
24. Prima vi narro duodeci baroni
che «paladini» fannosi chiamare;
di Carlo e de la Chiesa campioni
boni per terra et ottimi per mare;
amorefederagionarmeronzoni
erano lor diletto e gioie care;
guerreduelligiostretorniamenti
son proprio pasto de sí fatte genti.
25. Milon d'Angrante era di lor primiero
Miloneposcia duo soi fratelliAmonOttone;
Danese Ugieri e 'l bergognon Rainero
poi di Bavera Namo e Salomone;
Cortevecchia di re CarloRampallo che fu padre di Rugiero;
quel di Bordellail gran signor Ivvone;
Morandoe d'Agrismonte Bovoe quello
Ginnamo di Maganza iniquo e fello.
26. Questi dopo Milon pari d'onore
Maganzesifuron in corte e ne' stipendi soi;
non però tutti eguali eran di cuore
perché sovente tra gli franchi eroi
scopresi qualche ingrato e traditore
come leggendo intenderete poi;
di quelli dico dal falcon bianco
che 'n frode mai non ebber il cor stanco.
27. Saper voreio astrologhi e geomètri
che 'l ciel non che la terra misurate
di qual violente stella cosí tetri
cosí maligni influssi a le contrate
piovono di Maganzao pur quai metri
de' nigromanti et importune fate
moveno sí cotesta gente ria
ch' un sol non è che traditor non fia.
28. Né ardisca dirmi altrui che Sansonetto
Sansonettofusse figliuol di Gano o d'altro tale
perché non venne mai d'un maladetto
falsario ingannatoruomo leale;
il voltogli atti et ogni bell'effetto
german il fan d'Orlando naturale;
Turpin ciò scrivee chi mi nega questo
nega del detto auttore il fidel testo.
29. Son certi pedantuzzi di montagna
chepoi c'han letto Ancroia et Altobello
e dicon tutta in mente aver la Spagna
e san chi ancise Almonte o Chiariello
credono l'opre d'altri sian d'aragna
e sue non giàma d'un saldo martello;
le cosí avien che l'asino di lira
crede sonarquando col cul suspira.
30. Ma poi che furon d'elli parte estinti
parte stracchi rimaser per tropp'anni
Carlo si ellesse duodeci de vinti
gioveni fortiai bellicosi affanni
ecome era costumeli ebbe cinti
di brandosproni e militari panni
ch'oprasser meglio il brando per la fede
che 'l predicar a 'n popol che già crede.
31. Vorrei pur io veder che i nostri tanti
teologi e soldati cosí vari
appresentati del Gran Turco innanti
vellent antiquos patres imitari
li qualis'oggi in Cielo sono santi
non l'han già racquistato con denari
ma chi col predicar e chi col brando
sí come fece Paolo e 'l cont'Orlando.Paolo apostolo
32. Orlando fu di quelli capo e guida Corte nova dire Carlo
poscia l'invitto suo cugin Renaldo
segue Oliver ove ogni ben s'annida
Astolfo il bello aventuroso e baldo
Ganostirpe di Giuda et omicida
Ganotraditorefalso de' falsiperfidorubaldo
figliuol non d'uomo né da Dio creato
ma il gran diavol ebbelo cacato.
33. Succede a questo lupo la colomba
colomba non di forzema di vita:
dico Dudonche con sonora tromba
ciascun per santo e forte in terra addita.
Non manco di esso il gran nome ribomba
di Malagigipallido eremita;
pur furon differenti e' santi loro:
angeli questidiavoli coloro.
34. Poi Vivian suo fratee Rizzardetto
che volse farsie non potégigante;
segue Gualtier che fu di piú intelletto
che di fortezzaonde spesso le piante
mostrò co gli altri al ciel; poi Sansonetto
Ricardo poid'ingegno assai prestante;
Angelin manca dirvi et AngeleriSottopaladini
AvinAvoglioOtton e Bellingeri.
35. Fra' duodici non vengon questi sei
ma «sottopaladini» son chiamati
perché nel gran consiglio a quatroa sei
entrans'alcun de' primi son mancati;
ebber ne l'armi già molti trofei
dico col cul in terra scavalcati;
e fu tra loro tanta cortesia
che sempre traboccòr di compagnia.
36. Orlando solper sua virtúdi Roma Orlando
era confaloniero e senatore
e fu sopra di sé la nobil soma
ch'anco portò Milon suo genitore;
egli tenea la terra umile e doma
sol de' soi fatti egregi al gran rumore.
Namore SalomoneGanoUgieri
NamoSalomonefuron di Carlo e' quatro consiglieri.
DaneseGano
37. Il gentil Olivier sopra un convito Olivier
sempre fu siniscalco ne la corte;
d'ordir un ballo Astolfo era perito
Astolfoe l'esservi buffon toccò per sorte.
Turpin fu 'l capellanoet anco ardito:
Turpina molti Saracin diede la morte;
ma piú del pastorale usò la lanza:
l'una magrisce e l'altro fa la panza
38. Rinaldod'ogni bon compagno padre Rinaldo
benché piú de le volte andasse in bando
era logotenente ne le squadre
del suo caro cugino conte Orlando;
commerzio ebbe talor de genti ladre;
capo di parte per menar il brando
nel sangue di Maganzae Chiaramonte
sua prole vindicare di tant'onte.
39. Tal ordine di quella corte altera
pose re Carlo; e qui Turpin la scrive
acciò ch'abbio lettorla storia vera
e che da sogni e favole ti schive.
Fattime dunqueo genteintorno schiera
et ascoltate queste rime vive
vive cosí che forse un gardelino
vi parerò di quelli del molino.
Narrazione
40. Ne l'inclita citàch'è capo e fonte
Parigide l'alma Franzadicovi Parigi
col scettro in mano e la diadema in fronte
regnava Carlo Mano e san Dionigi:
SanDionigiquesto di Europa regge pian e monte;
quello tira nel Ciel per suoi vestigi
chiunque in l'alta Trinitade crede
alzando a son di spata la sua fede.
41. Eran di Iano chiuse le gran porte
e 'l bellico furor post' in catene;
la pace e libertà con bella sorte
ivan d'invidia sciolte e senza pene
le quali de' tirranni ne la corte
riposto avean lor speme et ogni bene;
ma dove ambizion e 'nvidia regna
difficil è che mai pace si tegna.
42. Quanto mai cinge 'l mar e vede 'l sole
Mambrinotre capi coronati avean diviso:
quinci Mambrinomaladetta prole
tien tutta l'Asia e brama il paradiso
Asia(ché quanto piú s'acquista piú si vòle
e chi non sa rubbare vien deriso);
quindi Agolante l'Africa si gode
AgolanteAfricae pur non esser Dio del Ciel si rode.
43. Ah maledetta rabbia d'avarizia
Esclamazionech'ogn'ordine soverte di Natura
che per servar tra popoli amicizia
interpose de' regni la sgiuntura
de marifiumi e monti; e la malizia
tosto ruppe de' termini le mura!
Però l'Italia non piú Italia appello
ma d'ogni strana gente un bel bordello.
44. Sol de l'Europa Carlo si contenta
Carlo Europae lei diffende da que' crudi cani;
chése di guerra alcun di lor il tenta
mostrali tosto c'ha l'ungiute mani;
tanto li battetanto li tormenta
che i fa morir ne' fossi e ne' pantani;
e pur sovente provano lor sorte
tornando in Franza ad incontrar la morte.
45. Stavasi dunque Carlo in festa e 'n gioco
novellamente imperator creato;
papa Adriano primo in tanto loco
l'avea meritamente sollevato;
donde per tutta Europa si fa foco
et odesi 'l rumore d'ogni lato;
ma Franza piú de li altri regni gode
né altro che trombecorni e canti s'ode.
46. Anco di novo l'alta Imperatrice
Galleranadal regno ispano venneGalerana;
piú de le belle bella e piú felice
era costei d'ogni virtú fontana;
fra cento dame vergini pudice
parea fra cento stelle una Diana.
Pensate che triunfo Carlo face
che 'l Ciel cotante grazie gli compiace!
47. Tutto Parigi sona d'istrumenti
Milon e Bertaper danzegioghisalti e per coree;
diverse foggie fanno et ornamenti
gioveni arditi e vaghe semidee;
onde gli ardori crescon e' lamenti
de li affocati amanti e amate dee;
ma piú de l'altre Bertach'è sorella
di Carloper Milone si flagella.
48. Flagellasi d'ognora nel tenace
amor c'ha preso al capitan Milone;
non mai ritrova posanon mai pace
non mai gli scopre tanta passione;
troppo l'aspetto altiertroppo le piace
l'onorle forzegli atti del barone;
egli nol sama sciolto va sicuro;
però da lei fi' detto alpestro e duro.
49. Piú de le care cose cara tene
questa donna gentil e bellaCarlo;
altra sore non haper che gran bene
le vòle e falle onor quanto può farlo;
purs'egli mai sapesse le catene
ch'avinta l'hanno e l'amoroso tarlo
penso contrastarebbe a tal amore;
ché piú alto maritarla tien in cuore.
50. Dunque una giostra nova fu contento
Natura di Amoreper leich'assai pregollodi bandire:
a ciò la move l'aspro suo tormento
e 'l sfrenato desio c'ha di nodrire
l'occhio de folli sguardi; ma 'l talento
d'un cibo tal non sa se non mentire;
ché quanto mangi piúpiú senti fame
Fame amorosané dramma pò scemar di quelle brame.
51. Di Franza tuttaSpagnad'Ingleterra
d'Italia bellaGrecia e d'Alemagna
vengon già tanti cavallier di guerra
che l'alpe ne son carche e la campagna.
La grande piaccia d'un steccato serra
Milon d'Angrantee nulla vi sparagna
perch'era il mastro et orditor del tutto
in fin ch'a l'esser suo l'ebbe costrutto.
52. Stavasi Berta sola e pensorosa
guatando su la piaccia dal balcone;
e mentre s'una man la guancia posa
et al pigior de' soi pensier si spone
ecco in un manto d'incarnata rosa
vide l'obbietto del suo corMilone
che vien luntano sopra un bel destriero;
fallo boffare e tien nullo sentiero.
53. Niun sentiero quel balzano tene
Bellezza d'un cavallobalzano d'un sol piede estremo e manco;
stellato in frontee con sottili vene
ha largo petto e rotondetto 'l fianco;
alza le piante e gioca de le schiene;
qual nevoqual carbonqual corvo è bianco;
bell'è 'l cavallo e bonoma chi 'l regge
piú bello e bono il famentre 'l corregge.
54. Muovel a 'n tempo al corsoa 'n tempo il frena;
Arte di cavalcarequelloche 'ntendeor salta or corre or gira
boffa le nari e foco ardente mena
tutto in un groppo e capo e coda tira.
Ciascun s'allargach'un destrier tien piena
la via capacee scampavi chi 'l mira.
Berta ciò vedeonde nel cor l'abbraccia
chécome neve al solconvien si sfaccia.
55. Amorch'è spirto inquieto e mai non dorme
Conformità di sanguequi l'attendea già lungamente al varco;
vede natura in lor esser conforme
onde non gran tirar fu uopo d'arco;
chéquando cessa il mondo esser deforme
pel fredo e vien d'erbette e fiori carco
quando 'l Sol entra l'aureo Montone
nacque la damanacque il gran barone.
Primavera56. Leva dunque la fronte a l'improviso
et accocciò co gli occhi a gli occhi d'ella:
scendeli un colpo d'un modesto riso
che quasi trabuccollo for di sella;
concorre il sanguee spento lascia 'l viso;
e 'n mezo al petto il freddo cor saltella;
bassa la vistae poi mirar vols'anco:
alor ne venneal doppio colpomanco.
57. Pallido e smortovolta il fren altrove
ch'un strano caso e novo l'addolorra;
i' dico novoquando che mai prove
non fatto avea d'amore fin ad ora;
vorebbe irsene a casae non sa dove
prenda 'l sentierotant'è di sé fora;
pur tanto de' stafier segue la traccia
che trova l'uscio e dentro vi si caccia.
58. In quella fretta ch'uomopria gagliardo
Comparazioneda fredda febbre vien ratto assalito
corre a corcarsie pargli troppo tardo
ogni presto servirtant'è 'nvilito;
perde la forza e cangiasi nel sguardo
cresce la nausa e fugge l'appetito:
cosí Miloncangiato in un momento
tutto che corrail corso gli par lento.
59. Salta d'arzonein gesto qual non sòle
ché 'n mille parti ha vòlto lo 'ntelletto;
chiavasi soloe quanto può si dole
trovando di sospiri colmo il letto;
quivi si cruccia e sfoga tal parole
che 'ntenerir potria d'azal un petto.
- Amor- dicea - crudel Amor protervo
m'hai còlto pur qual sempliciotto cervo!
60. Per far una leggiadra tua vendetta
Lamento di Milonee punir in un dí ben mille offese
celatamente l'arco e la saetta
tua man spietata in mia ruina prese.
Ah punto infausto! ah stella maladetta
che contra te mi tolse le diffese
alor ch'io vidi quella faccia infusa
di tal beltadea me sol di Medusa!
61. Misero meche 'ndarno esser sperai
di sí onorevol giostra vincitore!
E tucieco fanciullo e nudom'hai
gettato fuori non del corridore
in terrama di gioia in tanti guai
di bella libertade in tant'errore!
Deh! Diose de' mortali unqua ti cale
dal cor mi sferri questo ardente strale!
62. Pazzo che seiMilon! come non vedi
Natura di amanteche non sei pare al grado imperiale?
Se di tal vischio non ritrago e' piedi
che possione sperar altro che male?
E posto che 'l suo amor ella mi credi
non l'averò peròch'i' non son tale
cui la Fortuna un tanto ben dar voglia;
e pur Amor di lei seguir me 'nvoglia! -
63. Mentre solingo crucciasi Milone
e mille fiate vòle e mille svòle
quel che consiglia Amorquel che ragione
facendo come foglia al vento sòle
ecco nel mar ispano si ripone
tra le Colonne il già straccato sole;
surge la notte da la parte adversa;
ciascun in preda al sonno si roversa.
Conclusione
64.
Et io dico ch'Amor è un bardassolapiú che sua madre non fu mai puttana;
chi 'l chiama «dio» si mente per la gola
ché 'n Dio non cape furia e mente insana.
Amor è un barbagianni che non vola
bench'abbia l'ali et usi in ogni tana;
guardativi da luiché 'l ladro antico
lascia la porta et entra nel postíco.
65. Questo ben sa mia diva Caritunga
quando talor col sguardo torto addochia
qualch'asinello da la coda lunga
che falla porre a canto la conocchia.
Ma lui convien che poscia si compunga
di l'error suoperché qualche pannocchia
vi studia sempree fassi bon platonico;
e chi non ha dinari è malenconico.
SECONDO CAPITOLO
1. Dammi perdonopriegotiCupidine
s'or ti biasmai co' la tua madre Venere;
so ben che maisenza vostra libidine
possibile non è ch'uomo s'ingenere.
Tu sei degno d'onor e di formidine
ché senza te saria già 'l mond'in cenere;
ondetalor s'io straparlassitolera;
la colpa non è miama de la colera.
2. Anzi ringrazio tegentil gargione
Doglie di mal franceseche m'hai fatto baron di gran nomanza:
ho sempre un centenaio di persone
boni da stocco et ottimi da lanza;
giamai non si mi parton dal galone
e fra loro grido al cielo: «FranzaFranza!»;
la qualsenza passar tant'alpe o piano
con un trattato presi a Cunniano.
Cunniano3. Godea 'l Spagnolo che sotto Pavia
avea fatto prigion di Franza el roy;
et io nel grembo a Caritunga mia
ho preso tutta Franza per ma foy.
A che voler Italia in sua balía
passando or Ada or il Tesin et Oy?
Venite ad mesignoresfaciam todos
baron di Franza e cavallier di Rodos.
4. Ma questa corte sempre qui sen stia
Pedocchiche giura non andarmi mai luntano.
Per me sol un contento si desia
che 'l cancaro mangiasse il Taliano
il qualo ricco o povero che sia
desidra in nostre stanze il tramontano.
Ora torniamo al testo di Turpino;
m'aveggio ben ch'i' son for di camino.
Narrazione
5. Levavasi già 'l sole for di l'acque
con un visaggio carco di vin còrso
quando a Parigi il strepito rinnacque
di tante genti per lo gran concorso.
La giostra ch'anti a Berta il re compiacque
si mette in punto: chi 'l stafilchi 'l morso
chi concia 'l barbozzale al suo destriero
per non depporr'il culo sul sentiero.
6. Di frondeerbette e floride corone
pien'è la terrae pare ch'ivi pasca
Titiro la sua greggia; ma Carlone
acciò che gara alcuna non vi nasca
ne' patti fa cotal condizione:
«Chi giú d'arzone nel bagordo casca
non fia capace piú del pregio posto;
ma de la lizza fora uscisca tosto».
7. Scemano li giostranti con tal gioco
Premio de la giostrafin che l'ultimo resti vincitore.
Quivi non giostra sguataro né coco
ma reduchimarchesi e d'altr'onore;
lo premio è un scuto d'orche 'n alto loco
pende con un rubin di tal splendore
ch'ove non pò del sol entrar il lume
esso del solardendofa 'l costume.
8. Sentesi già 'l rumor al ciel diverso
di trombe e gridi d'uomini e cavalli;
era ne l'aere un tempo chiaro e terso
né un picciol fumo sorge da le valli;
chi quachi làchi al lungochi al traverso
urta 'l cavalloaffrenastringe e dàlli;
chi suchi giúchi vachi vienchi sede;
chi síchi noper la gran calca vede.
9. Re Carlo in mezzo a cento capi d'oro
fermato s'era in logo piú eminente;
ciascun là mira e vede il gran tesoro
che 'ntorno lui splendea sí riccamente;
Minerva non giamai sí bel lavoro
trapunse di sua mano a suo parente
quant'era il manto ch'egli in cotal giorno
aver fra tanti regi vols'intorno.
10. Ma pria ch'al ver contrasto e ragionevole
Duodeci paladinisi vegnaodilettorché vi è da ridere;
perch'una tramma occulta e solaccievole
fra' duodeci re Carlo fa dividere.
Ecco improvisa venne una festevole
vecchiardache comincia forte a stridere
con un suo corno et a cavall'un'asina
parendo che venisse da la masina.
11. Tacquer le trombe tuttee la bertuccia
Giostrasolaccievole(ché proprio di bertuccia apparve in atto)
soffia nel corno quanto pò la buccia
rendendo un sòno tutto contrafatto.
Ma Berta a tal novella si coruccia
presaga già del torto che l'è fatto;
e vede che 'l Danese nel stecato
era s'un mulo magro e vecchio entrato.
12. S'un mulo magrovecchio e zoppo ancora
Muloentrat'era 'l Danese ne la lizza;
toccalo ai fianchie quello in men d'un'ora
si volge ratto al frenosalta e guizza.
L'elmo di zuccal'arme son di stora
la sopravesta inversa di pellizza;
e per cimer ha in capo una cornacchia
ch'ivi legata si dimmena e gracchia.
13. Driccia un forcone su la cosciae vòle
Cavallache tal sua lanza il scuto d'or guadagne.
Ecco s'una cavallache si duole
da quatto piedi et ha cento magagne
Morando qual limaca par che vole
coperto a fine piastre di lasagne;
e porta una pignata per elmetto
la qual si fa cimier del suo cazzetto.
14. Abbassa una cannuccia e fassi targa
Asinocontra 'l Danese con un calderone;
sprona la bestia e vien gridando: - Guarda! -
Danese volge a lui col suo forcone;
dànnosi un'aspra bottabenché tarda
fusse per spazio di quatr'ore bone;
fra 'l qual tempo Rampallo vi vien anco
di speronar un asinel già stanco.
15. Un asinel poledro che vint'anni
La discrezion del'asinostentato avea de frati in un convento.
ovefu toltaPensate quante penequanti danni
ivi sofferse l'animal scontento!
Al fin ruppe 'l capestro e for d'affanni
calci e corregie trette piú di cento;
escampandonefe' da bon ladrone:
rubbò a gli frati la discrezione.
16. Credette a mech'un'onciach'una mica
non vi lasciò di quella il gran dottore!
Rampalloche gli è adossos'affatica
urtar innanzi un tanto corridore.
Eglich'in mente avea già la rubrica
del breviario tutto drento e fore
sí lieto andava in simil essercicio
come gli frati in coro a dir l'ufficio.
17. Abbassa il capo e levasi a la coda
per porre a terra il peso inconsueto;
sprona Rampalloet egli par che goda
andar un passo innanzi e quatro adrieto;
cade 'l barone su la terra soda;
scampagridandol'animal discretto;
ride la turba; e il cavallierlevato
corregli drieto et anco l'ha pigliato.
18. Senza toccar la staffache non v'era
Prova diRampallosalta quel paladino in cima al basto;
arme non have for ch'una pancera
di ferro tuttaruginoso e guasto
ma di tal temprama di tal minera
ch'al becco d'un moscon faria contrasto;
e l'elmo poi sí di splendor adorno
che 'l sol no'l vide mai se non quel giorno.
19. Un baston di pollaio è la sua lanza
Inganno diGinamodi perle tutta ornata e di merdaglie;
ponela in resta al dritto de la panza
d'uno chi 'ncontra vien coperto a maglie.
Era costui Ginamo di Maganza
ch'armi non volse già di carte o paglie
ma sí di piastre; e per celarsi alquanto
di canape vestitte sol un manto.
20. Et un zanetto ancorache di foco
Zanettoesser parealo traditor cavalca;
contra Rampallo il stringe e mancò poco
chementre adesso lui troppo si calca
quell'indiscreto non guastasse il gioco
e con un trave quasi lo scavalca
perché 'l poltroneper far ben del saggio
venne a la giostra con quel gran vantaggio.
21. Tal atto spiacque a tutti; ma re Carlo
tanto piú piacque a l'atto ch'or succede:
manda for del steccato a congietarlo.
Egliscornatoa la sua tenda riede:
gli scherni de la turba non vi parlo
ch'ognun gli chiocca drieto e man e piede;
sol Magancesi rodon la catena
ma Chiaramonte n'ha letizia piena.
22. Fra tanto Amon e 'l suo fratell'Ottone
Vaccaeran entrati insieme a sòn di corno;
parean che ducent'anni col carbone
servito avesser di Vulcan al forno;
l'un Satanaso e l'altro par Plutone
tant'alecome e fiamme hanno d'intorno;
et a due vacche han posto briglia e sella;
quest'ha un lavezzo e quell'una padella.
23. Ciascun il suo forcone mette in resta
e move al corso quelle bestie pegre.
Ecco Bovo e Raineri non s'aresta
per tema ch'aggia de le faccie negre;
portan due nasse da pescar in testa
ma indosso di castron le pelle integre;
le lanze son due scope in un bastone;
le targheuna barille et un cestone.
24. Cavalcan senza sella doi stalloni
Stallonirognosi e pronti a far di le sue zarde
grassi cosí ch'agli ossi de' galoni
hanno appiccatocome fusser barde
duo gran botazziover dirò fiasconi
acciò le genti tosche e le lombarde
intendan quel ch'io parlo; e s'io vaneggio
che meraviglia? sentirete peggio.
25. Lascio di dirvi e' colpi che si danno
con quelle lanze sue non mai piú usate;
tal è la gara e 'l gioco lor che fanno
rumper di risa il petto a le brigate:
dand'e togliendo pel steccato vanno
e pugni e calzi e bone bastonate;
non sí però ch' alcun mai si turbasse
né che 'ndiscretamente altrui pestasse.
26. Fra tanto Salomone con gran fretta
Mulettavien con un perticon da filo in resta;
cavalca di gualoppo una muletta
et ha cusito a l'elmo e sopravesta
gonfie vesicheet una assai mal netta
bragazza da bifolco tien in testa
et una conca per sua targa porta
et al galon di legno una gran storta.
27. Ma per servar Ivvon la vecchia usanza
Foggiaantica di combatteres'un carro a gran stridor di rote viene;
lo stimulo da boi porta per lanza
e la corba del fen per scuto tiene;
dritto non stama con la testa avanza
for de le scale apena; eper star bene
agiatamente sede su la paglia
quel baron forte e cavallier di vaglia.
28. Un bove solo il tira infermo e lento
Bovee Namo fa l'ufficio de l'auriga:
pensate molettoriquanto stento
era di lui condur quella quadriga!
Or giunti al fine drento il torniamento
a tòr e dar ad altri la castiga;
già Namo di menar non si sparagna
la spata noma il capo e le calcagna.
29. Vedestú mai qualche poltron villano
Comparazione(«poltron» s'appella di suo proprio nome)
discalzo cavalcar il suo germano
(l'asino dico) a mezzo invernocome
spesso mena le gambe come insano
acciò di Borea il spirito no'l dome?
Cosí Namo facea cazzando il bove
ch'ad ogni cent'urtate un passo muove.
30. Or son meschiati insieme que' baroni
Cortesegiocosu quelli animaluzzi magri e vecchi;
pignate e pignatelle e calderoni
padellezucchebarilloti e secchi
fan gran rumorementre co' bastoni
si dan bone derate su gli orecchi
orecchi di destrieriintendi bene:
scherzo che doglia tra lor non conviene.
31. Otton s'era affrontato col Danese
quello sul mulo e questo su la vacca;
gettan lor aste e vengon a le prese
et abbraciati ognun di lor s'attacca.
Morando ch'indi passa tosto prese
la coda al muloe col tirar si stracca;
Danese da le man d'Otton si snoda
ché for del cul si sente andar la coda.
32. Volge la briglia per girar l'armento
ma tanto fa se quello fusse un muro.
Morando tien tiratoe tal tormento
sent'il mulazzo cheper star sicuro
di non perder la codae pioggia e vento
spruzzò dal buco e d'un impiastro puro
unse talmente il volto a chi 'l tenea
ch'egli non uomoanzi sterco parea.
33. Lascia la coda il bon Morando presto
- Heuquia incolatus sum - gridando forte.
