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TEOFILO FOLENGO

 

ORLANDINO

 

 

ORLANDINO

PER

LIMERNO PITOCCO

DA MANTOA

COMPOSTO