Amonch'era de li altri 'l piú rubesto
su l'altra vacca giunge quivi a sorte;
a Bovo tolto avea la scopa e 'l cesto
e quasi al suo stallon diede la morte;
ma non vede Rainer che per la coda
tien anco la sua vacca e via la snoda.
34. Spiccolla via di netto in un sol crollo
Comparazionecon la facilità ch'ad un pullastro
smembrar vidi talor dal busto il collo;
onde 'l tapin senza Garbin e Mastro
andò pur giú da bandae riversollo
col suo destrier in guisa di pillastro;
né anco Rainer per quel tirar con forza
puòte star saldoma giú cadde ad orza.
35. La coda c'have in man saltella e guizza
Lacertacome sòl far una luserta monca.
Eccoti Bovo al lungo de la lizza
correc'ha tolto a Salomon la conca;
quello il persegue e finge averne stizza
e tanto or slunga il passo or la via tronca
ch'al fin lo giunse ove Ivvon gran briga
prende sul carro col suo istesso auriga.
36. Ma Namo per combatter faccia a faccia
vòlto al contrariofa di coda briglia;
Ivvon di paglia grande coppia abbraccia
e tutta in capo al bon Namo scompiglia;
eglisommersonon sa chi si faccia
crollasi tutto et ha la barba e ciglia
la boccail naso pien di busche e polve
et in un fascio a terra si provolve.
37. Re Salomonequando Namo vide
sepolto in un pagliaio andar a terra
- Non dubitarbaron! - gridando ride
e con Ivvon comincia un'aspra guerra;
quello su 'l carro al basso giú s'asside
e pugni e calzi e qua e là disserra;
ché Bovo ancor intorno lo lavora
stigando questo a poppa e quell'a prora.
38. MorandoOttonDanese con Rampallo
son attacati stretti in una calca
e van facendo intorno un strano ballo
mentr'un adosso l'altro piú si calca;
ciascunper non tomar giú da cavallo
col cul al bastoquanto pòcavalca;
e presi s'han per piedimani e braccia
e scavalcarsi insieme ognun procaccia.
39. Rampal si volge del Danese al mulo
Prodezza del'asinoche co' denti gli tiene l'asinello;
fallo lasciare l'asinettosu lo
girar di testafece un atto bello:
urta del naso e colse in mezo al culo
della cavallae sente odor in quello
odor grato a' stallonie mentre il lambe
trovasi averdi quatrocinque gambe.
40. Alor con la sua voce assai sonora
Metaforaquel musico gentil chiamò mercede;
poidritto per giostrar anch'essoesplora
quella targa investir ch'anti si vede;
sta su duo piedima Rampallo alora
spietato e durotosto gli provede;
salta del basto e d'un legnaio in colmo
quanto puote portar carcollo d'olmo.
41. E 'l mastro di capellach'avea cura
Comparazioneaccommodar la voce a l'istrumento
non stette saldo a quella battitura
come al martello non sta falso argento;
la chiave di be lungo forte e dura
fatta be mollesi ritrasse drento
sí come la limaca far si sòle
quando s'encontra a chi beccar la vòle.
42. La risa non vi narro de le donne
FraBernardoche ciòfingendo non guardarvedeano;
e chi cercato ben sotto le gonne
alor avesseforse che rideano
con altra bocca fra le due colonne
ove molte formiche discorreano
per brama di mangiar non pan o vino
ma sol di fra Bernardo il scapuccino.
43. Berta sol è colei che mai non ride
anzi lo riso d'altri piú l'offende;
tace di forma drento smania e stride
ché l'ira quinciamor quindi l'incende.
Carloche di luntano star la vide
cosí sospesagran piacer ne prende;
ella s'accorge e via si tolse presta
fingendo dol di madre o pur di testa.
44. Fugge alla ciambra ecome da 'l costume
Furiaamorosad'amantial letto buttasi con fretta;
ben si dimostra al guardoal torbo lume
ch'una man fredda al cor le dà gran stretta;
e se di pianto al fine un largo fiume
non vi rompeal'ardor de la saetta
l'arrebbe incesa come far si sòle
d'un legno che cent'anni cocque il sole.
45. Levasi al fine e un paggio di dieci anni
chiamach'un cherubin non è piú bello;
tutt'era adorno in strafoggiati panni
d'un capriolo piú leggiadro e snello;
chiedelo Bertavòlta in grandi affanni
e commanda dicendo: - Or va'dongello
va' ratto ratto in piazza etra le squadre
cercandofa' che vegna a me tuo padre. -
46. Non ti pensar che 'l fante le risponda
Adonianzi qual presto gatto giú descende.
Acciò chi sia 'l citello non s'asconda
dirollopoi che 'l senso qui vi pende:
quest'angioletto da la chioma bionda
che 'n grembo a Vener qual Adoni splende
Rugier da Risa nomasich'è figlio
Rugierodel pro' Rampallobianco quant'un giglio.
47. Qual giglioqual ligustro è 'l suo candore
co gli occhi negri et ha capo romano
di sguardo lietod'animoso core
di ben quadrato pettogamba e mano.
Taccio la sua destrezzail suo valore;
gratto a ciascunpiú grato a Carlo Mano
che da Rampal suo padre il volse in dono
e quell'ornò del brando et aureo sprono.
48. Non cessa dunque mainon mai s'attriga
Naturad'un padrein fin che trova il padre al stolo drento.
Esso cogli altri uscito era di briga
ch'eran caduti in quel torniamento
quando vide 'l figliuoloche s'intriga
fra li cavalli senza alcun spavento;
pensi qualunque padre se gran pena
cacciògli 'l sangue al cor for d'ogni vena!
49. Scridalo forte et al tornar l'affretta
come 'l severo padre al figlio sòle;
eglisecurod'arme non sospetta
taglia del padre l'ultime parole:
- Venitepadre- dice - che v'aspetta
madonna Berta che parlar vi vòle -;
poscia si volge e scampa ritornando;
Rampallo il segue a piedisol col brando.
50. Verso il pallazzo vola quel barone
e con Rugier fu inanzi a quella diva;
la qualvedendolpresta in tal sermone
proruppein volto neghitosa e schiva:
- O belle prove che vostre persone
san far in giostre! voglio che si scriva
cotesti vostri fatti nelli annali
di Franza a quelli de' Roman eguali!
51. Chi v'ha sí ben instrutti? dite: quale
Furia didonnafu sí bon mastro vostro di brocchero?
Dricciar potrassi un carro triunfale
a gli alti capitan del nostro impero!
O franchi cavallierche con le scale
sugli asini si balzan di ligiero
che benedetta sia la grazia vostra
poi che m'ornati d'una simil giostra!
52. Qual meraviglia poscia se l'Ispani
vi dicon «botaglionbaghe di vino»!
Voidi bravar sol bonigli altri strani
chiamati «allé villenpagliécuchino»;
quand'è poi tempo di menar le mani
séte peggior del sesso feminino
e pel vostro supé ben spesso accade
ch'Italia vi ritien nel fil di spade. -
53. Rampallo ch'alor vede per grand'ira
Prudenzia de l'uomola donna dir quel che non sa che dica
sorride alquanto e 'n parte si ritira
ove d'udirla pone ogni fatica
finché smaltisca quella voglia dira
che la memoria et il parlar intrica;
maracquetato poi tal vento e pioggia
egli parlando piano a lei s'appoggia:
54. - Madonnai' vi ringrazio ch'io sia tale
Asinocui dir si poscia ciò che dir vi piace;
v'accerto ben chese 'l sia ben o male
quel che 'n giostra intervienper me si tace
(anch'io giostrai su quel vil animale
per non esser fra gli altri il contumace);
quando che chiar vi faccio e manifesto
l'imperator esser cagion di questo.
55. Ver èperché ciò facciadir non so
Petri sententiané for che Carlo altra persona il sa;
quod autem habeo tantum hoc tibi do
ch'un vero mio pensier a me anco 'l da;
vero anzi noma dubbio dirlo vo'
perché la cosa molto queta va:
lo re per voi questo tal scherzo fe'
per mal non giàché v'ama quanto sé.
56. Sí come avienepar ch'ognun s'appaghi
Vantator spagnolodi far l'amico scorocciarsi alquanto;
ma non gridate piúché da imbriaghi
cotal giostra non de' proceder tanto;
sarà chi 'l scotto innanzi sera paghi
se non me 'nganno; e poi darassi vanto
quel che si vanta semprelo Spagnolo:
aver vittoria un tratto senza duolo.
57. Se noi «baghe di vino» e «bottaglioni»
Paladinidi sangue talianochiamanodican questo a quei di Franza
perché di Carlo e' duodeci baroni
sonofor che la stirpe di Maganza
scesi da Romada que' Scipioni
CorneliFabiio d altra nominanza
che Cesarespugnando questa parte
lasciòvi assai del popolo di Marte;
58. e di cotesto poscio farvi fede
Turpinocol testimon del vescovo Turpino
ch'un libbro vecchio e autentico possede
lo qual Silvestro scrisse a Costantino
SanSilvestroCostantinoove la nostra origine si vede:
MongranaChiaramonte e di Pipino.
Non siamo ispanifranchi né alemani
non arabeschinoma taliani.
59. Italia bellaItalia fior del mondo
Lode de'Italianiè patria nostra in monte et in campagna
Italia forte arnese chesecondo
si leggeha spesso visto le calcagna
dell'inimiciquando a tondo a tondo
ebbe talor TedeschiFranza e Spagna;
chese non fusser le gran parti in quella
dominarebbe il mondo Italia bella. -
60. Bertach'ode il germano esser cagione
Recetta per lo villanodi quel tal scherzo d'asini da basto
ma che giostrar si de' poi con ragione
non fece di parole altro contrasto
ma chiede sol perché non v'è Milone
armato de villani al vero pasto:
perchése sei villan e vòi star bene
recipe
un pezzo d'olmo su le schiene.61. Rampallo disse a lei: - Mi meraviglio
madonnaassai di questo che non venne;
or or m'avento a lui perché consiglio
pigliar volemo insieme del solenne
contrasto ch'esser deve; or stannefiglio
qui con madonna. - E detto ciòle penne
spiegando a' piedil'alte scale scende
et alla stanza di Milon si stende.
62. Ma ritorniamo al rustico certame
de' paladini fatti mulatieri;
or vòto il carro avea Ivvon di strame
e d'altro schermo gli era già mistieri;
ecco 'l suo vecchio bove fea letame:
e mentre co' le spalle i cavallieri
contendon lui col carro traboccare
si corse al cul del bove a riparare.
63. Ivi suppose ambo le man con fretta:
pensate qual fritada vi raccolse!
e fece unnon già d'acqua benedetta
asperges meche Bovo proprio accolse
del volto in mezzo; e poscia qual saetta
pien anco i pugni di quel puzzo tolse
e cosí dritto il bon arcier il scocca
ch'a Salomon stoppò gli occhi e la bocca.
64. Elliabbattuti piú da la vergogna
fuggon for del steccato immantenente;
Carlo gli faper piú scherno e vergogna
sbatter gli piedi e man drieto la gente.
Lo mulo del Danesech'in Bologna
anzi a Parigi stato era studente
ficca la testa in giú da valent'uomo
e col cul alto fecevi un bel tomo.
65. Fecevi un tomo tale che 'l Danese
Proverbiouna stretta da mulo ebbe alla panza;
Morando con Otton venne a le prese
et ambo di cascar stann'in balanza.
Ivvonch'era sul carroqui comprese
ch'alla vittoria poco tempo avanza:
caccia lo bove e tanto il driccia e punge
ch'ove son abbracciati al fin si giunge.
66. E qui con quella sogach'al gran trave
Comparazionenoda il bifolco e stringe paglie o feno
acconcia un laccioe poi ch'acconcio l'have
lor osservando vané piú né meno
ch'altrui losinga e move il piè soave
s'un fugito caval segue col freno;
fin ch'a l'orrechia o altrove dà di mano
torna la brigliae poi gli è duro e strano.
67. Cosí Ivvon mentr'a fatica muove
Comparazioneil carros'accostava a li baroni;
poivisto il trattogitta il groppoe dove
segnato aveala cordasu' galoni
cadendo tira e quei legati smove
traendoli sul carro da gli arzoni;
come talor si vede stanco e lasso
lo villanel tirar di legna un fasso.
68. Ben vi so dir che gli sudò la braga
nanti ch'avesse il carco su le scale;
e se di lor ognun stretto non caga
convien che for coreggie almanco exale.
Non mai veduto fu cosa piú vaga
ché gli ha legato sí le braccia e l'ale
che non si moven piúse fusser zocchi
e se si moven puntomoven gli occhi.
69. Or qui de trombe piú di cento intorno
Bordella è citade di Ivvonecomincia il tararan con gran rumore;
vittoria ciascun grida d'ogn'intorno;
la vecchia di la turba salta fore
e nuda come nacque col suo corno
or sona forteor grida in tal tenore:
- Ivvon! viva Ivvon! viva Bordella
ch'empie di croste e voda la scarsella! -
70. Poi spicca un salto e balzasi sul bove
quella vacca leggiadra benché vecchia
e quinci il carro triunfante smove
tanto con le calcagna il bue puntecchia!
Ciascuno di Ivvon viste le prove
buttargli fior e frondi s'apparecchia;
e cosí stando de' prigion in mezzo
uscí for del steccato a pezzo a pezzo.
Conclusione
71. Dunque ti dicoo savio e spuda senno
ch'esser ti pare un potta modenese
che qualche fiata le persone denno
tutto che nobil sianfar del cortese.
Ecco del suo signor ch'a 'n sol cenno
han fatto BovoOttonNamoDanese;
e tu ti sdegnirustico villano
aver se non il dio degli orti in mano?
TERZO CAPITOLO
1. Bramo la coda aver del rubicondo
Santa Cittach'eri nel fin del canto dissi a caso;
la piaccarei di santa Citta al tondo
acciò ch'ad ambi e' volti avesse il naso.
Quanto so ben ches'io pescassi a fondo
di questi santi ippocriti nel vaso
Ipocritivi trovarei (che 'l Ciel tutti li perda!)
non muschio esser il suoma pura merda!
2. Tu mi dirailettorch'io sia scorretto
GiuvenalPersioe che 'n parlaranzi cagarmi slargo;
rispondo chese 'l buco cosí stretto
stato fusse d'alcun com'era largo
né Giuvenal né Persio avrebber detto
le sporche mende altrui co gli occhi d'Argo.
Perchécome potrassi dir la causa
di qualche puzzo e non ti render nausa?
3. Vò' tu saper qual sia la cosa che
cercando non ti curi trovar già?
Quest'è: quando a l'oscuro non si ve'
ch'un soldo a te caduto e qua e là
or cerchi co la mano et or col pè
fin che la mano in qualche stronzo va;
tosto la odori e trovi quel che no
trovar volevie il tuo cercar fe' ciò.
4. Ch'io voglia dir su questoben contare
Predicatori del libero arbitriopotreima uscito m'è for di cervello;
tal atto spesso avien in predicare
del libro arbitrio a qualche fraticello;
tu l'odi su le spalle a Dio montare
e cacciar per un ago il suo gambello;
ma uscita non ha poi né sa trovarla:
chi ascolta poco intendee men chi parla.
Narrazione
5. Torniamo dunque al testoché la torta
Digressione di Turpinomi sente piú di stizzo che di lardo;
ma voglio qui pigliar la via piú corta
per non giunger Orlando troppo tardo.
Quivi Turpin la storia sua trasporta
in Africascrivendo del gagliardo
Almonte primo figlio d'Agolante
d'animoforza e di beltà prestante;
6. le gran prove che fece e la soprana
Durindanavertú ch'al mondo sparse per avere
d'Ettorre il nobil brandoDurindana;
e come mai no 'l puòte possedere
fin che non descendesse ne la tana
d'un magoAtlanteil quale con minere
Atlante magodi piú metalli e col suo Farfarello
fe' in quattro mesi un incantato annello:
7. quell'incantato anellocui la figlia
Angelicadi Galafrone molto tempo dopo
ebbe con seco a grande meraviglia
celandosi d'altrui quand'era uopo;
e ruppe ogni altro incantoché vermiglia
v'era una petra dal sin Etiopo.
Poi si ritorna il mio dottorseguendo
Turpinodi Berta dira cui mie rime i' spendo.
8. Ella sí per amor e sí perch'era
Frosinadonnacome son l'altreimpaziente
per una sua fidata messaggera
a cui scoperto avea la fiamma ardente
manda pel saggio duca di Bavera
e seco ragionando il fe' repente
portar al suo fratello un'ambasciata
alquanto d'un sdegnetto avelenata.
9. Sorrise Carlo senza altra risposta.
Natura de' SignoriTacendo assai risponde un gran Signore!
E quando annebbia gli occhisenza sosta
scampa nel porto ché 'l mar fa rumore;
ma se 'l guardo ridente miri: - Accosta
accòstati! - ti dicoché del cuore
l'occhio sempr'è messaggio o lieto o torbo;
e questo imprende ognunfora ch'un orbo.
10. Adunquesazio del giostrar mendace
Bando di re Carlobandiscerinnovando e' pattiil vero:
ma per servar tra soi baroni pace
anco per nova festa e gioco intiero
(come signor che 'l popol suo compiace)
fa bando ch'ogni principe e guerrero
non porti a lato spadastocco o maccia
ma con le lanze sol guerra si faccia.
11. Questa fu la cagion: che due figliuole
ArmelinaBeatriceavea NamoArmelina e Beatrice;
s'ambe fusser al mondo belle sole
ciascun le vòle e meritarle dice.
Danese ebbe la prima; l'altra vòle
Amonse può; ma l'ira emulatrice
de' Maganzesi tenta Carlo e Namo
che l'abbia il conte traditor Ginamo.
12. L'editto dunque fu a ciascuno grato
sol ai signori di Maganza spiacque;
ad ogni sceleragine e peccato
questa canaglia maladetta nacque;
vorria veder di Carlo e gente e stato
sommerso in terra o 'n le maritime acque;
gli capi d'esti cani sí malvagi
è ManfredonGinamo e Bertolagi.
13. Buttò Ginamo il brando via con sdegno
Coniurazione di Maganzesich'avelenato avea lo ribaldone;
fra loro congiurati era dissegno
ch'egli ferisca cautamente Amone
tenendosi lor certi ch'ad un segno
sol di stoccata morirà 'l barone
e che sol data sia la colpa al brando
pur ch'abbian poi Beatrice al suo commando.
14. Scingesi ognun la spada con gran fretta
Falsironper non opporsi al bando imperiale.
Ecco 'l Danese al sòno di trombetta
con l'asta dritta attende chi l'assale.
Stava una torma de Spagnoli stretta
de' quali Falsiron è caporale
et anco era concorde con Maganza
di scavalcar i paladin di Franza.
15. Elli già non sapean tal tramma ordita
di che contra Danese va Ivvone;
Morando similmente fa partita
dal luogo suo correndo in ver' Bovone;
Bovone contra luich'ognun s'aita
mandar il suo contrario al sabione:
ma stetter fermi questi quatro in sella
et iron l'aste rotte a la mia stella.
Digressione
16. La stella di Saturno o sia pianeta
è quella che mi fa d'uomo chimera
lo qual non ebbi mai né avrò mai queta
la mentein fantasie matin e sera:
ciò dicoperché officio è del poeta
giovar e dilettar con tal mainera
di stile che 'l lettore non si attedia;
e ciò fa Dante ne la sua Comedia.
17. Quel Dantesai?lo qual «Omer toscano»
Lode diDanteappellar deggio semprecome ancora
Virgilio è detto «Omero mantovano»
per cui la patria mia tanto s'onora
Mantoae chi 'l Petrarca fa di lui soprano
Petrarcane l'arte matematica lavora
ché Dante vola piú altoe questo dico
col testimonio di Giovanni Pico.
GiovanniPico18. Lo quale disse ch'ambi hanno l'onore
questo di senso e quello di parole:
vero è che quant'al frutto cede il fiore
quanto del sol il lume ad esso sole
cotanto d'ogni stile il bel candore
concede a quella vasta e orrenda mole
d'un alto ingegnod'un concetto tale
ch'oltra l'ottavo cerchio spiega l'ale.
19. Tal dico ancorch'un Chirie di Iosquino
Iosquinosí come assai piú val di tante e tanti
canzone e madricai del Tamburino
Tamburino(o «merdagalli» gli appellàr alquanti)
cosí parmi che Dante alto e divino
si lascia po' le spalle gli altrui canti
che quanto piú de l'opre val la fede
a Beatrice tanto Laura cede.
BeatriceLaura20. Lettorsta' queto e tien piú corto il naso:
Erasmolode di Dante non biasman Francesco;
credil a mese Scotto e san Tomaso
ebber l'onor dinnanzior un Tedesco
o sia di FranzaErasmoaperse il vaso
lo qual de' frati il stile barbaresco
avea rinchiuso sí che nullo odore
piú si sentia d'alcun primo dottore.
21. Molta scienzia i' trovo d'ogni sorte
Iltestoma pochi bon scrittori e men giudicio;
però col tempo s'aprino le porte
di saper sceglier la virtú dal vicio;
o santeo benedetteo degne scorte
a conoscer di Cristo il beneficio!
Ma perché forse i' passo gli confini
ora torniamo ai quatto paladini.
22. Ma che farannoche non hanno spate
e sol un breve tronco in man gli resta?
Ecco el piacer de gli urti e bastonate
che dannosi co' fusti su la testa;
ridenociò vedendole brigate
riden e quelli che si dan la pesta;
fra tanto ancora di piú appreziati
baron insieme sonosi taccati.
23. Vinti Franzesi e tanti altri Spagnoli
FrancesiSpagnolisi vanno incontro con lor ast'al segno;
diece Toscani e cinque Romagniuoli
ToscaniRomagnolisfideno insieme quindeci del Regno;
DelRegnotutti ad un tempo questi armati stoli
pongon e' colpi dov'è lor disegno;
grand'è 'l polvinoil sònoil gridoil strepito
del pazzo volgo e de le trombe il crepito.
24. A l'investir de l'aste ecco e' tronconi
volan in cieloe molti son in terra;
alzan le piante in luogo de' pennoni
e già si vien a la piacevol guerra;
quivi a le pugna giocasi e bastoni
e questo quelloe quello questo attera;
non hanno spadebrandimazze o stocchi;
qual dà col pugno e qual col deto in gli occhi.
25. Mentre si ride accosto di qualcuno
LombardiMaganzesitrenta Lombardi e trenta Maganzesi
correndo fan di polve l'aere bruno.
Ma di Maganza vinti son distesi
e di quel scorno ride ciascaduno;
sol de' Lombardi cinque Novaresi
Novaresitre Bergamaschi e da Cremona un paro
BergamaschiCremonesinon ebber al cascar alcun riparo.
26. L'aperta sua vergogna ebbe a dispetto
Ginamo di Maganza e Bertolaggi.
Mossero trenta conti e líin conspetto
di Carlo Mano e tanti uomini saggi
contra Lombardi vannochi 'n obbietto
non han se non le pugna e bon coraggi.
Spiacque l'atto villano al re Carlone
et accennò Rampallo e 'l forte Amone.
27. Rampallo abbassa un legno molto grosso
e verso Bertolagi va rinchiuso;
in mezzo de la faccia l'ha percosso
e un tomo fagli far col capo in giuso.
Ruppesi d'una spalla il nervo e l'osso;
pensate s'el mastin restò confuso!
Similemente Amone senza scale
smontar fece Ginamo suo rivale.
28. IvvonBovoDanese con Morando
spartiti l'un da l'altroquasi fiacchi
entroron ne la torma fulminando
e fanno a questo e quello gli occhi macchi.
Chi vòl di pugnin'have al suo commando
s'avien ch'adosso l'ungie Amon gli attacchi;
già vinti n'ha mandato al sabione
empiendo il capo lor di stordigione.
29. Chiunque for di sella si ritrova
mistier gli fa ch'uscisca de la sbarra;
sei paladini già son a la prova
e con le pugna fan pugna bizzarra;
ma par che a lor adesso il mondo piova
ché Falsiron è quello che li abbarra;
abbarrali mandando molti in frotta
poi ch'ebbe ognun di loro l'asta rotta.
30. Qual li percuote a drieto e qual davante
chi ne le spalle e chi 'n le gambe i piglia;
al povero Morando in un instante
del suo cavallo tratta fu la briglia;
Ivvone fatto èd'uomo d'armeun fante
e come in terra sia si meraviglia;
Danese n'ha cinquanta che 'l ritiene
in fin che diede in terra de le rene.
31. Giamai non fu veduto un tal combattere
per cui si slegua il popolo di ridere;
là vedi Bovo e piedi e mani sbattere
sol per puotersi dal rumor dividere;
qua su e giú Rampallo tende a battere
ma la gran calca puotelo conquidere;
Bovoch'ognun il toccapista e vapola
in terra ne le cinge al fin s'incapola.
32. Morandoil cui cavallo non ha freno
Scorno diMorandodi trotto al suo dispetto corre intorno:
vole attrigarlo et or la man al creno
or a l'orrechia il prendema ritorno
non fa la bestiach'ad un puoco feno
al fin si restae del patron con scorno
prese un boccon la rozza di quel strame
e 'nsieme mastigando fea letame.
33. Cosí mangiando insieme a stercorando
fa che la risa intrica le trombette;
ei ch'è schernito vennesi turbando
e d'ucciderlo tosto si promette;
pone la destra per cavar il brando
ma no 'l ritrovaonde confuso stette.
Stringesi ne le spallee for di lizza
escie pien di vergogna e piú di stizza.
34. Già sol de' paladini Amon è in sella;
tirano li altri a drieto lor cavalli
col capo chino e rossa la massella
gridando il volgo intorno: «Dàllidàlli!».
Gode Maganza et il Spagnol saltella
et anco improverando drieto vàlli.
Onde re Carlo n'ebbe gran dispetto
e fu per porvi fin senza rispetto.
35. Convien ch'a molti ancora ciò dispiaccia
Prodezza di Amonevedendo tanti contrastar sí pochi.
Amon soletto fassi dar la piaccia
e cangia in un momento cento lochi
spicca le piastre e sol con l'ungie straccia
e fa col pugno i visi negri e fiochi
e pur fu già per far de' piedi testa
s'era la lanza di Rainer men presta.
36. Però chein quello corso che fa un cervo
quand'ha depposto de le corna il peso
vien ratto col suo fusto di bon nervo
et un Piccardo in terra ebbe disteso;
poi seguíl Namo ch'un Spagnol protervo
spinse for di l'arzone a capo peso;
Ottone corre ugual a Salomone:
quel batte un Savoinquest'un Vascone.
37. Cotesti quatto in un momento a piede
posero quanti occorser a cavallo.
Or spera Falsiron che fian eredi
del premio i soi Spagnoli senza fallo.
- Io son in porto- disse - già mi cedi
Carlol'onorec'ho ridotto il ballo
al voto nostro in scherno de' Franceschi
ch'ognun di lor non sa ciò che si peschi. -
38. Punge 'l destriere e driccia l'asta al ciglio
e contra Salomone si disserra
lo qual senz'ulla in mano die' di piglio
a quatro spanne d'asta ch'era in terra.
Sta saldo a Falsironema 'l periglio
de l'inegual contrasto giú l'aterra.
Con simile vantaggio Balugante
fece ch'al ciel mostrò Rainer le piante.
39. - O belle prove - grida il duca Namo -
che fare sanno i vantator spagnoli!
Ripportarete il vittoroso ramo
mercé le frode e li trammati doli. -
Risponde Falsirone: - Or presi a l'amo
avemo pur di Marte li figliuoli!
- Secondo il nome tuo fai! - disse Ottone
poi ruppeli su 'l capo il suo bastone.
40. Ma Balugantec'ha lo fusto integro
percotelo nel fianco e 'n terra il getta;
molt'era il falso Falsiron allegro
e por di sella Namo studia e affretta.
Amon che per stracchezza omai vien pegro
n'avea cinquanta intorno a grande stretta
onde qui spiacque l'atto sí villano
a' Pariginie via piú a Carlo Mano.
41. Lo qualvolgendo l'occhio alto e soperbo
chiede perché non vi è Milon d'Angrante.
Bovo ch'era vicino disse: - Io serbo
in altro tempo queste ingiurie tante
senza rispetto per lo giusto verbo
c'hanno confuso il gioco a te davante.
Or lodano pur tech'al tuo commando
non si trovammo a lato mazza o brando. -
42. Mentre Bovo e' Spagnoli ancider vòle
Famigliar parlaree Carlo provedervi si dispone
Rampallo già di Berta a le parole
entrato era 'l palazzo di Milone.
Corre a la ciambra come correr sòle
l'amico a l'altroe grida: - Ah vil poltrone!
che fai nel letto? - e mentre il sconcia e tira
ode ch'acerbamente egli sospira.
43. - Ahimè! che veggio? e perché lagni tu?
ProverbioNon odi tuMilone? per la fé
che da fanciulli sempre tra noi fu
chi ti move a dolerti? dillo a me.
Ahiquanto duro questo parmi! e piú
(che di prudenzia egual non hai) di te!
Pur quel proverbio al saggio sol si fa:
«Tema di traboccar chiunque sta».
44. - Ben trabboccato son - rispose quello -
Lamento diMilonene sullevarmi piú giamai vi spero.
contraAmoreDeh fato ingiusto e di pietà rubello
che sí cangiato m'ha di bianco in nero!
Potea Fortuna piú crudel flagello
di questo ritrovarmio cavalliero?
Chi mi consiglia dunque? e che varrammi
Amaro consiglios'alcun contra 'l desio consigliarammi?
contra 'l desio45. Pàrtiti dunqueché non è curabile
lo mal che 'n le medolle i' sento pungere;
ogni altra peste creggio esser sanabile
a mille vie di cibotaglio et ungere;
amor sol è quel tòsco inevitabile
cui morbo alcun egual non si può giungere
né vi si trova al mondo un sol rimedio
for che morir d'affanno e lungo tedio! -
46. Stette Rampallo in quel parlar sí fiso
che tutto in volto venne contrafatto.
- Tu m'hai- disse - fratelloquasi ucciso
e posto a tal che for di me son tratto.
Per qual sí altero e sí legiadro viso
puote smarire un animo sí fatto?
Tuche di saviezza non hai pare
ti lassi dunque in tanto error cascare?
47. E chi è costei? saria forse Costanza
o pur di Namo la figliuola bella?
Né creder voglio che facci mancanza
di Carlo amando Berta la sorella.
Tant'alto chi ponesse sua speranza
porria sperar dal ciel trar ogni stella. -
Milon non puote continersi alora
masenza pensar altrosaltò fora.
48. Arcana cogit Amor confiteri
Virgiliodisse l'Omero nostro mantoano.
E cosí alor Milone i suo' pensieri
scoperse al fido sozio a man a mano;
ma ch'eran gli occhi d'ella tanto alteri
che porvi speme già cred'esser vano;
e purse non gli vien tal fiamma tolta
omai dal corpo l'alma sua fia sciolta.
49. Né che sa imaginare modo e via
Passioniamoroseonde speri sfocarsi il miser core.
Però lo non aver quel si desia
e l'inusato et inegual amore
lo tòscolo velen di zelosia
già 'l conduranno al simile furore
che tolse a FiliPiramo e Didone
la vita stessanon che la ragione.
50. Rampallo a cotal detto fiso ascolta
et ascoltando ruppe un largo pianto.
Trarlo di quella mente iniqua e stolta
con boni avisigià non si dia vanto;
non mai verragli tanta pena tolta
se non alluntanandol da lei tanto
che non la veda; e cosí a poco a poco
spera ritrarlo dal maligno foco.
51. Dunque comincia il saggio ad invitarlo
se gir in Barbaria seco gli agrada.
Ma non sí tosto mosse a confortarlo
ecco improviso al lungo di la strada
correndo viene il nunzio di re Carlo
e dice che Milone senza bada
si trovi armato in piazza con la lanza
per rifrancar l'onor perso di Franza.
52. Milonch'ascolta l'ambasciatapresto
salta di letto e chiede l'armatura.
Con lieta fronte copre il senso mesto
e calca in petto la mordace cura.
- Va'- disse al nonzio - dilli che mi vesto
l'armiquantunque manco di natura
perch'una lenta febbre al mio dispetto
m'avea ridutto alquanto sopra il letto. -
53. Mentre che 'l messagiero si diparte
Exortazione contra AmoreRampallo torna al suo ragionamento:
- Vòi tu- disse - fratelloruinarte?
Vòi tu sí pazzo gir al torniamento?
Sveglieti di tal furiamentre l'arte
d'Amor ragion in te non anco ha spento.
Molti son e' remedi al novo male
ma lo 'nvecchito al tutto vien mortale.
54. Non ti scordar la fama tuabarone
non il splendorenon quel savio petto.
Se tu non hai di te compassione
ben l'arrai manco di l'altrui diffetto.
Ritorna virilmente a la ragione
né voler darti a femina soggetto
perché tu perdiseguitando Amore
te stessoCarlo e l'acquistato onore.
55. Tu reggeresti l'universo mondo
et una feminella ti governa?
In tuo servigio forte mi confondo
vedendo quella gloria tua soperna
vilmente sottoporsi a 'n capo biondo
d'una (non anco so s'ella discerna
il ner dal bianco) tenera fanciulla
tolta testé di fascie e de la culla.
56. Tu pur hai milli essempi avanti gli occhi
Laude dele donnequanto mal vien dal sesso muliebre;
nulla di mancoin guisa de' ranocchi
siamo in tal fango sin a le palpebre
né conoscemo l'arti e li fenocchi
ch'usano quelle in l'amorosa febre
fin che proviamopoiche queste scroie
bastanti sono d'arder mille Troie.
57. O misero chi segue la lor traccia!
ch'en sé di ben non han for che le forme
donde scolpita vien l'umana faccia
quantunque in luogo putrido e deforme.
O misero chi darsi si procaccia
in preda ad una belva e mostro enorme
cagioneda ch'è 'l mondod'ogni male
crudeleinvidiosa e bestiale! -
58. Mentre Rampallo tende a confortarlo
ecco su vien un altro ambasciatore.
Narra la doglia et ira de re Carlo
che 'l Spagnol esser debba vincitore.
Milonudendo ciòper aiutarlo
e riparar col suo l'altrui splendore
non altro al cavalliero vi risponde
corre a la stalla e tutto si confonde.
59. Salta in arzone tosto e l'asta piglia;
urta 'l corsiergualoppa e non dimora.
Bertach'attendefassi meraviglia
ch'omai non vien; perché l'amante un'ora
esser mill'anni giuraet assotiglia
lo 'ngegno sí che tienesi talora
veder quel che non vedee poise 'l vede
tant'è 'l piacer che ciò veder non crede.
60. Tessuto avea con la sua man arguta
Socrateuna gierlanda d'amarissim'erba
qual è l'ascenzio e l'incendosa ruta
e la morte di Socrate sí acerba;
ma perché al naso è grave la cicuta
Cicutacon rose il mal odore dissacerba.
Poi cautamente diedel a Rugiero
che ratto quella porti al cavalliero.
61. Il qual anco non era in piazza giunto
quando Rugieravendo l'ale al piede
volando va né si dimmora punto
in fin che di luntano il sente e vede.
Chiamagli drietoe poi che l'ebbe aggiunto
guardasi prima in cercoe qui gli diede
con umile saluto la girlanda
dicendo la persona che la manda.
62. Non avampò mai polve cosí ratto
Comparazionequando riceve la bombarda il foco
come subitamente il conte tratto
fu di sí acerba doglia in lieto gioco.
Non piú vòle col Ciel tregua né patto
e sí d'ogn'altro ben gli cale poco
che sempre soffrirebbe starne privo
pur che sol Berta onorie morto e vivo.
63. Imponesi quel dono al bel cimero
Metafora tolta d'un sacrificiobascia 'l fanciullo e segue la sua via.
Ben col destriero vama col pensero
vola di questa in quella fantasia;
studia de l'erbe intender il mistero
né mai si ferma in una allegoria;
e già qualche indovino aver delibra
che d'un secreto tal gli apra le fibra.
64. Non tanta commentaria sopra 'l Sesto
AngelicaDecretiDecretali e Pisanelle
di Galafron la figlia e tutto 'l resto
aedificarunt
fratres e sorellequanta facea Milone su quel testo
de le confuse erbette e rose belle;
né mai vi ha finecome fa 'l scotista
Scotistacontra l'utrum e probo del tomista.
Tomista65. Finge chimeresogni e fantasie
quali non pose mai Merlin Cocaio
lo qual di Cingar sotto le bugie
scrisseche piú mai fece alcun notaio
d'alcuni menchionazzi le pazzie
che intendon rariet io son il primaio
che l'ho provate e forse ancora scritte
fra genti negremacilentiafflitte.
66. Ma pervenuto già dov'è 'l bagordo
voltosse a lui ciascuno a grand'onore.
Lo pazzo volgodi veder ingordo
senza pensarvi suvien a rumore;
a le cui voci e gridi fatt'è sordo
co' circonstanti l'alto imperatore.
Milon tocca 'l destriere quell'in alto
ben vinti piedi spicca un doppio salto.
67. Percosse 'l ciel un sòno via mischiato
di varie vocitrombeplausi e corni
quand'egli fece il salto smisurato
e reverenzia ai biondi cape' adorni
de le dongelleove'l suo dono grato
esser stato mirando e come adorni
ben l'elmo del suo dolce amar Milone
Berta sola si trasse ad un balcone.
68. Chiamasi accanto la sua camarera
Orecchia e boccala qualede le donne contra l'uso
c'hanno la lingua in dir via piú leggiera
del deto a l'agoa la conocchiaal fuso
de suo' secreti consapevol era
tenendo un buco apertol'altro chiuso.
- DimmiFrosina miache pàrti d'ello?
fu mai né 'l piú gagliardo né 'l piú bello?
69. A le sue forzea la sua pulcritudine
Amaro assenzio Mortal cicutaben mostra nato sia d'un Marte e Venere.
Oh s'egli seglié ben l'amaritudine
de l'erbe e fiorc'ha in capo acerbe e tenere!
Verd'è l'amorma se vicissitudine
non haqual è dolor che piú s'ingenere
acerbo e piú mortal in ciascun' anima?
Qual fier destino piú 'n bel volto exanima? -
70. Cosímentr'ella si rallegra e duole
Astuzia eavariziae mescie il dolce insieme con l'amaro
vien detto al gran Milone che la prole
spagnarda e maganzesca scavalcaro
d'accordo e' piú gagliardiperché vòle
Ginamotributando col denaro
e quest'e quello capitan spagnolo
restar in lizza vincitore solo.
71. Milon prudente al volgo non risponde
Prudenzia nonrispondermavòlto il freno ad un vecchio palaccio
al volgoentravi dentro e for di certe fronde
trass'un lungo truncone ch'al suo braccio
grossoverdenodoso corrisponde
per mostrar che 'l diamante come un giaccio
pottrebesi spezzare con quel stecco
contra 'l senso di Pliniosenza 'l becco.
72. Gitta la lanzae con un stran saluto
Salutovòl salutarne millenon che un matto.
Quando la turba lunge ebbel veduto
col codicil senza notar contratto
Codicilridea dicendo: - Quest'è ben douto
che 'n miglior forma il scritto sia ritratto! -
Parla de la coniurazioneOr Balugante lascia star Amone
veduto ch'ebbe in lizza entrar Milone.
73. L'astach'accortamente avea servata
Legnoin piú oportuno tempo fin alora
tosto ripigliaet in Milon dricciata
spera il menchion di sella trarlo fora.
Milonche 'l vedeleva il ciglio e guata
prima colei che tanto l'innamora
poi contra l'arroganzia che gli viene
abbassa il legno con sue forze piene.
74. Tacque ciascuno e tien la bocca aperta
Stangoneal smisurato incontro de' duo tori.
Di Balugante fu la botta incerta
perché la lanza affise troppo fori.
Ma ben Miloneche si tien a l'erta
per bel principio dei presenti onori
diedeli un urto tale col stangone
che mezzo il sotterò nel sabione.
75. Poi quella turba de li congiurati
Troncorompe col tronco in resta e li disperde.
In quatro colpi trenta scavalcati
l'un sopra l'altro andòr distesi al verde.
L'altri confusamente rammeschiati
chi l'elmochi 'l braccialchi l'asta perde
come sòl far il can mastino ch'apre
Comparazioneun qualche storno di barbute capre.
76. Già piú di cento surgeno di sabbia
Bastonee for di lizza sbalorditi vannosi.
Quivi si prova del baston la rabbia
e molti l'ossa racconciare fannosi.
Correno in rotacome gatti in gabbia
quelli Spagnoli et al scampare dànnosi
perché non hanno tergo molto agevole
cui si confaccia unguento sí spiacevole.
Unguento77. Bernardo di Maganza e Falsirone
Perticonec'han steso Namo con lanzate a terra
per contraporsi al crudo perticone
ch'e' congiurati doma e tutti aterra
gli vanno addosso insieme per gallone
mentr'egli incauto altrove piglia guerra;
dànnogli con due lanze un colpo duro
ma puoteno inclinar piú tosto un muro.
78. Non creder che Milone si contamine
Medicaminedel colpo di gran forza e poca gloria;
volgesi a loroe quel suo medicamine
di Falsiron impose a la memoria;
stendesi al pianoma sotto velamine
di racquistare contra Amon vittoria
Bernardo torna a lui con l'asta al cubito
ma di Cariddi in Silla cadde subito.
Proverbio79. L'astuto Amon sí seppelo scansare
chementre il colpo di Bernardo scorre
con tanta furia un pugno gli ebbe a dare
ch'un monte rotto avrianon ch'una torre;
ma Satanaso volsel aiutare
ch'Amon puote del colpo mal disporre;
coglie il cavallo e sfiaccagli la testa
et eglinel vibrarspallato resta.
80. Spiacque tal caso a Carlospiacque al popolo
ch'Amon si mostra esser d'un braccio inutile.
Quel pugno avria spezzato un sassoun scopolo
ma verso un traditor fu vano e futile.
Or sopra ciò non piú rime v'accopolo;
Amon è in terradi giostrar poco utile;
fuvi raccoltoe chiamasi chi 'l medica;
concialo il mastro et a le piume il dedica.
81. Milon già piú non fa di l'olmo lanza
Olmoma ben da un capo il piglia con due mani:
or qui comincia la piú bella danza
che mai si vide ai feraresi piani
quandola biscia entrata ne la stanza
Comparazionedi mille millia rane in que' pantani
chi suchi giúchi al lungochi al traverso
fugge scampando con dirotto verso.
82. Non fu giamai bastone agevol tanto
in cacciar cani di cocina fora
o castigar un ostinatoquanto
era quel di Milonch'in men d'un'ora
sgombrò tutto 'l steccato d'ogni canto
non vi restando un sol soletto alora.
Pensàti se Carlone e Berta gode
e se Ginamo e Falsiron si rode.
83. Amor e forza il tenne in sella fermo
Pedochiiqual scoglio in mar da l'onde combattuto.
Or per dar fine al mio gridar infermo
allentao Musail canto del laguto
ché da' grisoni non facendo schermo
qui sonar d'arpa voglio in nostro aiuto;
e se 'l raggio del sol non m'è rubello
spero di loro farne un gran macello.
QUARTO CAPITOLO
1. Quel stridulo cantar ch'una cicada
Per goladel villanmuove quando sul palo il cui dimena
tal l'arpa miach'assai poco m'aggrada
mentre m'aggraffio 'l sangue d'ogni vena;
e pur convien tornarmi su la strada
e farvi udir un'altra mia sirena
ch'un carro sonail qual mal onto e tardo
la rota stridesi duole che 'l patron gli mangia il lardo.
2. Ma se talor cantando ella scapuzza
Povertadecandido mio lettorqual tu ti sei
perché dolerti? anch'a' signori muzza
qualche correggia in mezzo a quatro o sei.
S'io mangio maleil fiato poi mi puzza.
«Mangiate quae apponunturfratres mei»
chiama 'l Vangelo; benché tal precetto
servato vien da molti al suo dispetto.
Narrazione
3. Stette Milone solo nel stecato
Comparazionecome tal volta sòl far il leone
chefra lo stolo d'altre bestie entrato
o fa o finge far del compagnone;
ma quelle in fuga vòlte gli dan lato
di qua di là cercando alcun macchione;
et egli solo resta in un istante
quelle mirando a sé scampar davante.
4. Né piffaro né tromba né cornetto
tacquer a la vittoria del barone;
grida ciascunoe grande e parvoletto
intorno a lui: - Milonviva Milone! -
Et ecco di luntan con molto affetto
contra gli vien l'imperator Carlone
lo quale col gran stolo contra vàlli
e l'acquistato dono e premio dàlli.
5. Balzato era di sella il cavalliero
SanPierovista la nobil schiera ch'a lui vene
sciolvesi l'elmo e gittalo al sentiero
e prono in terra l'alta gloria ottiene.
Cosí la santa umilità di Piero
mertò 'l papato dopo le catene
e il Ciel dopo la croce; onde mi vanto
ch'io 'l chiamo in veritade «Padre santo».
6. Passato avea già Febo l'orizonte
Descrezzioneportandone da l'altra parte il giorno;
d'una cena regalelo siniscalco entrato era ne l'onte
e fumide cocquineove d'intorno
sguattericuoghi e feminelle pronte
fanno de vari cibi il luogo adorno
et ove canigattecrudo e cotto
sonano un campo d'arme quand'è rotto.
7. Chi cuoce latesini e chi figàti
chi volge in speto quaglieochefasani;
qui son caponi a lardo impergotati
qui taglian polpe e dan l'osse a li cani;
qual macina sapori delicati
qual fa pastelli et altri cibi strani;
chi 'l foco innanti e chi drieto lo tira;
l'odor del fumo fin al ciel s'aggira.
8. Fra questo tanto cento paggi belli
de' quali è capo il provido Rugiero
ornati de costumipronti e snelli
scorren di qua di là col piè liggero
portando banchescanniurne e vaselli
razzitapetie ciò che fa mistero;
taccio l'argens e d'oro la credenza
e ciò ch'ogni alto roy non può star senza.
9. Berta che 'l grande onor e pompa vide
fatta per Carlo al suo diletto amante
pieno d'amar dolcezza e piagne e ride
or lieta or tristeor molle or d'adamante;
ragion piú nulla puòch'Amor s'asside
vittorioso in leisaldo e costante;
però delibravòle e ferma il chiodo
parlare con Milon ad ogni modo.
10. De tutti gli animali non è 'l piú
impaziente d'una amante donna
ch'ogni rispetto lascia e manda giú
di Lete al fiumeove drento l'assonna.
Poscia 'l desio le sale tanto in su
ch'in capo non si vede aver la gonna;
e tanto il folle suo pensier la punge
ch'al fin si trova da sé stessa lunge.
11. Chiama Frosina e tosto le commanda
ch'a sé faccia venir il bel Rugiero:
Frosina l'ubedisce e d'ogni banda
cerca e ricerca il nobile scudero;
ma nulla faché 'l siniscalco il manda
co li altri paggi (e ognun ha 'l suo doppiero)
di ciambra in ciambrae dan l'acque a le mani
a reduchimarchesi e castellani.
12. Bertache rotto vede il suo disegno
Amor fa la personala cosa in altro tempo differisce
si crucia fra sé stessa e n'ha gran sdegno
ch'Amor piú che mai caldo l'assalisce;
ondefatta per lui pronta d'ingegno
trenta belle dongielle a lei s'unisce
industriosach'entrar delibra in sala con tal pompa
chese Milon ha cor di pietrail rompa.
13. Già mille torzi da gli aurati travi
pendon accesi e fan di notte giorno.
Carlo fra cento capi onesti e gravi
entra ne l'apparato tanto adorno.
Quivi usuraripretifrati o schiavi
non ponno far un minimo soggiorno:
tutti scacciati sono a la mal ora
ché 'n ta' luoghi non denno far dimora.
14. Ma Febo e Cintia e tutte l'altre stelle
Sospirieccoda lungein l'ampia sala entraro;
Berta e Beatrice son de le piú belle
che 'l fiato a milli amanti alor cavaro.
Carlovenendo incontroaccetta quelle
al cui commando tutte s'assentaro
et esso in cima del convito sede
ove li discombenti al lungo vede.
15. Stanno le donne a petto de' baroni
e sonan gli organetti co' pedali.
Cinto s'avea Cupido a li galoni
duo gran turcassi colmi di piú strali.
Volan e' paggie cento bandigioni
de cervileprevitulicingiali
portan di su di giú per lunghe scale
come convien d'un rege al carnevale.
16. Sedea Milon rimpetto a la sua Berta:
pensa qual fogo tra quegli occhi nacque!
Egli di leiet ella di lui piú certa
si faquant'in amarsi ad ambi piacque;
quivi con cenni occulti fann'offerta
de' cuori loroe questo a quel compiacque;
Rampallo se n'avedee piú Frosina
Rampallo a luiFrosina a lei vicina.
17. Cosí l'uno per l'altro si distrugge
Proprietà di Amorenei cauti sguardi e 'n quel sembiante opposto.
Sponga di sangue che lor vene sugge
son gli occhi loroil cui lume discosto
giamai non va dal suo volerné fugge
ma piú sempre al desio si fa disposto;
e tanto lor instiga et urta Amore
ch'ivi non s'amaanzi pur s'arde e more.
18. O insidioso aspetto muliebre
ElenaFaustinaDeianiraquando che piaccia a gli occhi di chi 'l mira!
Ma quanto piú bel pàrti in le tenèbre
ove 'l splender de li doppier l'aspira!
Vedi le labbrail collole palpèbre
d'Elenadi Faustina o Deianira;
e chi contempla quelle già non crede
puoter di tal beltade farsi erede.
19. E se risponde mai cotal bellezza
Zelosiach'un core l'altro aggradae gli occhi gli occhi
(o pensier dolce piú de la dolcezza!)
qual fermo stato ch'ivi non trabocchi?
Non è sí grata e sí sovave frezza
che dolcemente in loro Amor non scocchi;
ma non si partan già questo da quello
ché non fu mai del suo magior flagello.
20. Era la fame già smarita e persa
Musicale mense e le vivande son rimosse;
una sonora musica e diversa
di tre laugutti e due viole grosse
trasse al concento ogni anima dispersa
ch'ognun si sente liquefarsi l'osse.
Qui voci umane giunte a quelle corde
mostròr che 'l Ciel di lor men è concorde.
Digressione
21. E pur trovo ch'alcuni vecchi padri
Notabilebiasmòr di concordanze cotal pratica;
non solettorse chiaramente squadri
esser stata la mente sua lunatica.
Ver è ch'e' gargionetti assai legiadri
fur grati piú ne la scola socratica
di tante notech'appeloron «buse»
quasi se 'l buco a loro non s'incuse.
22. Dicean che mollevagoeffeminato
Proverbiol'animo rende questa melodia;
come se 'l pescar fezza in bucco lato
non via piú molle effeminato sia.
Vedi tu quell'ipocrita velato
di santimoniacome va per via?
Non t'accostarfigliuoloperché porta
nel corno il feno et ha sotto la storta.
23. Chi danna il canto (vòi che chiaro il dica?)
VirgilioTullioqualunque biasma il canto ha del coione.
Se grata e grave et utile fatica
fu quella di Virgilio e Cicerone
già non fia mancomentre s'affatica
per noi Iosquin comporre e Gian Motone:
IosquinGian Motoneitene dunquesporchial vostro ufficio
ch'è di sterco purgar l'altrui ospicio.
Narrazione
24. Poscia ch'ebber sonato la Stanghetta
la Morail De tous biens del tempovecchio
Carlo depose la regal bachetta
acciò ch'a' rispettosi fusse specchio;
in bel giuppone cavasi con fretta
dicendo: - Orsúsignorii' m'apparecchio
voler danzar; cosí mi segua ognuno;
poi voglio che 'l suo ballo aggia ciascuno. -
25. E ciò parlando viene a la regina
che gravamente alzò prima le ciglia
poi si rileva et umile s'inchina
a l'alto imperator ch'a man la piglia.
Li altriche stann'intenti a la rapina
seguendo luiciascuno s'assotiglia
prender il meglio o quel che meglio pare;
e cosí alor cominciasi a danzare.
26. Cominciasi danzare a son de' pifari
con un cornetto fra lor aggradevole
al cui sòno que' voltianzi Luciferi
quel conspetto di donne losinghevole
que' drappi d'oro larghi et odoriferi
que' passiquell'incesso convenevole
gli occhi de' spettatori sí teneano
ch'innanimate statue vi pareano.
Digressione
27. Quivi ben convenia quel sí nomato
Zan Mariadal Cornettocornetto padoanoZan Maria:
non funon ènon mai sarà lodato
meglior di luianzi ch'egual gli sia;
lo qualcome si dicesi ha mangiato
le lingue d'ogni augello e l'armonia.
Silvestro vagli appresso e 'n suo germano
SilvestreGirolamoe quel trombon venuto di Bassano.
eAloviggi28. Ma per sonar gagliarde e lodesane
piferi mantovani aggian il vanto!
Tu senti quelle lingue piú che umane
in mille millia R mandar un canto;
tu vedi poscia for di quelle tane
sul Po saltar villane d'ogni canto;
ché per balzar in alto e rotolarsi
ogni altra stirpe a lor non può 'guagliarsi.
Narrazione
29. Mentre qui dunque sonano a misura
Rampallo invita Berta e dàlle mano.
Parve a Milone strana cosa e dura
e chiamalo fra sé crudoinumano;
ma Venereper lui ch'anco procura
gli pose in cuor un atto assai soprano:
di Berta prese a man la camarera
dico Frosinae va co' li altri in schiera.
30. Or nel serrar de mani si comprende
Naturamolle de la donnadanzandos'in amar sperar si deve:
qui de la donna il cuore l'uomo intende
la qual è di natura dolce e leve.
Se stretta stringer debbiadubbia pende;
al fin lunga reppulsa le par greve
temendo che l'amante non si sdegni
e piú non segua gli amorosi segni.
31. Qui gli occhi ambasciatori al tener cuore
CimonGalese: cerca neldicchiarano lor grazie e lor bellezze;
qui cresce piú l'audacia e piú l'ardore
quanto piú mancan l'ire e le durezze.
Amor insegna qui di qual valore
di qual effetto sono le sue Frezze
pel cui vigore ogni Cimon Galese
Decameronedi Boccacciodi rustico divien dolce e cortese.
32. Speranza è la nutrice de' pensieri
tanto ch'i guardi e deti gara fanno.
Sotto 'l fallace lume de' doppieri
doppie bellezze in viso le donn'hanno.
Però piú tira Amor di cento arcieri;
qual empie di allegrezza e qual d'affanno
e molte un cotal foco hann' a la coda
che 'l fiato l'escie fornon che la broda.
33. O misere dongielleo stolte madri
Notandoch'avete sí le danze a gran diletto
s'amor d'onor è in voiquesti leggiadri
giochi di cortigian siavi a dispetto!
Un bel rubbar ci fa sovente ladri
ch'ov'è la causa seguevi l'effetto;
e questo in ballo avienche ruffiana
si fa la madre e la figlia putana.
34. Frosina avea pietà di sua madonna;
or esser tempo d'aiutarla vede;
tira Milone a drieto una colonna
mentre che 'l gioco libero procede.
- Venite mecum - disse - e non v'assonna
viltà di cuorché voglio farvi erede
del piú ricco tesoro ch'aggia 'l mondo
ché l'occhio di Fortuna vi è secondo. -
35. Egli non sama ben fa coniettura
sopra l'amor di Bertaonde la segue.
Un trepidante affettouna sciagura
lo batte sí ch'ei pare si dilegue;
volgesi drieto spessoet ha paura
ch'alcun osservatore no 'l persegua.
Al fingiunti a la camera di Berta
Frosina drento il cacciaprontaesperta.
36. Benché a Milone un atto temerario
gli paia star di Berta nel cubicolo
nulla di manco vede necessario
esser a chi ama sponersi a pericolo.
Frosina innante il fa suo secretario
e senza troppo lungo diverticolo
gli aperse largamente il grande ardore
di sua madonnae come per lui more;
37. e che continuamente s'ange e lania
per lo crudel arciere che la stimula;
e ch'a le volte vienle tal insania
che a gran fatica in volto la dissimula;
insognasi di nottelangue e smania
chiamando lui signor e dolce animula;
ondeper rimovérle un tanto assedio
convien che d'esso lui vegna 'l remedio.
38. Qui ciò ch'ebbe Milone a lei rispondere
lasciànlo starch'ognun il può comprendere;
non molto fiato fa mistier effondere
a chi col solfo l'esca vòl incendere.
Torno a Rampalloche non puote ascondere
a Berta il tuttoanzi le fece intendere
cosí danzando e ragionando insieme
le fiamme di Milon per lei sí estreme.
39. Berta ch'a l'esca prende foco e vento
quivi a Rampallo già non vòl celarlo;
narragli accortamente il suo tormento
e che per prova mai non può scacciarlo.
Ma non finitte il loro parlamento
che la sua danza termina re Carlo
e vòl che la seguente abbia Milone
e poi di grado in grado ogni barone.
40. - Milon? ov'è Milon? - ciascun dimanda;
ma nulla fanch'altrove sta rinchiuso.
Ch'egli si trovi Carlo alor commanda
al cui precetto van chi su chi giuso.
Rampallo astuto e sospettoso manda
(poi ch'ebbe posto giúsí come è l'uso
Berta) Rugier il figlio a ritrovarlo
e dirli che con fretta il chiama Carlo.
41. Lo accortignolo e pratico dongiello
danzar lo vide dianzi con Frosina;
ratto fece un pensier il giottarello
che gito fusse a goder la rapina;
onde correndo va dritto a pennello
dov'erano a la ciambrae qui s'inchina
per ascoltar a l'uscioma non ode
del basso lor parlar se non le code.
42. Urta la porta ben due fiate o tre;
ode Frosina e pallida si sta;
torna Rugiero e scotela col pè:
Milon temendo sotto il letto va.
Bussa il fanciulloe chiamavi: - Chi c'è? -
Frosina disse alor: - Chi batte là?
- Io son Rugiero; è qui signor Milone?
Ditegli che lo chiama il re Carlone.
43. Di sudi giú lo cerco in ogni loco
né in ciel né in terra possio ritrovarlo;
a la regal famiglia sin al cuoco
imposto fu che debbian dimmandarlo.
Di chese indizio n'haidimmil un poco
ch'instantemente chiedelo re Carlo.
Io che danzar con teco in sala il vidi
mi penso te saper ove 'l s'annidi. -
44. Non men Frosina pronta che sagace
Ogni barone aveala camerarisponde: - Vadongelloe dilli presto
sua nel regal palazzocome Milone nel suo letto giace
ché per la giostra d'oggi è franto e pesto. -
Alor Rugier non fe' del contumace
ritorna in sala e con volpino gesto
parla ch'ognun intende aver trovato
Milon stracco nel letto suo corcato.
45. Tal scusa accetta Carlo e chi chi sordo
non è a saper il marzial costume
perché le bastonate del bagordo
caccian sovente a l'oziose piume.
Dunque la festa seguesi d'accordo
la qual non finirà che 'l bianco lume
del giorno trovaralli anco saltare
come ben spesso in Corte solsi fare.
46. Frosina timedettache non save
Zelosia di Bertacome la sorte di Milon succede
chiudalo in ciambra e seco tien la chiave
poi su la danza occultamente riede.
Berta che quinci spera e quindi pave
quando tornar a sé Frosina vede
fatta zelosadisse in voce piana:
- C'hai fatto con Milonbrutta puttana? -
47. Risponde a lei Frosina sorridendo:
Medecina de le donne- So ben che zelosia vi fa ciò dire;
noncome imaginatecondescendo
sí largamente al dolce proferire!
Mai non provaima ben provar intendo
farsi dal nostro medico guarrire;
peròse star con lui mi cale e giova
a che portarne invidia di tal prova?
48. Non dubitateo credula patrona
del vostro mal non è lunge 'l remedio.
Pur tutto questo ch'ora si ragiona
porria col tempo farci qualche tedio
ché forse alcuna incognita persona
ci tenderia ne l'ascoltar assedio.
Meglio sarà ch'andiamo a riposare
ché l'alba già comincia roscigiare.
49. - Ove parli ch'andiamo? - disse Berta;
quella rispose: - A lettoche 'l n'è l'ora;
mi fa mistier il vostro ben adverta
ché 'l vegliar troppo il viso vi scolora. -
Disse la dama: - Questa è cosa certa:
vengan le torze! - e quindi senza mora
facendo al re Carlone e 'gli altri inchino
verso la stanza prendon lor camino.
50. Rampallo già non pote piú induggiare;
Costume de Franzasi mise raggionando a compagnarla.
Fu sempre in Franza l'uso di parlare
ciascun con qualche dames e basciarla:
né qui malizia né sospetto appare
pur che non voglia ad altro provocarla;
onde tal atto molto par di strano
in queste nostre parti al Taliano.
51. Lo qualvedendo in casa sua volere
Costume de Italiabasciar alcun Francese la sua moglie:
- Che fai- tosto gli parla - o bel missere?
Perché farti signor de l'altrui spoglie? -
Cosí dicendocol pugnal il fere
togliendogli non pur l'accese voglie
anzi la vita istessa; perché mecco
lo Talian vòl essere non becco.
52. Or dunque vedi se di Cipria il figlio
Venere cipriaconduce ben la tramma e non si 'ntoppa:
quantunque porti un drappo avolto al ciglio
pur l'arte e la malizia non gli è stoppa;
l'arte ch'in navigar ogni periglio
sprezza de l'ondequando Amor è in poppa.
MilonRampallo e Berta nulla sanno
et ecco insieme al fin si trovaranno.
53. Non perché fusse in lor patto veruno:
Cupido sol è il mastrosol il guida.
Frosina tiensi certa ch'in niuno
tal secretezzafor ch'in leis'annida.
Credesi anco Rampallo esser quell'uno
in cui sol Berta e sol Milon si fida.
Voria Frosina che Rampallo andasse;
egliche Berta lei licenziasse.
54. Or giunti a l'uscioper entrarvi drento
apre Frosinaonde tremò Milone.
Berta diede congedo a piú di cento
fra paggifra dongellefra matrone;
ma per sfogar in parte il suo tormento
guida con seco in camera il barone.
Frosina chiude l'uscioe quivi Berta
fra l'uno e l'altro sede a lingua aperta.
55. A lingua aperta e faccia vereconda
un petto de sospiri e pianti sciolse.
Rampal stupisce ch'ella non s'asconda
perché Frosina in terzo luogo volse.
Milon ascolta il tutto sotto sponda
e sue dolci parole ben raccolse.
Or qui Frosina et or Rampallo parla
cercando con speranza consolarla.
56. Milon comprende l'amistà sí rara
del suo Rampallo e l'animo di Berta
la qual dicea ch'avrebbe morte amara
se non le fia concesso far offerta
dovendo maritarsidi sua cara
virginitade a quello che la merta;
e se colui che già l'ha tolto il cuore
anco non tolga il restoil frutto e 'l fiore.
57. Né al sòno di tal vocené a l'invito
di tal dolcezza puòte star Milone
che ratto di là sottobelloardito
non apparessi in un d'oro giuppone.
- Eccome - disse; alora scolorito
stette Rampallo in gran confusione.
Berta sol fece un gridoe poi si tenne
compreso in parte il bene che a lei venne.
58. - O sola- Milon disse - o sola quella
c'hai posto il freno a 'n cuore sí superbo!
Cosí volse non so che bona stella
ch'essendo al sesso vostro iniquoacerbo
e d'una mente a me stesso rubella
or sol per tuo vigor mi dissacerbo
e tanto in me la tua sembianza valse
ch'in ghiaccio m'arse il core e 'n foco m'alse. -
59. Poscia a Rampallo vòlto et a Frosina
mille grazie lor rende e poi li abbraccia.
Bertache a morte quasi s'avicina
mira lui fiso e par che si disfaccia
qual cera al foco e qual al sole brina;
non puote starmasparse ambe le braccia
(perché in Amor non cape alcun rispetto)
cinsegli 'l collo e strinsesil al petto.
60. - Ormai- disse - ben miodispona il Cielo
di me come gli giovae la Fortuna:
sue stelleinflussipunticaldo e gelo
non temo piúquando questa sol una
grazia ch'or tengo in l'amoroso velo
non mai tolta mi siaperché niuna
altra non voglio eccetto che vederti
et a mia vita e morte sempre averti.
61. Perché già non potrebbe piú addolcirme
la morte in altro tempoche s'io moro
in queste voglie mie stabil e firme.
Morir per temio spirtomio tesoro!
Qual esca dolce può meglio nudrirme
di questo pianto e sí grato martoro?
Io mi consummoe ciò mi piace e giova
pur che 'l mio ben da me non si rimova.
62. Iteneprochiomai; mi sète a noia:
Profezia d'Orlandodestina il Ciel ch'i' sia d'un tanto eroo.
Tal nasca d'ambi noi ch'unque non moia
sua fama da l'occaso al sin eoo;
tal fia quel figlioqual mantenne Troia
mentre che visse o qual vinse Acheloo;
Erculenasca di noi tal Cesaretal Marte
che de' soi fatti s'empino le carte! -
63. Milon ai dolci accenti per rispondere
de la sua diva già movea la bocca
quando a la porta venne a lor confondere
non so qual vocee chi repente chiocca.
Milon temendo tornasi nascondere;
Rampalloche lo vede in fida rocca
apre la porta; et è chi 'l chiama presto
ché a sorte gli toccava il ballo sesto.
64. Partisi dunque tosto il cavalliero
per non fallir di Carlo a l'ordinanza.
Frosina vagli dianzie col doppiero
la semplicetta fin ove si danza
accompagnollo insieme col scudero.
Rampallo se ne rideché 'n la stanza
di Berta era Milon restato solo;
pensate se star puote il rosignuolo!
65. Or ivi dunque Amor in un stecato
Metaforaha ricondotto quelli gladiatori;
ma innanti ch'al duello insanguinato
si vegna da quei duo feroci tori
assai vi fu che dire; al fin cascato
l'un sopra l'altrovi convien che mori;
e quelle bòtte fur di tal possanza
che Berta ne portò piena la panza.
66. O Ciel benignoassai qui ti conviene
Criazione d'Orlandoesser gagliardo in fabricar Orlando
lo qual non sol si cria de' lombi e rene
ma l'alto Genitore vòl chequando
scorre 'l vivace sangue da le vene
forma nel vaso matrical pigliando
ogni tua stella di benigne tempre
Famas'inchini a luich'in gloria duri sempre;
67. forzabontàprudenzia e cortesia
Virtú ch'ebbeinscendano in lui su da l'eterne idee
desertar le fatechediscacciando l'orco et arte ria
de strige e fate e innumere Medee
formino il corpo et aprine la via
ove quell'alma in mezzo a le tre dee
Grazieinfondaper ristor di tutto 'l mondo
alto inteletto e imaginar profondo.
Sapienza68. Santificato dunquee non fatato
Orlando fatatofu Orlando ne le viscere materne
ch'esser non puote da ferro impiegato
come ordinòr in lui le menti eterne;
quantunque i' poscia dal celeste fato
fatato nominarloché l'inferne
fate non l'affatòrché d'affatare
forza non hanma sol di affaturare.
Conclusione
69. Tu mi dirailettorch'io son lombardo
Pan duroe piú sboccato assai d'un bergamasco;
grosso nel proferirnel scriver tardo
però dal tosco facilmente i' casco.
Io ti rispondo che se l'antiguardo
e retroguardo mioch'è 'l sacco e fiasco
non fusse la fortezza di Durazzo
Vin forteforse sarei Petrarca e Gian Boccazzo.
70. Io qui non cerco famae men la fame
Chimal mangiaquella mi fuggee questa mi vien dietro
anzi m'entra nel ventre e fa letame
duro cosí ch'io canto un strano metro;
duro cacaese mai vien che presto alcun mi chiame
quando quel sasso for del buco i' spetro
mi levo amaramente con la coda
smaltita in quatro giorni ferma e soda.
71. Non cerco famanoch'io n'ho pur troppo
Enigmae tal mi crede questoch'io son quello.
Guardativi dal sguerzogobbo e zoppo
signori meiche l'è di Dio rubello.
Benché 'l zoppo non correva galoppo
in fin ch'intenda il nome mio novello;
ben maladico luichese 'l mi scopre
da voisignori meinon mi ricopre.
72. E se pur noto fiaperché scontento
viver mi deggia causa non ritrovo;
anzi di superstizia il guarnimento
ho riprovato e tuttavia riprovo.
E chi m'addimandasse s'io mi pento
cangiar il basto vecchio per il novo
io ratto gli rispondo: - Domineita
mi doglio esser mai stato a cotal vita. -
73. La causa dir non voglioanzi m'incresce
che tutti omai siam figli di puttana;
e benché mi vien detto che qual pesce
io son for d'acqua e talpa for di tana
questo parlar non oggidí riesce
ma meglio assai quod scriptum est derana
la qual non viver sa for del pantano
come senza robbar n'anche 'l villano.
QUINTO CAPITOLO
1. O donna miac'hai gli occhic'hai l'orecchie
Caritungaquelli di pipastrelqueste di bracco
non vedi come Amor per te m'invecchie
tal che Saturno fatto son di Bacco?
DirossosmortoNon mi guardar ch'aggia le scarpe vecchie
no 'l boccalonela schiavinail sacco;
ch'i' son tale però qual non fu mai
ese tu 'l proviforse piangerai.
2. Ché s'una fiata mi concedi un baso
in quella guanciaqual persuttorossa
et anco ch'un sol tratto i' ficca 'l naso
in cul non dico giàma in quella fossa
di tue mammille sin al bosco raso
ubi Platonis requiescunt ossa
forse piú con le schiene che col fiato
lo mio sonar di piva ti fia grato.
Narrazione
3. Tornata era a la stanza già Frosina
Metaforaove Milon avea rotta la porta
di sua madonna e fatta tal ruina
che di mai racconciarla si sconforta.
Sopra un forciero il letto suo distina
e tutta notte di vegghiar supporta
mentre gli amanti gioccan a le braccia
dicendo nel suo cor: - Bon pro' gli faccia! -
4. Fugge la breve notte col solaccio
e dicono gli augelli che 'l vien giorno.
La provida Frosina c'ha l'impaccio
veder ch'i duo non abbian qualche scorno
vassine al letto e trovali ch'in braccio
dormendo l'un di l'altro fan soggiorno;
destali pianamente e dàlli aviso
che 'l sole trovaralli a l'improviso.
5. Con l'émpito e prestezza con cui sòle
ComparazioneMilon saltar a l'arme for di letto
quand'ha sopra di sé la grave mole
di coppie armate e stanne con sospetto
sferrasi amaramente dal bel sole
de' soi pensieri e lascia ogni diletto
prende la spada et anco un bascio tale
che fu principio poi d'un lungo vale.
6. Solo soletto mille stanze passa
fin che pervenne a l'uscio del suo loco;
spingelo prestol'urtabatte e quassa;
non è chi l'apraonde tutt'arse in foco;
corre col piede e 'l cardine fracassa
che rissonò d'un strepito non poco;
lo camarier non trovaet eicorcato
subitamente si fu adormentato.
7. Turpin quindi si parte ad Agolante
Digressione diTurpinoche passar in Europa si destina;
chiede Mambrino seco et arma tante
Mambrinocoppie di bella gente saracina
che spera in tempo breve por le piante
su 'l collo a Carlo con sua gran ruina.
Dopò' scrive d'un dio Demogorgone
Demogorgonech'era sopra le fate e fatasone.
8. Depinge il suo giardino su nei monti
FortunaFatoRifeid'oro et argento fabricato;
narra le ripei fiumil'ombrei fonti
et un palazzo d'ambra edificato.
Narra di molte capillate fronti
figliole di Fortuna e del gran Fato
fra le qual ninfe (o fate altri l'appella)
era Morgana e Alcina sua sorella.
MorganaAlcina9. Narra Demogorgon aver per moglie
PandoraPandorade le fate la piú bella
donde nascon le peneaffanni e doglie
e di lor empion questa parte e quella
di tutto 'l mondo; et egli par ch'invoglie
far al suo modo il tempo et ogni stella.
Volge Turpin lo stile poi narrando
un caso di Milone atro e nefando.
10. Or che far deve Berta essendo gravida
Fideltà di ancillae 'l ventre di dí in dí le vien piú tumido?
Si pente mille volte che tropp'avida
fu di mischiar col dolce caldo l'umido;
teme 'l fratello e piú sempre vien pavida
col volto scolorito e l'occhio fumido.
Sola Frosina è sola fida ancilla
che con avisi rendela tranquilla.
11. Fidel ancilla non fu già Diambra
Diambrach'empir la sua lassivia non potendo
entrò di sua madonna ne la ciambra
Catarina moglie di Rodulfodi notteove l'anciselei stringendo
nel collo co le mans'una Sicambra
o Mora fusse stata; ch'io m'incendo
d'iradi rabbiaquando mi rammento
una Taís aver Lucrezia spento!
Putana epudica12. Rampallo da Milone seppe il tutto;
teme a l'amico piú ch'a sé medemo;
vedel esser in faccia smorto e brutto
come in un colmo di dolor vedemo;
nulla di manco acciò ch'egli destrutto
non resti o morto per affanno estremo
leval sovente con parlar salubre
rendendolo men tristo e men lugúbre.
13. D'udirsi piú la facultà vien tolta
Proverbio(proverbio: «Ch'ogni giorno non è festa»!);
torno al palazzo va Milon tal volta
ché 'l desio di vederla lo molesta;
ma nulla fach'ella se 'n sta sepolta
sí come donna vergine et onesta;
ond'egli piú che mai sospira e langue
e piú non ha colorvita né sangue.
14. Ecco 'l dolce piacer sí tosto e breve
Amonizionec'hanno sovente insieme i ciechi amanti
se giustamente equiperar si deve
a' succedenti affanni e lunghi pianti!
Eccotiamantes'esto Amor è leve
che cangia in un momento in lutto i canti;
e poi che t'ha condutto al teso laccio
fugge 'l protervo e làsciati 'n impaccio.
15. Mentre celatamente passa il fatto
Adrianoe 'l grosso ventre ancor non dà sospetto
giunse a Parigi un cardinal diffatto
che a grande onore fu da Carlo accetto.
Papa Adrian il manda molto ratto
per tosto opporse al stol di Macometto
lo qual possede già Cicilia tutta;
mezza Calabria in foco è già destrutta.
16. Lo capitan di questi Turchi e Mori
Guarneroè re Guarnerofrate di Agolante
quell'Agolante che d'imperatori
Agolantedel mondo è il piú superbo et arrogante.
Costui li Cristian d'Italia fori
scacciar voria per vindicar Barbante
suo padreil qual ancise Carlo Mano
per Gallerana nel contato ispano.
17. Or al consiglio Carlo si riccorre
Milonfatto capitanoper contraporsi al foco già vicino;
qui lo senato in un pensier concorre
che 'l gran Milonesommo paladino
com'è sua curavogliasi disporre
fornir la impresa contra il Saracino.
Pensate in qual travaglio alor trovossi!
Non ha pensier che tutto no 'l disossi.
18. Fra questo tantomentre il duca Amone
Promessa d'un traditoresentesi di la spalla molto male
Ginamo di Maganza si dispone
voler per mezzo di quel cardinale
impetrar Beatrice da Carlone
per moglie sua; né vòl premio dotale
anzi per contradote a carte schiette
maria et montes
dar a lei promette.Proverbio19. Lo saggio Namoch'è padre di quella
Duca AmoneConte Ginamotemendo fra Maganza e Chiaramonte
non pululasse costion novella
al duca non pendendo piú ch'al conte
condusse al re Carlone la dongiella
dicendo che cagion di cotant'onte
esser già non voleama ch'egli stesso
dia lei marito come par ad esso.
20. Milonodendo ciòguarda in traverso
Traito» per «traditore» postoGinamose talor lo 'ncontra in via.
Egli che di quei traiti è 'l piú perverso
guardasi ben la pellee tuttavia
va praticandoe con modo diverso
drieto a Milone tien sempre la spia
sí per intender chiaro il suo consiglio
sí per saper cavarsi di periglio.
21. Ecco la gara in piedeecco 'l travaglio
levato già per colpa di libidine;
ma Carlo vòl frenar de' brandi il taglio
ché sempre allogia Marte con Cupidine.
Taccò a la coda subit'un sonaglio
di Maganzesi a molta sua formidine
perché destina ch'ambi duo giostrando
chi vince abbia la donna al suo commando.
22. Or qui Ginamo perde ogni speranza
sapendo ben che 'l pregio fia d'Amone;
va inanzi a Carloet ha seco Maganza
Pontieri e tutta l'altra nazione;
pensa smarirbravandoil re di Franza
e dicegli sul volto che cagione
non ha di far a lui cotanto torto
per un Amon stroppiato e mezzo morto.
23. Milonch'ode il rumore stando in piazza
ratto su per le scale vien sbalzando
e fra la folta turba anti si cazza
con tre famiglie cinto ha sotto il brando;
sente che 'l traditor forte minazza
se non avrà Beatrice al suo comando.
- Non l'averai tu giàse pria non giostri
- disse Milon - e quel che sei non mostri. -
24. Ginamo a quel parlar si volse indrieto
Contenzione fravede Milon e ratto si scolora.
Conte Macariopiú de li altri inqueto
risponde alteramente: - A la bon'ora!
Macario e MiloneNon siamo mortino; ma starti queto
farestú meglio e non destar chi dorme.
- Anzi pur vegghi troppo - disse il conte -
in far a Chiaramonte oltraggi et onte. -
25. Macario c'ha la lingua for di denti
tenendo su la spada la man destra
rispose: - Per la gola tu ne menti! -
e per ferirlo subito s'addestra.
Milon non stette a dir: - Tu ne stramenti! -
anzi un roverso con la man sinestra
menò sí ratto ch'un poltrone zaffo
non ebbe mai da 'n bravo il piú bel schiaffo.
26. Levasi Carlo tostamente in piede
Prodezza di Miloneche già duo millia spade esser cavate
e contra quatro sol vibrar le vede.
Milonche 'n mezzo tanti brandi e spate
era con tre famiglivi provede
ben tosto in quelle genti al mondo nate
per tradir sempre et ingrassar la terra
di sangue et ov'è pace porvi guerra.
27. Con quella rabbia ch'un leon tra cani
Comparazionevidi cacciarsi sotto Giulio a Roma
PapaGiuliosmembrandovi mastinibracchialani
con la virtú sí altera e mai non doma;
cosí Milon fra quei lupi inumani
convien che 'l brando in lor mal giorno proma
troncando spallebustigambe e braccia;
et ov'è 'l stolo densovi si caccia.
28. Ma duo de' soi scuderi crudelmente
Terigigià son in mille pezzi andati a terra;
lo terzo si ritira virilmente
appresso il suo patroneil qual non erra
over spartir la testa in fin al dente
o fin al pettoe tanti già n'aterra
ch'un monte n'ha dintorno in sangue merso
chi tronco de la testa e chi a traverso.
29. Re Carlodi gridar già fatto roco
bandendo e minacciando or quest' or quello
addirasi talmente che di foco
parea nel volto aver un Mongibello.
Onde decorse del baston al gioco
rompendo qua e là piú d'un cervello;
ma nulla o poco fa la sua presenzia
ove non è rispetto e men clemenzia.
30. D'ogni altro piú Macario di Susanna
ferir le schiene di Milon s'affretta
il qualsecondo il mertolo condanna
e fa del suo mentir aspra vendetta:
perché la lingua e denti ne la canna
gli caccia d'una punta benedetta
onde 'l meschin ne cadeet una palma
di lingua sbocca fora e 'nsieme l'alma.
31. Poscia ferir Bernardo non s'arresta
fendendolo dal capo fin al petto
e vibra una stoccata cosí presta
ch'a Dudo passa il ventre et Ugoletto;
a 'n altro fa due parti de la testa
a 'n altro un braccioa 'n altro taglia netto
dal busto il capoe molti a la cintura
troncase pasta fusse l'armatura.
32. Piú di mille n'ha mortoe gli altri caccia
e taglia e tronca e crudelmente svena;
volano gli elmi con le teste e braccia
mentre puntefendenti e scarsi mena.
L'imperatore tuttavia minaccia
e batte col troncon; ma non raffrena
l'ira peròné rabbia di Milone
che 'n tal error si manca di ragione.
33. - CessaMilon- dicea - non farti dico
io til comandolascia di ferire;
se nonspera d'avermi tal nemico
qual studia giorno e notte altrui punire! -
Milon cotal parole men d'un fico
alor potea stimar in quel schermire;
ondenon l'ascoltandocaccia quelli
giú per le scale in guisa de stornelli.
34. Un sopra l'altro al fondo de le scale
a vintia trenta vanno rotolando;
Milon sgombra di lor tutte le sale
fin su la piazza i traditor cacciando;
dil che re Carlo in tanta furia sale
perch'ei non ubedisce al suo comando
ch'alor alor gli fa bandir la testa
s'andar giú del paese non s'appresta.
35. Un termine gli dà sol d'una notte
perché già Febo scampa con la luce.
Or que' tapini per caverne e grotte
ove né sol né luna mai traluce
sonsi appiattati e temen altre bòtte
che Chiaramonte e quel sí fiero duce
che li ha scemati piú di mezza parte
ivi non li arda in tutto e li disquarte.
36. In quella istessa notte (o crudel rabbia!)
cadde Milone in tanta bizarria
che cento Maganzesicome in gabbia
venne assaltare drent'un'ostaria;
né vi si parte mai fin che non li abbia
mandati tutti a pezzi in beccaria:
eravi Manfredonpadre di Gano
cui trasse il core di sua propria mano.
37. E 'n la medesma notte sí lo affise
Tempestanel mezzo de la piazza con la testa
e un breve scritto sopra quelli mise
che dice: «Ancor il tuoCarlomi resta!»
Oltra di questo in cotal notte uccise
un capitan chiamato il Gran Tempesta
lo qual con la sbiraglia in men d'un'ora
cacciò Milon di questo mondo fora.
38. Omai di sangue sazio in quell'instante
Terigia vinti soi compagni dà combiato
fra' quali v'è Terigiquel bon fante
che 'l giorno in sala sempre al fido lato
stette del suo patron a Carlo avante
et or per ubedirlo s'è spiccato.
Costui fu dopo a Orlando sempre caro
e di sue cose fido secretaro.
39. Milon si parte solo e gli altri lassa
né mai per lor preghere seco i volse;
sotto 'l regal palazzo intorno passa
e drieto a quel per un sentier si volse
fin chedi pietre e sassi ad una massa
venutodi salirvi cura tolse;
montavi arditamente a l'alta cima
e come entri 'n palazzo secco stima.
40. Vede spuntar di fora un certo trave;
levasi in altoe quel saltando giunge
e benché d'arme sia carcato e grave
pur forza con amor là suso il punge.
Salito è molto spazioe già non pave
ficcar gli piedi e de le mani l'ungie
per buchi e per fissure di quel muro
tanto che giunse ad un balcon sicuro.
41. Trova qui drento un logo bisognoso
a l'uomoquando 'l ventre scarca e leva;
quindi partitoda la notte ascoso
va queto queto ementre un piè solleva
l'altro tien sí che men sia strepitoso
in fin che giunse ove Berta piangeva
la qual in ciambra già non può dormire
mase 'l piacesse a Diovoria morire.
42. Milon accenna a l'uscio leggiermente:
Milon rapisceBertaBerta sentendo trema di sospetto
chiama Frosinama colei non sente;
onde Milonper esser drento accetto
disse qual erae Berta immantenente
senza pensarvisalta for di letto
corre a la porta aprendola di botto
e qui comincia un lagrimar dirotto.
43. Ma poscia che Milon ad invitarla
si mise per condurla seco in bando
ellacadendo in terrapiú non parla
ché perse ogni vigor a tal dimmando.
Vòl pur il cavalliero confortarla
che far non voglia contra 'l suo commando;
ma nulla faché 'n viso impallidita
lei vede for di mente esser uscita.
44. Frosina dormené 'l rumor ascolta
ché 'l pianto dianzi fatto con madonna
in un profondo sonno l'ha sepolta.
Milone d'un lenzolo e d'una gonna
in un fardello tosto fa riccolta
posciagagliardotoltasi la donna
sul collovia la porta con gran fretta
già sazio contra Carlo di vendetta.
45. Già sazio di vendetta contra Carlo
ché fe' dopo 'l macello tal rapina;
ma sol amore non può saziarlo
c'ha posto a quella ninfa pelegrina.
Portasi 'l dolce peso né lasciarlo
mai volse in fin ch'al logo s'avicina
dond'or ne venne per la finestrella
equivi giuntoin terra pose quella.
46. Ma non sí tosto giú posata l'ebbe
che riede al seggio lor il spirto e 'l sangue.
Aperse gli occhie l'animo le crebbe:
- Dove seivita mia? - dicendo langue.
Milon risponde: - Donnaomai ti debbe
tornar il bel colore al volto essangue;
tessi pur tele Carlos'ei sa tessere;
s'è Amor per noichi contra noi vòl essere?
47. Guidarti meco vogliose 'l ti piace
Notandoe trartich'oggi è tempodi periglio.
Sol Dio m'è testimon quanto mi spiace
doverti condur meco in tal essiglio.
Ma per locarti al fine ove sia pace
far voglio da leonnon da coniglio
e dèi saper ch'assai minor è 'l danno
di pover libertà che un fier tiranno. -
48. Cosí parlandotuttavia le cinge
la gonna intornoseco anti recata
gonna non già di quelle ch'oro pinge
ma da portar sotto be' manti usata.
Poscia le copre il capo e sí la finge
che 'n altra donna par esser mutata;
né Berta in nulla guisa piú parea
ma FilideNeera o Galatea.
49. Qui poi di terra il gran lenzolo piglia
e quel divide in fascie lunghe e strette;
annoda i capi loroe qui s'appiglia
con le man Bertada Milon ben rette;
calla per quella cordae s'assotiglia
ferma tenersi fin che 'n terra stette;
Milon drieto li manda il drappo d'alto
et animoso venne giú d'un salto.
50. Qual timidetta agnella che 'l pastore
Comparazionedel lupo da le sanne abbia reddenta
non anco cessa palpitarle il core
né mai l'orribil tèma si rallenta;
cosí Bertaseguendo il suo rettore
par sempre ch'alle spalle Carlo senta
chi la perseguae spesso a drieto guarda
onde di correr forte mai non tarda.
51. Giratto avea già mezza notte il cielo
Autunnoché passo passo vannosi le stelle;
anco non era caldo né anco gelo
ma la staggion quando le viti belle
son carche d'uveet ogni ramo e stelo
Pomidi rosso e gialo par che 'l mondo abbelle;
Milone finalmente giunge al muro
de la cittademolto grosso e duro.
52. Montavi sopra et ha pur seco il panno
del qual un capo tienel'altro giuso
a Berta mandacui pareva un anno
ogni momento uscir di loco chiuso;
ma svelsela Milon di quell'affanno
che su la trasse e poi con essa giuso
callò del muro fora in su la sabbia;
di bosco ucelli giànon piú di gabbia.
53. Tutta la notte vanno senza posa
dal timor spinti e da speranza tratti;
pur dove qualche poggio o via petrosa
per cui Berta convien che giú s'appiatti;
Milonencontragià non si riposa
ma in collo si la recae su per ratti
monti lei porta come fido amante
se azzaio fusse dal capo a le piante.
54. Scoprendosi poi l'alba for d'un monte
trova un villano addosso una cavalla
lo qual s'affretta d'arrivar un ponte
e d'un serrato trotto al fiume calla.
Milon chiamagli drietoe ch'ei dismonte
prega e riprega; ma 'l villan non falla
dal suo costume rozzo e discortese:
niente l'ascoltae la via corta prese.
55. Prese la via piú corta verso il fiume
che a guazzo quello trapassar vorebbe:
alor Milons'avesse a piedi piume
aventasigli drieto e giunto l'ebbe
ove cosí correndo anco ressume
la cura d'insegnarli come debbe
caritativamente e con ragione
di quella donna aver compassione.
Digressione
56. Mi meraviglio ben del cavalliero
ch'usar volesse tanta pazienzia;
perch'esser al villan crudo e severo
altro non è se non bontà e clemenzia;
anzi dirò ch'un fusto grosso intiero
è quello che gli spira gran prudenzia;
dalli pur bastonate sode e strette
ché non s'ha di guarrirlo altre recette.
57. Passava Giove per un gran villaggio
Creazione delvillanocon Pannocon Priapo et Imeneo;
trovan ch'un asinello in sul rivaggio
molte ballotte del suo sterco feo.
Disse Priapo: - Questo è gran dannagio:
EnDominefac homines ex eo.
- Surgevillane - disse Giove alora;
e 'l villan di que' stronzi saltò fora.
58. Et in quel punto istessoquanti pani
Virtú del villanofu di letame o d'asin o di bove
insurrexerunt totidem villani
per tutto 'l mondo a far de le sue prove
cioè pronte in rubbar aver le mani
e maledir il Ciel quando non piove
esser fallacitraditormaligni
di foco e forca per soi merti digni.
Narrazione
59. - Aspettamiti pregocaro amico
- dicea Milon - e non aver spavento! -
Ma quel poltroned'ogni ben nemico
vedendo ch'egli 'l tien nel vestimento
- Lasciami- disse alor - lasciati dico;
non so chi sei? tu n'hai spogliato cento
io ti conosco ben che ladro sei:
rubasti l'armeil brandoancor colei.
60. Né men di mecomprendesi villani
esser de voi soldati la piú parte
se vi lasciati calcular le mani
dai chiromanti nostriche san l'arte
di zappe et altri libbri rusticani
meglio che portar picca sotto Marte;
e purquantunque bravi insuperbiti
tutti sète villani stravestiti. -
61. Eciò parlandotrasse una sua daga
lucida quanto avea sotto 'l calcagno;
Milonch'è di natura sempra vaga
piú presto dar che tòr l'altrui guadagno
or dignamente ad un furfante impaga:
volendolo purgar d'acque di bagno
afferra ne la coda la cavalla
et ambi drento un fosso d'acque avalla.
62. Quel sciagurato in guisa di ranocchio
resta nel fangoe la giumenta uscisce.
- Ecco- disse Milon - saziapedocchio
ch'avien ad un villan che 'nsuperbisce.
Rubaldo che tu sei! perder un occhio
dovria chi del tuo mal non ti punisce;
or pesca benc'hai modo di pescare
et io fra tanto voglio cavalcare. -
63. E detto ciòriprese la giumenta
non per la coda piúma nel capestro.
Bertache n'ha fastidio e si tormenta
per lo primier incontro assai sinestro
salir su la cavalla non fu lenta
maledicendo quel villan alpestro;
Milon va innanzi e fa de lo staffero
tirandosila drieto pel sentiero.
64. Tutto quel giorno e la notte seguente
non mai di caminar elli cessaro.
Berta sempre a le spalle Carlo sente
né crede di scansarlo aver riparo;
però vanno di trotto con la mente
chimerizandoin fin ch'elli arrivaro
d'una grossa fiummara in capodove
scopreno l'alto mar che vi si move.
65. Lungo a la spiaggia volgon il sentero
SanPierolasciando in sabbia lor vestigi sculti;
né molto vanno ch'un simil a Piero
vecchietto piscator a li ami occulti
vedeno trar nel legno suo leggero
appesi con inganno e' pesci stulti.
- Se in te - gridò Milon - avrai bontade
tu ci darai mangiar per caritade.
66. E Cristo poi ti renda guiderdone
Alleluiadandoti quella destra del navigio
che diede a GianniIacomo e Simone
quando alleluia trasser di litigio. -
Risponde il vecchio: - Quest'è ben ragione! -
e ratto a terra volge lo remigio
ove arrivato for di barca scese
portando il pesce quanto mai ne prese.
67. Poi scote accortamente d'un azzaio
e d'una selce il foco su le fronde.
Milon che vede ciò porta un legnaio
de pruni e de vergulti còlti a l'onde;
acceso il focoBerta a piú d'un paio
de pesci cava l'intestine immonde;
Milon a la cavalla trae la sella
sedevi suso e tiene la patella.
68. Stride su 'l foco il pesce drento l'olio
PalladeolioVulcano focoe Pallade si scampa da Mulcibero.
Berta tien stimulato sotto 'l dolio
fronde di tamariso e di giunibero;
vin muffo e forte e pan di faba e lolio
poscia espedisce quel vecchietto libero.
Milon si abbruccia e gli occhi spesso tange
com'uomo che soi peccati al fumo piange.
69. Onde Berta sen ride e si consola
Proverbiovedendo quel tant'uomo fatto coco
a cui pel fumo e gli occhi e il naso cola
e bruggiasi le gambe al troppo foco.
Milonche ben l'intendeuna parola
piangendo tuttaviadisse per gioco:
- Tre cose l'uomo cacciano di casa:
il fumoil foco e la moglie malvasa. -
70. Berta risponde: - E pur non cura l'uomo
AdamEvaspiccarsi da le spalle tal urtica;
cotanto dolce fu l'acerbo pomo
ch'Adam gustòporgendol Eva antica
chebenché sol per lei de propria domo
scacciato fusseparvegli fatica
lasciar la causa drieto del suo male
Feminaperché dura è ragion al sensuale.
71. Cosí ti vienMilonche per la fame
Rime inbeschizzod'indi non po' levarti questo fumo. -
Egli risponde: - Son le belle dame
che ci han post'a la coda questo dumo. -
Berta ne ridee senza voglie grame
su 'l pesce sparge omai di sal un grumo
lo qual già cotto rende saporito
e poi lo mette in tavola su 'l lito.
72. Quel vecchiarelloa gentilezza dedito
arrecavi le sue vivande povere;
egli non ha de campi o feudi redito
se non la barcail maril sol e 'l piovere.
Onde di simil sue ricchezze predito
quel suo vin muffolente e pan di rovere
appone in sua presenziae dice: - Inopia
chi mangia di cotestamai non scoppia.
73. Quanto mi trovotanto ne la vostra
Notandopresenziao miei patroniho qui diffuso.
In me il volerma no 'l poter si mostra
di far com'è tra vostri pari l'uso;
ma svaria molto questa voglia nostra:
chi tien aperto il pugnochi 'l tien chiuso;
tal poco n'hach'altrui quel poco imparte;
Liberalitadetal molto n'hache robba l'altrui parte.
Avarizia74. S'io avessi in arca l'oro di Tiberio
Tiberioe li pomi del drago ch'ancise Ercule
EsperidiErculecredeti a me (ciò dico a vituperio
de' ricchi)men sarian coteste fercule.
Questi avarazzi fanno quel suo imperio
col sparagnare in fin a le cesercule
le scope et altre cose frali e frivole
che per disdegno tutte non descrivole.
75. E s'io potessifondarei tal legge
Nova legge contra li avaricui meglio non fondòr li antichi padri
che chi è signore e gli uomeni corregge
dricciar faria le forche a pochi ladri;
e chi la robba e vita sua ben regge
verrebbe al sol de' loghi oscuri et adri;
ch'oggi vertú sta serva del dinaro
come 'l pover dottore a l'usuraro.
76. - Qual legge è questa? - dissegli Milone -
narraciti pregamopadre caro.
- Voglio - risponde - che niun ladrone
abbia d'esser appeso alcun riparo
se piglia quel d'altrui contra ragione
eccettuando sol ciò c'ha l'avaro;
anzi vorei che 'l pover s'appiccasse
sepotendol'avaro non rubbasse.
77. Tu vederesti l'integri Catoni
Sapientipiú grati al mondo e dal predon sicuri;
tu vederesti l'improbi Neroni
a povertade men crudeli e duri;
Avaritu vederesti li empi Licaoni
Ladripigliata la lor partenon piú furi:
la parte suache sta ne l'altrui copia
ché 'l tuo superfluo causa la mia inopia.
78. Che maladetta sia l'ingorda rabbia
Comparazionedi questa lupae chi adorarla vòle!
Ché se quante son miche in questa sabbia
e quanti cascan attomi dal sole
tanti denari avien ch'el miser abbia
apreper anche avernemille gole
né pur si sazia la sua mente avara;
onde qual sia 'n piacer mai non impara.
79. Tal biasmo non v'adduco senza causa;
c'ho fatto d'un avaro mille prove.
E se 'l mio dir non vi facesse nausa
direi di lui la miser vitae dove. -
Rispose alor Milone: - Io faccio pausa
eccotidi mangiare; ché 'l mi move
l'aspetto tuo talmente ch'io starei
digiunoper udirtigiorni sei. -
80. Qui narra il vecchio una faceta istoria
PreteArrigo canonicod'un prete fierentino tant'avaro
ch'al fin di doglia perse la memoria
già divenuto pazzo pel dinaro.
Ma voglio ch'abbian altri questa gloria
dirlo meglio di me; ché sol m'è caro
venirne finalmente ad Orlandino
già molto al nascimento suo vicino.
Conclusione
81.
Ma Caritunga mia chiedemi a cena;Tricassotenetivisignorich'io vi lasso.
Penso mangiar una cornacchia piena
de sogniche non scrive il mio Tricasso;
poscia vo' bere d'una certa vena
d'acque distanti a quelle del Parnasso
le quali a molti toglion il cervello
ma queste li denari col mantello.
SESTO CAPITOLO
1. Oscuri sensi et affetate rime
Icaroqual è chi dica mai compor Limerno?
Tal volse del Petrarca su le cime
salirch'or giace in terra con gran scherno;
Icaroper montar troppo sublime
credendosi avanzar il vol paterno
perse con l'arte l'encerate piume
e venne giú dal ciel in un volume.
2. Non tutti Sannazarri et Ariosti
SannazzarroAriostonon tutti son Boiardi et altri elletti
Boiardoli cui sonori accenti fur composti
de l'alma Clio negli ederati tetti;
tetti sí larghi a lora noi sí angosti
e rari son pur troppo gli entro accetti!
Però che meraviglia se 'l gran sòno
di lor sentenzie in tanto pregio sono?
Narrazione
3. Milondopoi che 'l vecchio pose fine
a la novella di quel scarso prete
dimandagli se porto in quel confine
vi era; chémentre l'aure sono quete
vorrebbe oltra passar l'acque marine
dando al nochier le solite monete.
- Non dubitate- disse 'l vecchio alora -
lo porto non luntano qui dimmora. -
4. Disse Milon: - Se quel non è luntano
voglia guidarci in questo tuo battello;
e per l'atto gentil e piú ch'umano
che fusti a darne cibo tanto snello
questa giumenta lasciotie con mano
propria la sottoscrivo e ti suggello.
- Mille mercé; - risponde il vecchio - senza
tanti notari prestovi credenza.
5. Entrati pur in barcach'in un tratto
voglio condurvi al porto qui vicino.
Lasciamo qui la bestiache diffatto
io mandarò levarla un mio cugino;
e penso già di farne bon baratto
drento di Corsia in un carro di vino;
perchévi giuromai non pesco bene
se di bon vin non son le fiasche piene. -
6. Cosí parlandoaccostasi a la barca;
Comparazionee Berta il vecchiarel prende al traverso;
poi d'esso peso il suo legnetto carca
chepargolettoquasi vien sommerso;
etolto il remonavigando innarca
le schienecom'un serpe d'oro terso
lo qual va sdrucciolando per un prato
s'avien che 'l pè d'un bue l'aggia calcato.
7. E col soave nòtoch'un acquatico
Comparazionemergo tra folghe segue alcun piscicolo
nel lito e primo mar de l'Adriatico
tal va per l'onde salse il trave piccolo
sotto governo di quel vecchio pratico
che mai di mar non teme alcun pericolo;
e per levar il tedio e farli ridere
cantar comincia e con gran voce a stridere.
8. Magiunti al portotrovano ch'un grande
legno si parte verso Italia in fretta.
Accostasi Milonee su vi scande
con la compagna e lascia la barchetta.
Non è chi lui conosca o che 'l dimande
e pur d'esser compreso vi sospetta.
Sta sempre armato e porta cinto 'l brando
come sòl far c'ha tagliaposto in bando.
9. Già Febo l'aurea testa in l'onde attuffa
Lunae lascia il freddo lume a la sorella
quando pel vento che 'n le poppe buffa
issasi 'l velocome 'l volgo appella
IssareQuel grave legnospintol'onde acciuffa
e rompe 'l mar che 'ntorno gli saltella
fa nove miglia o dieci in men d'un'ora
e fende ciò che 'ncontra l'alta prora.
10. Soldatimercadantipreti e frati
eran con altra gente in quel naviglio:
chi guata il fier Milon dagli omer lati;
e chi 'l bel volto candido e vermiglio
di Bertac'ha d'amor e' gesti ornati
contempla sí che dàlle già di piglio;
ma la presenzia di Milon robusto
tien in cervello ogni lascivo gusto.
11. Or un signore v'era di Calabra
Calabriacon trenta ben armati soi famigli;
brama di Berta egli basciar le labra
e aggucciaper rapirlagià gli artigli.
Milon non sa quella sua mente scabra
bench'egli co' compagni si consigli
e l'un con l'altro parli ne l'orecchia
ch'ognun nel ben altrui sempre si specchia.
12. Farrebbon già l'assalto; ma che 'l giorno
sparito venga in tutto attendon prima.
Berta con altre donne fa soggiorno
sotto coperta de la prora in cima;
d'ogni altra cosa pensa che del scorno
lo qual in lei quel tristo far estima;
ondecorcata in grembo d'una schiava
col sonno le sue membra ristorava.
13. Milonche di saper volge 'l desio
se di Parigi alcun sapesse nova
dimanda forte: - Ditemiper Dio
(s'alcun ch'il sappia dir tra voi si trova)
è vero ch'un Milon malvagio e rio
ha fatto contra Carlo un'empia prova? -
Risponde un grande vecchio: - È con effetto;
e dirtelo sapròse n'hai diletto. -
14. Chi sia cotesto vecchio in fronte grave
Saturnoc'ha lunga barba et occhi di Saturno
niuno sa di quelli entro la nave;
ché 'l finto volto et anco il ciel notturno
lo asconde lorné senton che 'l gran trave
mosso non da Levante o da Volturno
ma del suo spirtovola in tal prestezza
ch'un veltro non va piúanzi una frezza.
15. Volendoin mille forme cangia 'l volto
Artemagicatant'è ne l'arte magica perito;
scioglie d'amor il vinto e vinge 'l sciolto
affrena i fiumi e chiama e' pesci a lito;
fa 'l matto saggioe 'l saggio venir matto
e cava l'ombre d'Orco e di Cocito;
OrcoCocitola lunastellefocopiante e marmi
constringe a la violenza de soi carmi.
16. Ma 'l nigromantedegno di gran lodo
FauniFollettioprar non sase non in bental arte.
Faunifolletti et incubiche 'l vodo
cerchio tra 'l foco e terra e la gran parte
IncubiAeretengon del centro mezzo al nostro sodo
tutti scongiura a sue sacrate carte;
Demogorgonearpiefate e strige
sepolcriombresibilleCao e Stige.
Inferno17. Sa quanto alcun mai seppe d'erbe o piante
non d'aconito purtasso e cicute
ma mille e mille che furon innante
non mai da nigromante alcun sapute.
Taccio 'l magnete ferro et adamante;
sa di metalli e pietre ogni virtute;
onde nascoso tien di argento et oro
ne' monti di Carena un gran tesoro.
18. Ne' monti di Carena entro le grotte
Atlantesta 'l seggio suo di smalto e sasso fino.
Atlante ha nomeche di mezza notte
d'una sibilla nacque e di Merlino.
SibillaMerlinoOr con turbato cuor e voglie rotte
lassiato avea de l'Africa 'l domino
per un anelloil qual fece ad Almonte
Anello che fu di Angelicache poscia gli dovea far danno et onte.
19. Or dunqueposto ch'egli sol per arte
Orlandosaper potesse aver anti Milone
no 'l sa peròché rado apre le carte
de' spirti reise non per gran cagione.
Ver è che dianzi Giove opposto a Marte
dissegli che di lui nasce un barone
il qualOrlando dettonon avria
egual d'ingegnoforza e cortesia.
20. Ora per sotisfar al suo dimando
ch'è di saper quel che sapendo poscia
ne piangaodendo l'impeto nefando
(non credo piú nefando esser mai poscia)
di Carloanzi Neronin ciò che 'l brando
cosí vibrò ch'ancor al Ciel l'angoscia
e gli urli van per l'empia occisione
d'omini fatta in scherno di Milone:
21. - La causa che m'indusse (poich'attenti
Lungoragionamentovostra mercévi veggiovo fondarvi
diAtlanteassai piú innanzi miei ragionamenti)
venir in Franza e poco tempo starvi
fu la prolissa guerrai fier lamenti
la trista occision de' grandi e parvi
che ratto de' patir la vostra Europa
de gente tartaresca et etiopa.
22. Chi fia di tanto mal cagion? Amore
Biasimo inAmoreAmor che sempre fu la peste lorda
de' miseri mortali. Ahin quant'errore
ci spinge questa fiamma tant'ingorda!
Odo già l'alte stridail gran rumore
d'armech'aggira in foco e 'l ciel assorda;
ché dove fiscia Amorcosí fier angue
subito appare ferrofoco e sangue.
23. Già si rinova quel furor vetusto
Parideche 'l mondo quasi trasse al primo Cao
quando 'l lascivo Paride et ingiusto
chiamossi drieto l'empio Menelao
il quale tutta l'Asia ebbe combusto
ove PatrocloEttorProtesilao
AchilleTroilo et altri capitani
restòr tra un million d'uccisi ai piani.
24. Quant'era meglio che 'l conte Milone
Mambrinolasciato avesse Berta nel suo letto!
Carlo testé gli rende 'l guiderdone
ché sua famiglia tutta per dispetto
destrugge in ferro e foco; ma un leone
è per strigner a lui la golail petto:
piú non avrà l'ardir di Chiaramonte
che 'l scampi da le man d'un fier Creonte
Agolante25. Novo Creonte in queste parti viene
Proverbioper spander tutto il cristiano sangue.
Carlo fia 'l primo che volga le schiene
al negro tòsco e fiscio d'un tal angue;
non gli varrà gridar: «Chi mi soviene?».
Le membra stanno malse 'l capo langue.
ItaliaFranzaSpagna et Ingleterra
Cupido e Marte gitteran a terra.
26. Ahimaladetta stirpe di Maganza
ch'or godi e canti per l'altrui dolore!
Non sperar già (ché falsa è tal speranza)
gioir troppo luntan di quel favore
posto ch'abbi scacciato for di Franza
di Chiaramonte la radice e 'l fiore;
volge la rotama 'l destin è fermo
ch'al fin a tua ruina non fia schermo.
27. O stelleo puntio troppo tardi segni
Orlandoche prometteti al mondo un sí bel sole
aprítich'oggi è tempoe' raggi pregni
a l'aureo secloa l'aspettata prole!
Nascan li quatto di vertú sostegni
per cui rumor eterno al mondo vole;
nasca quel forte Orlandoalto coraggio
Renaldoe 'l mio RugierGuidon Selvaggio!
RinaldoRugieroGuidone28. D'Orlando una colonna nascer deve
Colonesiche non pur Romaanzi sostien il mondo;
ma de Rinaldo un orso tanto greve
Orsiniche di sue forze il Ciel sentir fa il pondo.
Rugiero il sangue d'Esto in sé riceve
Estensid'ingegno saldo e di vertú profondo:
ma 'l mio Guidone infonderà Gonzaga
Gonzaghiper cui sol nacque la tebana maga.
Mantomaga29. Guidon Selvaggiodi Renaldo frate
Marfisala sore di Rugier avrà per moglie;
quindi verrà quell'inclita bontate
Gonzagach'in un punto il mondo accoglie:
Mantoa famosa per il primo vate
VirgilioMantoama piú famosa pei trofei e spoglie
che riportar in lei Gonzaga deve
dal Gange al Nilo et iperborea neve. -
30. Parlava lagrimando il negromante
et era per narrar il gran conquasso
che Carlo a Chiaramonte il giorno avante
diedeposcia ch'entese quel fracasso
dal fier Milone fatto in un instante
ch'in una notte mandò quasi al basso
tutta la Casa di Maganzae Berta
rapita aver tenea per cosa certa;
31. quando Raimondo (ché Raimondo detto
Raimondoera quel duca o conte calavrese)
lassivamente Bertanel conspetto
d'uomini e donnestretta in braccio prese
volendo ch'abbia il suo pensier effetto
com'uomo villanoperfido e scortese.
Berta che dorme destasi gridando;
Milonche l'odetratto ha fora il brando.
32. Corre veder la causa di tal voce
ma risospinto fu da trenta in drieto;
pensate s'ira e sdegno il cuor gli coce
vedendo farsi un atto sí indiscreto.
Ma l'arroganzia le piú volte nòce.
Salta Milon in mezzo di quel ceto
e vi comincia dimmenarsi intorno
quantunque fusse già sparito il giorno.
33. A cui la testaa cui la spalla fende
a cui lo braccioa cui la gamba tronca;
Berta contra Raimondo si diffende
ché a caso in man venuta gl'è 'na ronca;
ma quel rubaldo in un battello scende
drieto le poppesimil a 'na conca;
quatro famigli alor prendon in fretta
la donna e giú la mandan in barchetta.
34. Assai contrasta loroe pur si vede
Libecchio ventoal fin Berta d'un ladro esser prigione.
Chiama piangendo su dal Ciel mercede
poi che l'aiuto è vano di Milone;
lo qual mentre cervelli rompe e fiede
già presso al fin de l'aspra occisione
la grossa nave per Libecchio vola
ma la piccina drieto resta sola.
35. Perché tagliò la fune il fier Raimondo
di quel schiffettoalor che l'ebbe drento;
e mancò poco non andasse al fondo
la picciol barcagià ingrossando il vento.
Or qui scriver non vogliovisecondo Digressione
Turpindiffusamente qual evento
fu di Milone o di quel mago Atlante
ch'alor alora sparve in un instante.
36. Né di Milonil qual dopoi la morte
sanguinolenta di que' tapinelli
ebbe fortuna tal che le ritorte
arborevelaremiarmevaselli
lo stesso legno al fin andò per sorte
del mar in predae con e' soi fardelli
li mercadanti al fondo si trovaro
né lor scampò la coppia del dinaro.
37. Pur animosamente il cavalliero
trattosi l'armenudo come nacque
buttossi di fortuna ne l'impero
di qua di là sbalzato per su l'acque.
Al fin giunse in Italiamaliggero
di forze e pannisu la rena giacque;
poscialevato da non so qual fata
seco sen stette e l'ebbe ingravidata.
38. Di costei nacque il principe Agolaccio
Agolacciocome 'l dottore in la sua deca scrive;
ma ritorniamo a Berta che 'n impaccio
di quel fellonenon sa come 'l schive;
egli già se l'avea recata in braccio
per adempir le voglie sue lascive;
la donnache schermirsi piú non puote
Atto nobilissimo di Bertad'un suo coltello sotto lo percuote.
39. Chémentre finge aprir le gambe a quello
et al giostrar corcarsi agiatamente
cacciògli ne le viscere il coltello
raddoppiando e' colpi virilmente.
Quel misero ferirla volse anch'ello
d'un suo pugnalema 'l dolor repente
di morte l'impedisce; e Berta in mare
spinselo forae s'ebbe a conservare.
40. Or sola in quel vasello va sbalzando
Supplicazione di Bertala pudica dongella su per l'onde.
- O sommo Dio- parlava lagrimando -
porgimi la tua manche non s'affonde
l'infermo legno! Non che 'l mio nefando
viver né le mie colpe lorde immonde
mertin pietà; ma quella criatura
c'ho in ventreo Padre Eternorassicura!
41. Da te ricorronon a PieroAndrea
Cananeaché l'altrui mezzo non mi fa mistiero:
ben tengo a mente che la Cananea
non supplicò né a Giacomo né Piero.
A tesomma bontàsol si credea;
cos'io sol di te solnon d'altrospero.
Tu sai quel ch'èmmi sano over noioso;
fa' tuSignorch'altri pregar non oso!
42. Né insieme voglio errar col volgo sciocco
GotardoRocodi soperstizia colmo e di mattezza
che fa soi voti ad un Gotardo e Rocco
e piú di te non so qual Bovo apprezza
Bovomercé ch'un fraticelloal dio Molocco
DioMoloccosacrificante spessocon destrezza
fa che tua madre su nel Ciel regina
gli copre il sacrificio di rapina.
43. Per ciò che di pietà sotto la scorza
MariaVirginefassi grande vindemia de dinari;
o co l'altare di Maria si ammorza
l'empia ingordigia de' prelati avari.
Et anco la lor legge mi urta e sforza
ch'ogni anno ne l'orecchie altrui dischiari
le mende mie: ch'io son gioven e bella
e il fraticello ch'ode si flagella.
Confessione44. Flagellasi patendo le ferute
che mie parole di lascivia pregne
gli dannole qual sono tanto acute
al cor ch'al fin convien ch'egli s'ingegne
con vari modi e losinghette astute
ch'io di tacer la fede mia gl'impegne;
e qui trovo ben spesso un confessore
esser piú roffiano che dottore.
45. PeròSignorche sai gli cuori umani
e vedi la tua Chiesa in man de' frati
a te col cor contrito alzo le mani
sperando esser già spenti e' miei peccati;
e seDio mioda questi flutti insani
me scampiche mi veggio intorno irati
ti faccio voto non prestar mai fede
a ch'indulgenzie per dinar concede! -
46. Cotal preghere carche d'eresia
Vesta di CristoBerta faceamercé ch'era tedesca
perché in quel tempo la teologia
era fatta romana e fiandresca;
ma dubito ch'al fin ne la Turchia
si trovaràvivendo a la moresca;
perché di Cristo l'inconsutil vesta
squarciata è sí che piú non vi ne resta.
47. Non volse Dio però guardar a quella
perfidia d'una donna d'Alemagna;
ma fece che con lei la navicella
pervenne ove le ripe l'onda bagna.
Qui stanca e smorta uscisce la dongella
e tanto va per monte e per campagna
di Lombardia passando in la Toscana
che for di Sutri giunse ad una tana. Sutri cittade
48. Taccio la fame e sete e il caldo grande
e lo timor de stupratori e ladri
che soffre la meschina in quelle bande
ove son molti boschi orrendi et adri.
Mangia sovente morecorni e giande
come facean gli antiqui nostri padri;
acquase non de fontialmen de stagni
convien che sorbae poi ch'altr'acqua piagni.
49. Per che sempre facendo aspro lamento
va misermente contra la Fortuna;
pur finalmente giunse a salvamento
(sí come dissi poco avanti) ad una
speluncaove trovò che molto armento
venendo notteun pegoraro adduna.
- Dehpadre caro- disse - abbi mercede
di mech'omai non possío star in piede! -
50. Quel vecchio alor di somma cortesia
lascia le capre e lei benigno accolse;
onde ne vegna o vada o che si sia
in quel principio chiederla non volse;
ma dolceumano e lietotuttavia
ch'ella riposaun suo scrignolo sciolse;
trassevi panecaccio e molte frutta
e l'umile sua mensa ebbe construtta.
51. Berta c'ha famee drento chi la sugge
dico lo già di diece mesi infante
a quelle rozze fercole confugge
che 'l bon pastore l'arrecò davante:
quivi la fame e gran dolor sen fugge
ch'avea del suo perduto caro amante
e benché stia sospesa e 'n volto smorta
purtolta l'escamolto si conforta.
52. Ma qui diverte e narra il gran dottore
Digressionedi Turpinosí come di Pavia re Desidero
Re Desiderioudito d'arme in aere il gran rumore
perché Agolante vien per tòr lo impero
di Europa a Carlo e farsene signore
mandagli prestamente un messagiero
per farsegli compagnoe Italia poi
soggiugar tutta a' Longobardi soi.
53. E come qui Milone capitando
trovò sotto Appenino entro le grotte
un popol infinitoch'aspettando
dal Ciel aiutos'erano ridotte
per trarsi omai dissotto a quel nefando
re Desiderio e darli tante bòtte
che sia poi specchio agli altri tramontani
che non s'impaccian mai con Taliani.
54. Quivi Milonorando lungamente
MiloneMilanotrasseli for di tenebre a la luce;
la qual ben ordinata e bella gente
in un vallon de Insubria ricconduce;
e come una citade grossamente
edificaro e di Milon suo duce
le diero il nome; dopo il volgo insano
non piú Milonma l'appellòr Milano.
55. Quel gran Milanch'a tradimento e forza
Digressionevien tolto spesso da li tramontani
al nostro talian signore Sforza
Sforzaonde sempre con lor siamo a le mani
facendoli lasciar drieto la scorza
che poi mangiati son da lupi e cani;
e ben scriver si pote su le mura:
Italia barbarorum sepultura.
56. Ché veramente in quell'orribil giorno
Giorno delGiudicioch'in Iosafatto sonarà la tromba
facendosi sentire al mondo intorno
e i morti saltaran for d'ogni tomba
non sarà pozzocacatoio e forno
chementre il tararan del Ciel ribomba
non gitti fora SguizeriFrancesi
TedeschiIspani e d'altri assai paesi.
57. E vederassi una mirabil guerra
fra loro combattendo gli ossi soi:
chi un bracciochi una manchi un piede afferra
ma vien chi dice: - Questi non son toi.
- Anzi son mei. - Non sono -; e su la terra
molti di loro avran gambe de boi
teste di mulie d'asini le schiene
sí come a l'opre di ciascun conviene.
58. Cosí col mio cervello assai lunatico
Purus grammaticusfantastico e bizarro sempre i' masino.
Confesso ben ch'io son puro grammatico
che tant'e dire quanto un puro asino
purusasinusassai meglior d'un puro mattematico.
Ma perché i capuzzati non mi annasino
io credo in tutto 'l Credo ese non vale
io credo ancor in quel di Dottrinale.
SETTIMO CAPITOLO
1. La donna che dal Ciel trasse l'origine
mi riconduce al passo convenevole
a qualunque si sferra di caligine
per acquistarsi un stile piú lodevole;
ma l'abito maligno e la rubigine
d'un incesso balordo e strabuchevole
difficili mi rendeanzi contrarie
le vie che mai non seppe la barbarie.
2. Et oggi pur a nostro vituperio
passate son di là le bone letere
mercé ch'abbiam commesso un adulterio
tal che smarite sono l'arti vetere.
Veggio fatto volgar fin al salterio
cantando su pei banchi ne le cetere;
né passo per taverna o per botega
che Plinio od altro simil non si lega.
Narrazione
3. La fresca Aurora piú che mai leggiadra
da l'orizonte omai scotea le piume;
surge 'l pastore a beverar la squadra
di sue care caprette al chiaro fiume;
poi leva gli occhi al cielo e ben lo squadra
che schietto nascerà di Febo il lume;
di chetolto 'l bastones'assicura
e for guida l'armento a la pastura.
4. Berta sola rimane a la capanna
et anco dorme di stracchezza piena;
pur l'alma entro 'l pensier tanto s'affanna
che non s'acqueta la sospesa lena;
onde nel moto d'una picciol canna
ratto si sveglia e sente al cor gran pena
ché 'l suo Milone a lato non ritrova;
e qui di pianto un fiume si rinova.
5. Stavasi dunque tutta pensorosa
Matinola guanza riposando su la destra;
Feboche vòlpossendod'ogni cosa
rendersi certovenne a la finestra;
quando la dongelletta paventosa
del partosu quel strato di ginestra
Doglie del partoriresentir comincia pene di tal sorte
che di men doglia crede esser la morte.
6. Stride con alta vocerugge e freme
torcendosi su l'uno e l'altro fianco;
verun non è che 'n quelle doglie estreme
poscia parlando confortarla almanco;
chiama Frosina et altre donneinsieme
chiama Miloneet il chiamar vien manco
e solamente in quelle stalle immonde
un parete di sassi le risponde.
7. Ragion è ben ched'un tal ventre uscendo
il fior del mondo e l'unica possanza
difficil parto siaduro et orrendo
e faticoso assai piú de l'usanza;
chése le gran prodezze sue comprendo
quale fu mainé mai sarà nomanza
di forza immensad'animo prestante
simile a quella del Signor d'Anglante?
8. Qui nacque Orlandol'inclito barone;
qui nacque Orlandosenator romano;
qui nacque Orlandoforte campione;
qui nacque Orlandogrande capitano;
qui nacque Orlandopadre di ragione;
qui nacque Orlandopiú d'ogni altro umano;
qui nacque il gran spavento e la ruina
de' Maganzesi e gente saracina.
9. GuàrdatiAlmonte; guàrdatiAgolante;
AlmonteAgolanteguàrdatiAgricane e re Gradasso;
AgricaneGradassoguardativeLusbecco e Durastante
LusbeccoDurastanteTroianAncroiae tu crudel Gurasso;
TroianoAncroiaGurassoguardasi piú degli altri ogni gigante
ch'or nasce in sua ruina il gran fracasso;
qual durezza di monte o fin azzale
porrà star saldo al suo ferir mortale?
10. Nasce dunque l'infante in quella grotta
Urlandosenz'ullo testimonio de commadre.
Ma cosa di stupor apparve alotta:
poscia che spinto for l'ebbe sua madre
ecco de lupi arrivavi una frotta
di quelle selve uscendo folte et adre
ch'andavano d'intorno forte urlando
onde per nome poi fu detto Orlando.
Orlando11. Sentí la terra un tanto nascimento
sentillo il marei fiumirivi e fonti;
sentillo il ciel dissoprafora e drento;
sentillo poggipianivalli e monti
grandinepioggenevi et ogni vento
cittàcastellaportiville e ponti;
sentillo pesciarmentifiereaugelli
e 'ntorno lui par sol che 'l sol s'abbelli.
12. Dricciasi Berta con gran stento in piede:
pensate a qual pietà movea li sassi!
leva 'l figliuold'inopia sol erede
e portalo ad un fiume a lenti passi;
lavalo stessae su la ripa sede
sciugalo prima e dopoi il fascia e stassi
a contemplarlo sempre lagrimando
e già 'l dolor del parto ha posto in bando.
13. Bascialo spessoe non può saziarsi
succiar la frontegli occhibocca e mento;
sentesi di dolcezza liquefarsi
onde le par men aspro ogni tormento.
Poi riede a la capanna per corcarsi
ché 'n starsen dritta non ha valimento
in fin che 'l vecchio pegoraro torni
ch'omai temp'è che 'l caldo lo ritorni.
14. Eccolo giunto co le greggie innante
sovente drieto a quella sibilando.
Va ne la tana con uman sembiante
e vagir sente il pargoletto Orlando.
La donna con vergogna in un instante
levatasi sul braccioil comeil quando
nacque 'l fanciullo mentre a lui racconta
per debolezza quasi vi tramonta.
15. Lo provido vechietto non risponde
ma col piè tosto e con la fronte allegra
le man corre lavarsi a le fresch'onde;
poi chiama una capretta bianca e negra
la qualpresto lasciando l'erbe e fronde
non fu di alzar la gamba al vecchio pegra.
Egli trasse di latte un suo vasetto
non stomacoso noma bianco e netto.
16. E mentre vi si ammolla un mezzo pane
corre di tre galline al comun nido;
un par di uova nate in quella mane
sul cener caldo pose in loco fido.
Poi torna al latte e con sue voglie umane
lo porge a Berta; et ella: - Io mi confido
- disse - nel Cielo padre mioch'ancora
verràche di ciò renda il cambiol'ora.
17. Non sempre in me Fortuna turbarassi
non semprei' speromi serà matregna
ché se a clemenzia i' movo e fiere e sassi
via piú ch'ella si pieghi è cosa degna. -
Cosí parlandodi quel latte vassi
nutrendo a poco a pocoe par si spegna
la fame insieme col dolor del parto
lo qual sopra ogni pena è acerbo et arto.
18. Poi sorbe l'ova et acque dolce beve
di che ne prende molto di ristoro;
cosídi giorno in giornoe l'aspro e greve
vassi diminuendo il suo martoro
e dal pastore tanto ben riceve
che reputa del mondo tutto l'oro
bastevole non esserper il quale
supplir potesse un beneficio tale.
19. Pigliava l'arco suo matin e sera
quel sovra tutti bono pegoraro
e mentre di sue pecore la schiera
iva pascendo in loco solitaro
cercava il monteil bosco e la rivera
seguendo gli augelletti; e ben fu raro
quel ch'addocchiato fusse e saettato
morto non riportasse il stral al prato.
20. Con questi poi nudriva la dongella
e di pastore fatto era già coco
infin che piú che mai ligiadra e bella
depose il volto macilente e fioco.
Ma l'Orlandino già corre e saltella
giàqual poledronescit stare loco
scampasi da la madre omai slattato
a quel pastor piú del suo armento grato.
21. Cavalca una cannuccia e con la spada
di legno tira dritti e manroversi;
sempre discorre questa e quella strada
né sa d'alcun affanno mai dolersi;
convien che cadasurga e poi ricada
ché 'n piede fermo anco non sa tenersi;
ond'ha sul voltomentre in terra il smacca
chiara di uovo sempre o qualche biacca.
22. Vive sett'anni e duodeci ne mostra
tanto compiuto va di forze e membra;
gambe da salti et omeri da giostra
dando Naturaad Ettore l'assembra;
porta gran pesi e 'n qualche muro giostra
urtafracassarompequassa e smembra;
orsileonitigri non paventa
ma contra loro intrepido s'aventa.
23. Folgoriventipioggiecaldo e gelo
non puon far sí ch'egli di lor si cure;
dorme di notte sotto aperto cielo
non su le frondima su pietre dure;
brunonervosoe 'n capo ha riccio 'l pelo
co' piedi e maniove convien s'indure
per l'andar scalzo e manegiar bastoni
la carne in calli e 'n scarpe de' pedoni.
24. Due pelli di capretto avinculate
per piedi su le spalle ha per vestura.
Cogli altri pastorelli songli grate
lottebagordi e giochi di ventura.
Autunnoprimaverainvernoestate
non mai di star agiato si procura.
S'ha fameciò ch'encontra egli tracanna
o sia ne' boschi o sia ne la capanna.
25. Giandefraghecastagnecorne e more
pomi selvaggi e peri si mannuca;
non piú vi guarda il meglio che 'l pigiore
non l'acetosa piú de la lattuca;
beve di fonteo fermo o corridore
né cessa ber per fango over festuca;
ma s'anco con sua madre si ritrova
mangia butiropanecaccio et ova.
26. Or Berta in questo tempo intende e spia
Rainer esser di Sutri al regimento;
cade in sospetto grande che non sia
da lui scoperta e fa commandamento
al figlio che con lei queto sen stia.
Ma ben piú tosto avria tenuto il vento
in un rete che mai vietar Orlando
che non vada o ritorni al suo commando.
27. Usanza universale tra' citelli
Proverbioera di Sutricome far si sòle
con sassi guerregiareposcia ch'elli
fusser asciolti da l'oribil scole
quelli con questi e questi contra quelli
ove s'oscura a tante pietre il sole.
Chi rompechi l'ha rottao gamba o testa
e sempre piú san Stefano tempesta.
28. Quivi sovente il pover Orlandino
mal in arnese trovasi fra loro;
dinnanzi li altri sempre il parvolino
le pietre fa cantar nel ciel sonoro;
et è cagion sol esso col polvino
turbar le stellementre di coloro
parte sgomentarompecazza e dàlli
parte con gridi arguti drieto vàlli.
29. E come avien al troppo baldanzoso
rotta la testa spesso ne riporta;
ma n'anche per sí poco vien ritroso;
cacciasi avanti a' soi compagni scorta
e quanto piú fi' tóccopiú sdegnoso
di pietre e sassi un turbine sopporta
sí che a la grotta torna poi la sera
tutto dirottoe Berta si dispera.
30. Spesso gli parla e dice: - Figliuol mio
perché ti fai cosí tutto pestare?
Lascia le pietreper l'amor di Dio
ché 'l viso tuo d'un diavolo mi pare!
- Voletemadre mia- risponde - ch'io
mi lascia da ciascun ingiuriare?
«Figliuolo di putana» ognun mi chiama
et io sopportarò perder la fama?
31. S'un tal oltraggio fare mi permetto
ch'altro nome guadagno che «bastardo»?
Et iomadre mia caravi prometto
voler mostrar che non pur son gagliardo
ma sono per cavar il cuor dal petto
a chi del vostro onor non ha riguardo;
e se mai torna il padre mio Milone
diròli sul bel volto ch'è un poltrone.
32. Perché su le taverne consumando
va la sostanzia nostra e non lavora
enoi per queste selve abandonando
il chiaro sangue nostro disonora.
Ma se mai grande i' vegno sí ch'el brando
cinger mi posciavoglio cacciar fora
Carlo del mondonon che d'Anglia e Franza
e bever tutto il sangue di Maganza.
33. Sí che lascia purmadreche 'n la guerra
di pugna e sassi adoperarmi vaglia;
quanti n'abbracciogittoli per terra
non li valendo né arte né scrimaglia.
Ciascun mi chiama «Orlando forte-guerra»
perché non è chi 'n guerreggiar m'aguaglia;
sempre davanti gli altri salto e schivo
duo millia sassie pur son anco vivo.
34. Poscia chi mi dà pane e chi del vino
chi carne cotta e chi bona menestra;
talor è chi mi dà qualche soldino
altri che a far la pugna m'amaestra
dicendo che pararmi col mancino
braccio mi deggia e dar co la man destra
tal ch'ad ognuno vien di me paura:
cosa ch'essermi penso a gran ventura. -
35. Cotanto ben sa l'Orlandino dire
che di dolcezza Berta ride e piagne;
lascialo dunque a suo diletto gire
ch'in farsi un valentuomo non sparagne.
Or qui Turpin si vien a divertire
narrando di Milon le forze magne
che Desiderio vinse con grand'arte
cacciando Longobardi d'ogni parte.
36. Poi scrive come in Cipro giunto Amone
Nascimento di Renaldocon le reliquie sue di Chiaramonte
di Beatrice in mezzo d'un vallone
Rinaldo nacquele cui prove conte
che fece ne la infanzia sol espone
alor che 'l figlio suo d'Anglante il conte
ebbe condutto sin al mar Euxino
a star col suo diletto Rinaldino.
37. Ma nanti ch'i doi fanti assai cresciuti
poscian trovarsi insieme in quelle bande
torna il dottore scrivere gli arguti
consigli d'Orlandino e il senso grande;
lo qual un giornoco' capelli irsuti
e con la gonna che d'intorno spande
ben mille strazzemendicava in Sutri
tanto che sé con la sua madre nutri.
38. Ecco si 'ncontra in un bel giovenetto
Oliveroche poifigliuolo di Rainerdett'Olivero
lo qual turbossi et ebbe a gran dispetto
fud'Orlando cognatoch'Orlando l'occupasse in sul sentero.
Alza la mano e diedegli un buffetto
su l'occhioche gli venne tutto nero;
et in quel tempo ancora il suo regazzo
piantolli un grosso pugno sul mostazzo.
39. Alor Orlando quel dongello prese
e sotto i piedi tosto si lo caccia
et ancor l'altro afferra e giú lo stese
l'un sopra l'altroe macca lor la faccia.
Corre la plebe tutta per diffese
del figlio del Signore in su la piaccia;
prest'Orlandino lascia lor in terra
corre a la grotta e drento vi si serra.
40. Bertache d'una lepre in foggia vive
Comparazionela qual sempre de cani sente o pare
sentir le voci e pensa ove lor schive
e vede il leporin a sé scampare
la faccia di pallor tutta si scrive
gridando al figlio: - Chi ti fa trottare?
dimmicaval balzanoe donde fuggi?
perchéfigliuol sfrenatomi destruggi?
41Qual occhio è quello e muso che ripporti
livido sí che parmi un saraceno? -
Rispose Orlando: - Vòi tu che supporti
le bastonate altrui né piú né meno
s'un mastin fussi? tanti e tanti torti
ognor fatti mi sonoe nondimeno
soffersi lorse non testé c'ho franto
lo figlio del Signore tutto quanto.
42. Le bòtte mai non son per comportare;
de le parole pur me 'n passarei;
trovo distanzia assai dal dir al fare;
non siamo n'anche Turchi né Giudei;
sol gli asini si ponno bastonare:
s'una tal bestia fussipatirei;
ma son un uomo et uomo esser intendo;
e chi diece men dà vinti ne rendo.
43. Voi ne darete (chiama lo Vangelo)
Evangeliocento per unoe cosí far debb'io;
e chi mi rumpe o pur mi torze un pelo
il collo torzo a lui come vòl Dio;
e se de le Scrittureanzi del Cielo
Interpretatori de la Scritturasi mette a interpretar il senso pio
ogni frate Scapocchia et ignorante
anch'io poterlo far io son bastante. -
44. Parla la madre: - Dehfigliuolnon sai
Proverbioche 'l pesce grande mangia il pargoletto?
Non gir in Sutrichése v'anderai
ti pigliaran i zaffiti prometto!
- Mi pigliaranno? - disse Orlando - guai
a qualunque verrammi a far dispetto!
chése d'un papa fusse ben bastardo
io gli farò parer il fugger tardo.
45. Ma dàti pace tuperché 'l demonio
già non è brutto come vien dipinto:
non sol d'una prigion i' son idonio
rumper le murama d'un laberinto;
ecco su l'occhio i' porto il testimonio
che 'l figlio del Signor mi l'ebbe tinto
col ponderoso pugno; e fu 'l primero
che mi percosseet anco il suo scudero.
46. Cosí l'altra matina l'animoso
dongello dritto corre a la citade:
porta il bastone duro e groppoloso
col qual non fuggirebbe mille spade;
scorre e traversa senza gir nascoso
di qua di là per tutte le contrade
e chiama in alta voce: - O gente bona
fatimi bense Dio non v'abandona!
47. Io v'addimandoper l'amor di Dio
Proverbio de la fameun pane solo et un boccal di vino;
officio non fu mai piú santo e pio
che se pascete il pover pelegrino;
se non men datevi prometto ch'io
quantunque i' sia di membra sí picino
ne prenderò da me senza riguardo;
ché salsa non vogl'io di san Bernardo!
48. Cancar vi mangia! datimi mangiare;
se nonvi butterrò le porte giuso;
per debelezza sentomi mancare
e le budelle vannomi a riffuso.
Gente devotae voipersone care
che vi leccate di bon rosto il muso
mandatimiper Dioqualche minestra
o mi la trati giú de la finestra! -
49. Cosí gridava il pover Orlandino
et or li prega et or piú li minazza.
Ecco gli passa innanzi un fra Stopino
ch'avea di pane un sacco e con la mazza
chiocca ne l'uscio a questo e quel vicino
ch'anco ne vòl de l'altro e piú n'abbrazza
ch'egli portar non puòcom'è l'usanza
di chi non san empirsi mai la panza.
50. Orlando se gli accosta col bastone
Fra Sguarnazzae dice: - O fra Sguarnazzadammi un pane;
questo ti vo' pregar per il cordone
per le gallozze e le bretine lane;
so che l'aspetto tuo d'un bel poltrone
piú presto lo darebbe a qualche cane;
pur fa' come ti parch'in ogni modo
già di volerlo qui piantat'ho il chiodo.
51. - O Iesú Cristo! - disse suspirando
Mudandaquel frate alore via sen va di trotto;
mapiú d'un gatto prestoil zaffa Orlando
per la gonella e fe' 'l mostrar dissotto
chedel suo general contra 'l commando
la sacca non avea del barilotto
sí ben quella del pane in colmo piena
talmente ch'egli move il passo appena.
52. - Sta' saldo- disse Orlando - perché fuggi?
Mi fa di te pietàche sei sí carco;
olàférmatifrateche ti struggi
peggio d'un asinello sotto 'l carco!
A cui dicopoltron? se non t'induggi
per Dioti mostrerò ch'io non son parco
di bastonatecome tu di pane
lo qual tu sei per dare a le puttane. -
53. E detto ciòcome sboccato alquanto
(ch'e' putti e polli imbrattano la casa)
scote la polve col baston del manto
ch'omai poco di quella vi è rimasa.
Perse la pazienzia il padre santo
che 'l brazzo d'Orlandino gusta e annasa
esser non di fanciulloma di Ettorre;
le sacche getta in terra e via sen corre.
54. - Chi cerca l'orbo? - disse alor Orlando
e preso il pane fugge vittoroso;
mai non si guarda in drietoma scampando
va piú che può di qua di là nascoso.
Al fin giunse a la grottae Bertaquando
lo vide con quel carco ponderoso
prima si dolse pel sudor del figlio
poivisto il panevi mutò consiglio.
55. - Or mangiamadre miagagliardamente!
Panem doloris qui t'arreco inanti. -
E detto ciò sin leva un grosso al dente
edopo quellocinque n'ebbe franti.
Berta sen ride solacievolmente
dicendo: - Figliol miosaran bastanti!
cotesti pani per un mese intero.
Voglio mandarne parte al monastero.
56. Verran sí duri e sodi che spetrarli
mistier farà l'incude col martello.
- Piú tosto - parla Orlando - vo' ch'i tarli
lo rodino che darne un bocconcello
a frate alcuno; fa' che non mi parli
di questomadrepiú; ch'al bel bordello
ti cacciareimi vegna la giandussa!
Pasto de frati è fava con la gussa.
57. Anzi farai tu meglio star luntana
se non ti curi crescer in famiglia;
e se vengon trovarti ne la tana
la stangache sta drieto a l'usciopiglia
e su le schiene assettagli la lana.
Fa' ciò che 'l tuo figliuolo ti consiglia;
e se ti voglion predicar la fede
dilli che 'l laico piú del frate crede. -
58. Cosí parlandoil suo baston resume
e corre a la citade apertamente:
ecco li zafficom'è 'l suo costume
in frotta l'han pigliato immantinente;
tutto legato stretto in un volume
portano lui di peso leggermente
lo qual si scote per spezzar le corde
et a chi 'l porta spesso il collo morde.
59. Or finalmente l'han condotto innanze
al padre d'Oliviersignor del loco:
- È questo - disse - quel c'ha tante sanze
e teme il mio valore cosí poco?
Or si comprende che le sue possanze
son come neve al sole e cera al foco!
Ponetilo giú in terra. Dimmifrasca
non sai ch'al fin la volpe in laccio casca?
60. La forca fuggee tu le corri drieto
giottocavestro e ladroncel che sei;
ancora non sei lungo com'ho 'l deto
e for del Ciel ti credi trar i dei?
Presentuoso et animal inqueto
chea far bona giustiziati dovrei
dar mille stafilate a piú non posso
che 'l cul di sangue avessi negro e rosso! -
61. Rispose Orlando: - Perch'io son legato
Animosarispostatu mi chiami cavestro e ladroncello!
d'OrlandinoSe de le braccia i' fussi liberato
ti mostrarei che sei di me piú fello.
Io son d'italiano sangue nato
e la mia casa «Chiaramonte» appello.
Mio padre vive ancor et è Milone
contra ragion bandito da Carlone.
62. Però tu parli come poco saggio;
né sai chi parla troppo se ne pente;
tu pensi ad un furfante dir oltraggio
e pur lo dici a Orlando qui presente;
forse non sempre avrai questo vantaggio
se 'l torto che mi fai mio padre sente.
Guardati innanzi e lasciami ch'io vada
ché forse avrai barbier ch'al fin ti rada.
63. S'ho rotto ad Oliver tuo figlio il naso
Fizione poeticaesso m'ha rotto prima l'occhio e muso.
Se Nicolao Delirans e Tomaso
scendesser con soi libbri dal Ciel giuso
a darmi torto in questo nostro caso
io gli direi che la conocchia e il fuso
sarebbe meglio stata ne lor mani
che diffinir di Dio li sensi arcani.
64. Levàtimi da torno queste corde
se nonle romperò sol in un scosso;
né aver al detto mio l'orrecchie sorde
perché ti veggio la ruina addosso
dico Milonche 'l deto già si morde
per franger il tuo corpo d'osso in osso
e darte a' cani te con la tua schiatta
fin che su la radice sia disfatta. -
65. Quando Rainer intende d'un infante
minaccie che porrian spavento in Cielo
e che si vede un Miloncin avante
che ben lo rassomiglia a l'occhioal pelo
cangiossi tutto quanto nel sembiante
né poté far ched'amichevol zelo
compuntonon piangesse il caro amico
vedendo il figlio suo fatto mendico.
66. Presto che sia slegato fa commando
et ubedito in un instante venne.
Un capriolo parve alor Orlando
chescioltogià in quel loco non si tenne
ma per le scale giú corre saltando
s'avesse agli alti balzi intorno penne;
mille citelli vannogli da tergo
Gridando semprefin al proprio albergo.
67. Ove 'l cortese damigelloin vece
di bon ministro de la Madre Chiesa
del pane tolto al frate dianzi fece
prudentemente una pietosa impresa
dandol a que' citelli. - Piú mi lece
- dicea - porger a questi la diffesa
contra l'orribil fame che dar pasto
ai musichi d'Arcadia sotto 'l basto! -
Conclusione
68. Or su non piú; ché d'ignoranzia un vaso
farmi bandir dal Ciel par si prometta;
e perché di cervello non men raso
lo veggio che di testain mia vendetta
voglio tacerche non mi dia del naso
là dove spesso mi forbisce e netta
liber novarum legum quem de foeno
quidam composuerunt ventre pleno.
69. Lasciànlo dunque star in sua malora
Pandora che fu d'ogniche non si urtasse al scoglio d'una gobba
gobba cheal vaso eguale di Pandora
contien de morbi un'infinita robba.
morboseminatriceMeglio sarà che l'unica signora
mia Caritungazoppasguerza e gobba
Caritungasi alzi la gonna e mostri a lui l'ecclipsi
Gobboscrivendo per le vie: quod scripsi scripsi.
70. Scripsi scribendae scriver anco voglio
Grifalcofin che Grifalco non verammi stanco;
ruppi mio legno in fortunato scoglio
che piú di solcar onde omai son franco;
e se l'inchiostrola lucernail foglio
e l'Orsatino mio non fiami manco
anzi se Morte non mi chiude il passo
spero di lui dirà Cirra e Parnasso!
OTTAVO CAPITOLO
1. L'istoria del beato Griffarosto
Astuziadel pettoche per domenticanza ne la penna
rimasta mi eraor la mia Musa tosto
di lui cantando carca su l'antenna;
Musa cheaccortamente dal proposto
cadendomentre dir Orlando accenna
un vento par che dal culino vaso
minaccia le calcagna e dà nel naso.
o vòicorreggia2. E cosí advenerammi finalmente
Santo Georgioquello ch'ad un pittor di villa occorre
ch'un santo Georgio armato col serpente
pingendovòl sembrarlo al fort'Ettorre;
al fin si scopre un mastro cavadente
che tutte le città pel mondo scorre
s'una mulazza vecchia con le cure
da guarir piaghe e mille altre rotture.
3. Io dunque d'Orlandino canto poco
Notandoe molto piango de l'altar di Cristo;
io fingermi «pitocco» movo a gioco
e del fallir de' chierici m'attristo;
di for Cerere e Baccodentro invoco
lo mio Iesúche faccia omai sia visto
sott'ombra spesso del nobil vangelo
Ipocrisiaregnar Satàn d'un cherubin col pelo.
Narrazione
4. Fu in Sutri un gran prelato molto grasso
o fusse abbate o qualche altro vicaro:
cascavali la panza fin da basso
ch'un porco tal non vide ma' gienaro;
per non sleguarsi andava passo passo
a la taverna spessoal tempio raro;
e questo gli accascava perché sempre
ieiunium praedicabat pleno ventre.
5. Rassimigliava propriamente un bove
Comparazionechetolto da l'aratro e in stalla chiuso
convien ch'ivi s'ingrasse e si rinove
per uscir poscia d'uno in l'altro buso;
tu 'l vedi che a fatica il passo move
cascandogli 'l mentozzo in terra giuso
quando vien tratto al banco del beccaio
venduto a quatro libre per denaio.
6. Ma quel poltrone manco assai valea
d'un boveonde guadagnasi la pelle.
Quando a scarcar il ventre si sedea
sentivasi tonar le sue budelle
con quella tempestà che vide Enea
portato su da lei fin a le stelle;
e se ambracano e muschio fusse stato
oh d'ambracano e muschio gran mercato!
7. Mille ducati avea costui d'entrata
Entratach'andavan tutti drieto per l'uscita
Uscitadico nel cacatoioperché grata
fu sempre a lui di crapular la vita.
Carne di porco e caole con l'agliata
trippepancette e broda ben condita
di sale e specied'intestine e lardo
eran il suo devoto san Bernardo.
8. Non cosí tosto qualche bon boccone
Comparazionein piazza comparea di pesce o carne
che 'l padre santoin guisa di falcone
lo qual giú a piombo vien viste le starne
davagli d'ongie tal che le persone
di Sutri non potean oncia mangiarne
mercé che 'l Griffo tutti li rapia
sí ratto come il Ciel rapitte Elia.
Elia9. Cingevasi dissotto al scapularo
Acate(né senza questo pò salvarsi un frate)
una gaioffa e di braghesse un paro
che sempre furno il suo fidel Acate.
Né mai gli calse d'altro secretaro
in cui le cose sue fusser corcate
non dico breviarinon missali
nec librum de peccato originali;
10. ma sempre o qualche lonza o scannatura
Eresiao lombo o testa o petto di vitello;
poi d'altre mille cose di mistura
in quel suo gran tascone fea rastello:
uovabutirolardo e di verdura
lattuchebietecaolepetrosello;
e cosí carco di tal libbraria
dicea non esser altra teologia.
11. Era bon mastro in arte coquinaria
Dottrinade Griffarostoavendo in questo un'ampia biblioteca
di varie lingue multa commentaria:
non l'arabescaebraicanon la greca
non la toscanadicotemeraria
che a grande sua superbia oggi s'arreca
eguarsi a la romanae tanto sale
che assai Francesco piú che Tullio vale;
PetrarcaCicerone12. ma l'arciprete santo avea di lingue
sempre di porco e manzo grande copia;
e benché il lungo studioil qual estingue
lo bel color e fa di sangue inopia
l'avea condotto a tal ch'un ciacco pingue
parea quando di giande pieno scopia
pur sempre conservossiogni matina
pigliando un bon capon per medicina.
13. Or dunque Orlando un giorno per ventura
Compassionecomprar lo vede in piazza un sturione
intorno a cui de gente gran strettura
vi era per tòrne ognun qualche boccone;
ma il padre santo a quella criatura
ch'ancor viveva ebbe compassione
di non veder smembrarloe cosi integro
d'un gentil spirtocomprandolo si parte molto allegro.
14. Cacciato si l'avea ne la bisacca
Arcisinagogaove mili'altre cose occulte stanno;
vagli Orlandino drieto con la sacca
da bono e vigilante saccomanno;
ché per nudrir sua madre non si stracca
far ogni giorno a qualche ricco danno;
piglialo ascosamente ne la toga:
- Sète voi - dice - l'arcisinagoga?
15. La Reverenzia Vostra non si parta;
statime alquantopregoad ascoltare.
Nimis sollicita eso MartaMarta
circa substantiam Christi devorare.
Dammipoltronquel pescech'io 'l disquarta
per poterlo in communi dispensare
nassa d'anguille che tu seilurcone! -
e ciò dicendo dàlli col bastone.
16. - Non ti vergognisacco di letame
Vera ipocrisiamangiar sol tu quel ch'ad un popol tocca?
Non sei tu causa de la nostra fame
che tutto 'l mare va per la tua bocca?
E pur d'un scapucin sotto 'l velame
tu cerchi fra la gente vil e sciocca
mostrarti santo e dir quod in tonsura
salvatur tandem omnis creatura?
17. Et io t'annuncio quod tonsura molti
Votodi castitadeha ricondutto al lazzo de la gola
perché tondar dinari son accolti
sotterra de ladroni in qualche scola!
Porcazzo che tu seic'hai quattro volti
e il lardo giú dal culo si ti scola;
or come sofri poi di carne il moto
tu che di castitade hai fatto voto?
18. Lascia quell'infelice criatura
Costumide lic'hai presa per vorarla in un boccone!
Dimmili Santi Padri tal pastura
mangiaron forse? o lecer con ragione
antichi Padriquel si ricerca al mantoa la tonsura
al flocoal scapolare et al cordone?
Falliron elli mai lo esterno manto
col viver parasito e finger santo? -
19. Cotal parole usava un dongelletto
contra un prelato grave et attempato;
e già sí pel rubor sí perché astretto
era di comprar legna a bon mercato
lasciagli la gaioffa e dal cospetto
del volgo ch'ivi corre si ha celato;
prende Orlandin quel breviario e scampa
ch'altro non fu giamai di meglior stampa.
20. Vola per la città la famail grido
StoiciEpicuriche l'arciprete ha perso l'Instituta
con altri libbri posti in loco fido
d'un suo carneroandando ad un'arguta
disputa fatta in capite «Divido
sanguinem Christi» dove si confuta
l'error de' Stoicie provasi Epicuro
esser in domo Dei via piú sicuro.
21. Rainer similementeche Signore
stava de la cittade al regimento
ode che 'l venerabil monsignore
di mal di gola perso avea l'onguento;
poi de la vita lui tutto 'l tenore
viengli narratoet ebbene tormento
perché di Cristo il patrimonio vede
sovente in man di ch'oncia in Dio non crede.
22. - I' non mi meraviglio - disse alora -
se scandalo patiscono gli agnelli
e se vanno le grege a la malora
sotto alcun lupidi pietà rubelli;
ma vogliovi proveder ora ora.
Tosto che quel priore qui s'appelli! -
Al cui fiero precetto il cavallero
con la sbiraglia corse al monastero.
23. Tranno quel mostro orrendo for di tana
e l'han condotto di Rainer al seggio.
Corresi per mirar la bestia strana
cui di grassezza un bue non ha pareggio;
ciascun si stoppa il naso a la profana
puzza di vinodi sudor e peggio;
chi 'l chiama porcochi Sileno e Bacco
chi bottaglionchi di letame un sacco.
24. - Tràtivi avanti- disse a lui Rainero -
Pierouomo di Diosantissimo profeta.
Del spirito devin ogni mistero
so che 'ntendeti e di ciascun pianeta;
la libertade ancorch'ebbe san Piero
libertà grandema poca moneta;
tràtividicoinnanzipadre santo
ché d'un mio caso ho da parlarvi alquanto.
25. So che sapete ancora quanta tripa
richiede il vostro armario di brotaglie
ove piú carne e pesce si discipa
che non han frondi tutte le boscaglie;
né tanta rena in lido al mar si stipa
quanti voi consumati tordi e quaglie;
però vi onoro qui né piú né meno
d'un animai d'urina e fezza pieno.
26. Non hai tutripponazzoalcun rubore
Giudatraditorescoprirti agli occhi mai d'uomo vivente?
pàrti ch'elletto sei d'esser pastore
de la greggia di Cristo per niente?
Peggio di te mai Giuda il traditore
non fe' vendendo il Mastro suo clemente;
né Caifané Annané PilatoErode;
ché per te Pluto di tant'alme gode.
27. Pàrti che i BenedettiAntoni e Paoli
Costumi degli antiquidieder cotali avisi ai soi soggetti?
Mangiavan cardifabelente e caoli
per darli assai piú essempi che precetti
religiosiacciò schivar sappesser de' diavoli
le frode tante e riti maladetti:
dormivan su l'arena e freddi marmi
cantando giorno e notte i santi carmi.
28. Stavan occulti ne' lor chiostra e queti
for de le piazze e dal volgo luntani;
benigni a' viandanti e mansueti
lavando e' piedi lor non che le mani;
e quando uscir volean de' soi pareti
per gir altrove per montagne o piani
un bastoncelloo sia caval di legno
era de la vecchiezza lor sostegno.
29. Ma quelle sue radici e succo d'erbe
son oggidí cangiati in tordi e starne;
e le lor giandemore e fraghe acerbe
son ora per miracol fatte carne;
e le paglie de' letti già in soperbe
coltrine e piume; e quelle faccie scarne
pigliato han volti grassi di tre gole
col color stesso quando spunta il sole.
30. Lor verghe e bastoncelliper miracoli
Notandodi santi d'oggisono be' destrieri;
le celle di cannuzze e gli cenacoli
pigliato han forma de palazzi alteri;
e molte oggi badie son recettacoli
di lorde puttecani e sparaveri.
O stoltipazzisciocchi e forsennati
che 'l vostro aver lasciati a preti o frati!
31. Qual impietade usar si può magiore
che tòr a' soi la facultà per darla
a chi con le campane fan rumore
di nottee poscia in chiesa un solo parla?
Dico quelli che povertà di fore
mostran al volgo e tendon a lodarla
per addescar sott'ombra del capuzzo
la scardovella e guadagnar il luzzo. -
32. Queste parole et altre colme d'ira
dicea Rainero contra ogni ragione;
perché qualunque nel parlar s'adira
convien che 'l sentimento l'abandone;
ma spesso accade ch'un signor delira
parlando de la Chiesa a passione
parendo lor (e pur han torto grande!)
pasto de frati esser le fabe o giande.
33. Rispose alor l'abbate: - Alto signore
con sopportazion vi parlo schietto;
Ecclesia Dei non facit mai errore
non so s'in Tullio voi l'avete letto;
et Aristotelch'è commentatore
oggi al Vangelo soldice in effetto
quod merum laicus non det iudicare
clericam preti et fratris scapulare.
34. Et una chiosa canta quod praelatum
non est subiectus legi "Constantina"
affirmans eo quod nullum peccatum
accidit in persona et re divina.
Et hoc deinceps fuit roboratum
in capite «Ne agro» a Clementina.
Et princepsqui de Ecclesia se impazzabit
scomunicatus cito publicabit.
35. Et anco Thomas dice a la seconda
distinzioncapitol quo di sopra
quod unde Spirtus Sanctum si profonda
possibile non est che mal si scopra.
Per meSignornon voglio che s'asconda
lo viver mio in visuverbo et opra
quando che 'l Salvatore ci ammaestra
parlando a tuttiluceat lux vestra.
36. Mirate com'io porto la camisa
Bonaventuradi lana su la carnee non di tela;
cotal cilizio solamente avisa
s'io vada con mirabile cautela.
Mirate ancor piú sotto! - Alor la risa
prese Rainerché 'l padre gli revela
le cose suecribrando la Scrittura
meglio del gardinal Bonaventura.
37. Rumpelo al mezzo del sermone e dice:
Giustizia- Vos estis doctus piú che non credea;
però cesso in cusarvi; ché non lice
parlar de' santi a chi è de gente rea.
Oh dunque sotto 'l ciel sorte felice
de voi prelatiqui sub diva Astraea
puniri non potestis
d'alcun male;ché 'l mal e ben in voi è ben eguale!
38. Ma perché sète un spirito de vino
Lequatro dimande inqual plu non ebbe (oh voglio dir!) Platone
cerco saper da voi quant'è vicino
lo ciel da terra in ogni regione
enigmadico l'empireo sopra 'l cristallino.
Vostra Excellentia intenda il mio sermone!
Oltra di questo dite giustamente
Secundadimandaquant'è da l'oriente a l'occidente.
39. Due cose giunte a queste intender anco
Terza dimandadesidromonsignore Griffarosto:
ditepiacendo a voiné piú né manco
quante son gozze d'acqua c'ha l'angosto
mar Adriano insin al lido franco
pigliando il Greco col Tireno accosto.
Ultimamentebon servo di Dio
Quartadimandavorei saper qual or è 'l pensier mio.
40. E se di queste quatro dubitanze
Pattomi soglierete presto giustamente
vinti scodelle di busecche e panze
giuro farvi mangiar incontinente.
Ma se con solegismi et altre zanze
sofisticar vorete la mia mente
né rendermi ragion che sia probabile
vi trattarò da un asin venerabile.
41. Tornate al monasteroch'io v'assegno
tutta la nott' e il giorno a su pensarvi;
assotigliate bene il vostro ingegno
se 'l vi cale di trippe caricarvi
e non urtar le spalle in qualche legno
che faccia la pugnata smenticarvi;
oltra di ciòse non la indovinate
voi non sarete piú messer lo abbate. -
42. Trette un sospiro tale monsignore
ch'una correggia si allentò per caso
d'un cotal bombod'un cotal odore
ch'altri l'orecchiaaltri s'ottura il naso.
Partisi di vergogna con dolore
pensando pur s'in Scotto o san Tomaso
lo coco suo trovar sappesse forse
quattro dimande stranamente occorse.
43. Nave non stette mai sí sopra porto
come correa costui sovra pensiero;
e se 'l si vide mai volar un morto
videsi alorbenché fusse leggero
ben trenta pesi e men lungo che corto
fin che pervenne al quondam monastero
entro del qual par anco si discerna
fuisse claustrum quod nunc est taberna.
44. Aveva dunque un coco non men grasso
di séche tutto quanto l'assembrava;
trovalo ch'in coquina un gran conquasso
faceamentre l'agliata vi pestava;
et un gobetto ancor sedeva basso
ch'in speto un mezzo porco rivoltava.
Quando 'l coco venir appresso il vede
non creder ch'onorarlo surga in piede;
45. ma gli commanda che 'l scolato lardo
tenda buttar sovente su lo rosto.
Ma quelloche nel core porta il dardo
al coco audace nulla ebbe risposto;
ma solamente diede un schivo sguardo
a le pignatee via si tolse tosto
entrando in un suo studio e fido loco
dove seguillo prestamente il coco.
46. Né Cosmo né Lorenzo fierentino
CosmoLorenzoMedicide'x Medici mai fece libbraria
simil a questaove 'l spirto de vino
tenea libbri assai di teologia.
Pendon al lato destro et al mancino
di gregocòrso e varie malavasie
barillifiaschi et altri vasi assai
ché 'n cota' libbri studia sempre mai.
47. Lucanichesalcizze e mortatelle
Bibliotecapersuttilingue e libbri de piú sorte
bronzipignattespeti con padelle
carnerisacchicesteconchesporte
piatticattini e mill'altre novelle
per ordine qui tengon la sua corte
fra' quali sempre studia e star gli giova;
ch'altro diletto ch'imparar non trova.
48. Or quivi giuntoad un altar secreto
Piagne e cacadevotamente piega lo ginnocchio;
e con caldi sospiri avanti e dreto
quinci le braghequindi exala l'occhio.
Un Bacco grassorubicondo e lieto
Baccoche giace sopra un strato di fennocchio
Fenochio per beree d'un bottazzo fassi cavezzale
era d'i santi soi lo principale.
49. Né altra Pietade né altro Crucifisso
Baccosede fra doitien su l'altare a far orazione;
Bacco sol èch'ad un parete fisso
doi cherubini arecasi al galene
cherubinicioè 'l boccal dal vino e quel dal pisso
ché quando l'uno piglial'altro pone;
e cosí tutta notte il padre santo
ne orina un fiascoe beven altro tanto.
50. Entrando il cocoa lui disse: - Volete
cenaro monsignorche 'l rosto è cotto?
Ma vois'io ben contemplo il voltosète
sopra voi stesso e d'animo corotto?
Forsepatronvi stimula la sete?
pigliate un poco questo barillotto! -
E ciò parlandospiccalo dal muro
ch'era d'un tribiano antiquo e puro.
51. Prendelo monsignoree tienlo fermo
levandolo con ambe mani a Bacco:
- Pater- dicea - se non si pò far schermo
di porre il santo calice nel sacco
ecco la gola prontail spirto infermo;
se tal è 'l tuo volera lui m'attacco. -
E poscia ch'ebbe orato con tremore
bevendo si cangiò tutto in sudore.
52. Or egli dunqueconfortato alquanto
Marcolfo cocos'asside a ragionarché 'l becco è mollo:
- Marcolfo mi'- dicea - non fu mai santo
piú martire di me né piú satollo
di tante peneaffanni e lungo pianto.
Di rumper mi bisogna pur il collo
se tumio bene solo e mio solaccio
non t'assotigli trarmi for d'impaccio.
53. Mi tengo aver già persa la badia
perché la forza incaga a la ragione;
e sempre usanza fu di tirannia
cercar or quella or questa occasione
di tanto far che suo quel d'altri sia
senza ch'abbian a noi compassione
a noi servi di Dio; però ti prego
aiutamiche sol a te mi piego! -
54. E qui narrògli angosciosamente
le quatro intricatissime dimande.
Rispondegli Marcolfo: - Veramente
dubitomonsignorche le vivande
nostre sol per invidia de la gente
al fin retornaranno fabe e giande;
o magnum tibi et durum infortunium
qui quidem numquam noveris ieiunium!
55. - Ohimè- disse 'l priore - tu m'uccidi
membrandomi ciò c'ho sempre temuto;
tutti son lazzie par che ti diffidi
Marcolfo mioprestarmi qualche aiuto;
trammi di man di questi abbaticidi
tiranni maladettie fammi scuto
contra lor fame c'han de miei denari
che perderemo se non li repari.
56. - Lasciate a me tal cura- disse il coco -
Losturion che già aveach'io voglio far un scorno a quel Rainero;
e condurò le fraude a cotal gioco
che 'l sturion ne tornarà al carnero.
Non voglio dimorar piú in questo loco
mangiato Oriandinoor or mi parto for del monastero;
statene alegro e non vi date pena
Cabrino gobbo vi darà da cena. -
57. Partesi dunque mentre che l'abbate
Astuzia diMarcolfoparecchiasi le bolge per empire;
e mentre si ritrova in libertate
subitamente corresi guarnire
le vestimenta dal patron usate
poi cautamente s'ebbe a dipartire;
lo qual sí ben ne' gesti l'imitava
ch'ognun per monsignore l'appellava.
58. Fra tanto l'arciprete non vaneggia
anzi pur senza affanno sede a cena;
allentasi dai fianchi la correggia
ché l'eppa vòl sentirsi colma e piena.
Un grande armento e smisurata greggia
empisse a l'anno un cotal orco a pena
e le piú volteper star sanomentre
devora sin a l'ossascarca il ventre.
59. Lo gobbo se gli areca un'ampia supa
Metaforadi brodo grassolatesini e panze;
or quivi tutto il mercator si occupa
empir del magazen tutte le stanze;
né attende ad altro la discreta lupa
se non ch'al servitor niente avanze.
«Omnia traham post me» dice 'lVangelo:
sempre servollo in questo sin un pelo.
60. Era già il coco giunto al gran palazzo
e di parlare col signor dimanda.
Incontinente scendegli un regazzo
che l'introduce ratto in quella banda
ove dovea cavarsi for d'impazzo
de la diversa et ardua dimanda.
Quivi trova Rainer con molta gente
che a man il prese molto alegramente.
61. - Avete- disse - monsignor mio bono
pensato ben su le richieste nostre?
- Pensai; - rispose il coco - e quivi sono
venutoacciò ch'al popolo si mostre
ch'io merto esser ornato d'altro dono
che trangiotir quelle busecche vostre
le quali oggi voi laici giudicate
esser il studio d'ogni prete e frate.
62. E purse non in tuttoin parte almanco
Signor mio saggiov'ingannate certo;
perché voi sempre il negro dite bianco
e il bianco esser il negroab inexperto;
non dati orecchiaprego al volgomanco
d'ogni giudicioruinosoincerto:
or che farebbes'intendesse poi
esser in stalla piú asini che boi?
63. Ma per non vi parer un temerario
Paolo eremitaMa<cario>volendo qui lodar il stato nostro
chébenché morti sian Paolo e Macario
pur anco stan depinti intorno il chiostro
mi volgo ad altro dir; ché necessario
mi veggio piú circa l'enigma vostro
chese né Sfinge o Edipo torna in terra
SfingeEdipopossia morirse dramma lo disserra.
64. Oggi voi mi faceste il primo assalto
Soluzione dela primach'io narri quanto 'l ciel da terra dista;
dimandapresto rispondo che gli è sol un salto
provandol senza il «probo» del scotista:
lo diavolo cascando già giú d'alto
quando privollo Dio de l'alma vista
senza de tanti astrologi la cura
vi tolse giustamente la misura. -
65. Meravigliossi a l'ottima risposta
Soluzion de la secondad'un capo di lasagne il pro' Rainero:
- A la seconda - disse - senza sosta;
ché perder la badia qui fa mistero. -
Risponde il coco: - E questa anco riposta
tenemoe risolutanel carnero:
dimandaperché da l'oriente a l'occidente
una giornata fase 'l sol non mente.
66. Quanto a la terza ambigua dimanda
Soluzion de laterzache di saper quant'acque sian in mare
dimandarispondo chese ai fiumi si commanda
con lui non debban l'onde sue meschiare
voglio ch'in polve il corpo mio si spanda
sequante gozze sonnon so contare;
perché come potrò i' tòrvi misura
senza levar de' fiumi la mistura? -
67. Or tacito Rainer per meraviglia
parea co' circonstanti esser di legno:
stringe la bocca e caccia su le ciglia
e già vagli fallito il suo dissegno.
- La Vostra Signoria se meraviglia
- parla Marcolfo - un porco aver ingegno
e questo accade perché v'inganate
pensando quel ch'è coco esser l'abbate.
68. Et ecco vi risoglio qui la quarta
Soluzion de laquartaricchiestaeh'era a dir lo pensier vostro;
dimandaquest'ultimache piú dolosa et arta
credesteor la piú facile vi mostro:
ciascun de voisignorinon si parta
fin che chiaro v'appaia il stato nostro;
voidicoimaginate senza gioco
ch'io sia 'l prioree so ch'io son il coco.
69. Miràti dunque a quello che pensate;
l'enigma vostro liquefatto giace! -
Rainer confuso disse: - In veritate
che piú schiumi pignatte non mi piace;
anzi sarai tu solamente abbate
quell'altro sarà il cocodiasi pace! -
E cosí senza indugio al suo precetto
un cambio tal mandato fu ad effetto.
70. - Vegg'i' or - dicea - che non secondo il merito
San Lorenzovien dispensato il ben ecclesiastico
per cui Lorenzo un sí crudel interito
ebbe col suonon col corpo fantastico;
onde de' mali chierci pel demerito
Opinionede alquantidifficilmente il duro freno mastico
ereticia creder che con l'arte aristotelica
si debbia predicare l'evangelica. -
71. Cotal parole un vescovo presente
Abbatefatto coquinaroavendo a sdegnoch'un soldato ignaro
del stato ecclesiastico clemente
fusse cosí mordace e temeraro
che lo biasmasse fra cotante gente
per colpa sol del novo coquinaro
disse: - Signors'io son peripatetico
piú vaglio almen d'un Borgognon eretico!
Rainero era borgognone72. Cosí parlandoil voltoche fu rosso
prima di vinovenne bianco d'ira.
Rainer si volge a lui tutto commosso
e quasi di vagina il stocco tira.
Lo vescovo temendo si è rimmosso
dal vento che 'n suo danno pronto mira;
volse partirsima Raineral core
tornatodisse: - Or statimonsignore.
73. Eretico non soncome in presenza
Risposta deRainero ereticodel popol mi chiamate in mia vergogna;
ma forse l'alta Vostra Reverenza
mi crede esser un bravo di Sansogna
lo qual a Roma faccia violenza;
e pur Ella fallisceché Borgogna
men crede et al tedesco et a l'ispano
et al francese vesco ch'al romano.
74. Ben meglio credo in l'alta Trinitade
TrinitadePadreFigliolo e insieme Spirto Santo;
e credo di Maria l'integritade
Virgo Mariapoi che di carne in lei Dio prese il manto;
credo ne la mirabil potestade
da Dio concessa a l'uomoper cui vanto
darsi egli pòse fusse ben nefario
Potestà de' pontificinon esser Dioma sol di Dio vicario.
75. Credo ch'el bon Iesú facesse prima
Veni ponere gladiumquello che venne predicar in terra;
credo ch'el suo coltello in ogni clima
venesse porre al mondo pace e guerra;
credo che d'un rubaldo una lagríma
interramdal corlo inferno chiude e il Ciel disserra;
credo che del Vangelo il saldo piede
altro non siasalvo la mera fede.
Evangelica fede76. Credo ch'egli perfettamente bello
Speciosus proportassi barba e gran capillatura;
filiishominumcredo che 'l sparso sangue de l'Agnello
in croceterminasse ogni figura;
donde cred'io ch'uguali ad un pennello
sian quei da' crini e quei da la tonsura;
ben credo che sol chierci fusser quelli
Sacerdotes et pharisaeiche sempre eran a l'opre sue rubelli.
77. Cred'anco chead instanzia d'un malegno
Cayphaspontifice de l'anno e Farisei
Pilato l'inchiavasse al crudo legno
Pilatocon tanto scorno fra doi ladri rei.
Io credo ch'ivi a noi lasciasse un pegno
et una tal memoria che per lei
si cognoscesse a noi placato il Cielo
levando giú dagli occhi a Mòise il velo.
Moise. Levando la figura78. Parlo de la sua cruda passione
Eucaristiae del mirabil dono di sua carne;
la qual mangiandotutte le persone
lascian l'antiqui coturnici e starne.
FiguraCredo che 'l bon Iesú per guiderdone
non voglia torti colli e faccie scarne
Ipocritima sol il cor; e cosí tengo e creggio:
se questo è malnon parloma vaneggio.
79. Credo che sia l'inferno e purgatorio
Sentenzia di san Paoloin l'altro mondoe in questo il provo ancora;
onde con Paolo apostolo mi glorio
esser d'acerbi casi tratto fora
non già col mioma sol col suo adiutorio;
lo qual grida con voce alta e sonora:
«Pericoli nei monti e tempestati
pericoli nel mar e falsi frati».
80. Credo veder in carne il Salvatore
Adiuva incredulitateme spero gioir sempre di sua vista.
Creder di questo piú non ho valore;
aiutami tuvescovo albertista
meamcol figlio di Nicomacodottore
Aristotileoggi allegato in chiesa dal tomista
senza la matafisica del quale
quel primum verbum Dei starebbe male.
Credo ch'un laico peccator si mende
Sentenzia di Gianun chierico non mai: tal è che 'l mostra
Crisostomo(dico li rei). Fors'è che non m'intende
e in domo Dei già invitami a la giostra.
Giostra d'i disputatoriPianpianoprego; ché qui non si vende
d'oggiboni servi di Diola fama vostra;
anzi vi onoro come grati a Dio
e cangiarci col vostro l'esser mio.
Non dico il scapuccinonon la soga
non le gallozzelo cuculloil floco;
so ben che superstizia non v'affoga
in creder che pietade vi aggia loco.
Protesto a tutti che non si derroga
a onor di fratte alcuno sin al coco;
ma sol mi volgo ai lupi e mercenari
larghi nel commandarnel far avari. -
Alor il vescoche per bono zelo
in soccorso di Griffarosto venne
cotal bestieme sotto 'l bianco pelo
di santa e dritta fede non sostenne;
sgombra la sala presto e spiega il velo
di colera nel mar su l'alte antenne.
Rainer sen ride e spesso a drieto il chiama
dicendo: - Cosí fugge chi non ama.
Lo mercenario vede il lupo e scampa
Auttorità del Vangeloperche non gli pertene de l'armento. -
Poivòlto agli altridisse: - Di tal stampa
son tuttiche non stan fermi al cimento
dovendosi ammortar qualch'empia vampa
d'ereticiperché co' l'argumento
sol d'Aristotil vogliono provare
Aristotilequel che con Paolo deveno salvare.
PaoloSincerapuramonda e senza macchia
quantunque esser la fede nostra deggia
nulla di manco un sol error ammachia
la mente mia che forse non vaneggia:
non men credo al garrir d'una cornacchia
che al predicar d'un frateil qual dardeggia
da' pulpiti chimeresogni e folle
che né Iesú né Paolo mai pensolle. -
Qui narra poi l'auttore che Milone
di mezza notte giunse armato in sella;
narra l'amore e gran compassione
ch'ebbe a la mogliee come poi s'abbella
trovando un figlio in quella vil magione
che scorreguizzaiubilasaltella
vedendo il padre che menarlo via
quindi promettee già prendon la via.
Narra lo gran viaggio al mar Euxino
ove trovò ch'Amone suo fratello
scampando dal figliuolo di Pipino
Re Carlocondotto avea d'armati un gran drapello
et ha con seco il forte Rinaldino
d'un angioletto piú vivace e bello.
Il qual con Orlandin s'accosta e 'nsieme
fan prove di sua forza molto estreme.
Amon quivi Costanza la regina
ingravidò del gran Guidon Selvaggio;
Guidon Selvaggioquivi narrò poi cena la ruina
di Chiaramonteil foco e gran dannaggio
di Beatrice ancora la rapina
la morte di Rampallo tanto saggio.
E cosí Amon quel caso lor sponea
come di Troia fece il grande Enea.
Onde se mai sarà chi scriver voglia
diffusamente questo mio compendio
il libbro di Virgilio avanti toglia
ove si narra quel troian incendio.
Ho di mangiar che di cantar piú voglia:
peròsignoridate il mio stipendio
il qual sarà di laude un sacco pieno;
et io non mangio laudequand'io ceno!
Ben dirvi ancor potrei come Agolante
prese tutta la Europa et in Parigi
di Franza incoronò lo re Barbante
drizando Macometto in San Dionigi;
la presa di re Carlo; e come Atlante
tolse for de le cune Malagigi
Malagigie come lo condusse in certe grotte
e qui l'ammaestrava giorno e notte.
E come in Roma il giovenetto Almonte
entrò col gran triunfo di vittoria;
e come né per piano né per monte
non era piú di cristian memoria.
Potrei poscia tornare a Chiaramonte
checome di Turpin scrive l'istoria
diece anni andò per l'Asia vagabondo
cercando in marin terratutto 'l mondo.
Potrei scriver ch'Orlando fatto grande
col suo cugin Rinaldo armati insieme
si ritornaro d'Asia in queste bande
ove con forze smisurateestreme
oprorno sí che le genti nefande
di Macometto e paganesco seme
cacciare virilmente; e come al fonte
questo Mambrinquell'altro ancise Almonte.
RinaldoOrlandoMa voglio questa impresa sia d'altrui
c'ho detto assaisignorie forse troppo.
Dati perdonvi pregose pur fui
di andata sguerzo e di veduta zoppo:
puotesi mal per loghi negri e bui
correr di lungo senza qualche intoppo;
donde ne prego Dio che mi sovegna;
et a chi mal mi vòlcancar li vegna!
finisce l'orlandino di
limerno pitocco
da mantova.
CARMEN EIUSDEM AUTHORIS
AD
PAULUM URSINUM
Miraris quod amempuer o placidissimete! Cur
non tesis quamvis membra pusillusamem?
Nonne sub exiguis stat virtus plurima gemmis
ferculaque exiguum reddit odora piper?
5. Cerne brevi quantum est formicae roboris et quam
muneris in modica multiplicatur ape.
Parvus es et PaulusRolandi nomine dignus
Rolandi quoniam robur et arma geris.
In quendam tirannum Pauli
nomine indignum
Quis non esse nefas te Paulum dicere credat
cum tua sit trucibus vita paranda lupis?
Iam dicare magis Saulusdiversus ad illo
qui Saulus primoPaulus at inde fuit.
5. Saulus erat Christi cum persequeretur alumnos
cumque lupus trepidas dilaniaret oves.
At meruit Pauli nomencum voce Tonantis
accepit niveam mitis ut agnus fidem.
Tu verocui gesta placent moresque luporum
10. ammisso Pauli nomineSaulus eris.
APOLOGIA DE L'AUTORE
L
eggesicandidissimi lettori mieifragli altri faceti gesti del lepidissimo Gonella chevolendo egli la openione suasostentare al signor illustrissimo Duca di Ferrarach'assai magiore fusse de'medici lo numero che d'altri professori di qualunque arte si sialegatosi ungiorno il braccio destro in guisa di stroppiato al colloandava quinci e quindigirando per la piazza come se per doglia di spasmo non ritrovasse loco dovefermarsi potesse. Or avenne chequanti mai cosí angosciosamente quello pennarevedeanocon molta lui compassione addimandavanogli qual fusse del suo male lacagione; et eglituttavia simulandosi addoloratoritrovava qualor questaqualor quell'altra infirmitadetal che da tutti loro qualche remedioripportava: laonde lo proverbio da lui stesso pensato finalmente con gli altrimeritò d'essere per esperienzia collocato. Ma veramenteposcia che questafavoletta mia de l'Orlandinosincerissimamente da me compostauscita miè da le mani per complacenzia di chi solo commandar mi puotedirò conbaldanza non manco essere lo numero de' commentatori e interpreti che de' medicitemeraride li qualise rarissimi sono (risguardato il numero lorocopiosissimo) li periti conoscitori de li occurrenti morbiniuno al tuttocommentatore de l'Orlandino mio essere verace sin qua ho isperimentato.Ma Dio volesse almeno che lor interpretazionicosí come resultano in mio dannoe vergognami fusseno per contrario ad utilitade insieme con qualche onorecome sopra la bella canzone del Benevienni lo profondissimo ingegno di GianniPico aver fatto vedemo. Certamente né voglio né per niuna guisa possiomi dellievidenti errori alle dotte persone iscusaredico quanto a l'eleganzia toscanatotalmente di Lombardia (non mediantevi lo studio di essa) da natura rimossa; madel soggetto e materia di essa operetta immeritamente per colpa d'alcunisospettosi ipocriti son io d'infamia non poca svergognato; perchéquantunquealcune cose vi siano poste le quali in gravezza de la fede nostra o sia de laSacra Scrittura o de li relligiosi appaiono esserenulladimanco la meraintenzione de l'autore non vien in alquanti accommodamente intesala qual èvia piú presto inclinata in biasmar li mordaci di essa che morderuniversalmente la candidissima fede nostra. E in segno manifesto di miasinceritade quelle pochette bestieme pongo sempre in bocca d'alcuno tramontanodonde li errori il piú de le volte sogliono repullulare. Vero è che da mestesso confermo poi li relligiosi d'oggi (non dico tutti) esserne potentissimacagionela quale non mi curo testé quivi descrivereove solamente a laescusazione e deffensione mia io sono intento. S'io pongo la istoria dimonsignore Griffarostola intenzione mia non fu però d'alcuna particolaritadeconceputo; anzi voglio che sotto l'ombra di essoeccettuata la reverenziasempre de l'integerrimi prelatistiano tutti quanti li simili soinon avendoviun minimo riguardo a le minaccie d'alcunili qualiper sua verso me contraragione malevolenziadi mie calumnie sono seminatori. Ma di molto piú momentopotriami parere la sciocca saviezza d'alcuni altrili qualidi continuoperfumandosi di muschio e ambracanocosí a noia e schifo pigliano quellapiacevole e risoria giostra miane la qualesí come ancora in altri passi diessa operettafassi menzione di sterco e puzzonon attendendo loro la personalorda e vieta e stomacosa d'un furfantela quale non mi sdegno reppresentarviacciò che per mezzo di poter dire baldanzosamente ogni cosapervegnasifinalmente a la veritade; ché quando d'altra materia non cosí vile ioparlassilo nome mio appropriatoanzi niunovi antiponerei. Pur questa loralterigia di mente poco mi offendeché tal opera non composi a similisputasenni; ma veda chiunque di loro quello che sanno in mio scorno e infamiascrivereché forse udiranno le colonne profetizare insieme con li pareti delor vitaché dove sentesi la doglia ivi corre la lingua. Questo simile dico dele parole uscite talora da la penna men che onestamente publicateperché nonmolto disconvenevole mi parve in simile soggetto fingermi «pitocco»ne laqual persona dovendosi recitar una comediaragionamenti soluti e strabocchevoliaccascarebbono. Ben vorrovisingularissimi amici mieiesservi alora odioso ereproboquando la vita e' costumi a le predette immondizie corrisponderanno.Mas'io vi paro singularmente tassar alcuna personanon è però ch'uomo qualche si sia poscia quella imaginare non che sapereperché non mi reputolealmente aver nemico al mundo tanto da me odiato quanto l'anima mia da merisguardata: bastami solamente che ambi noi sapiamo di cui si parla. Or dunquela mera veritade via piú satisfacevole vi sia che la presente Apologiacandidissimi lettori meila quale dal seggio suo constantissimo giamai non siparte. Molto ancora vi si potrebbe dire; ma lo già detto agli animi generosi eleali so bene che troppo lungo e fastidioso appare; però la nobilitade d'ognialto spirito non si dignaràsperoleggere cotal mia satisfazione in una notteimpetuosamente compostaessendomi da non so cui potente tiranno minacciato; eio con ogni veritadela quale parturisce odiomi son posto a tentar disodisfar a lui con gli altri di simile sentenzia.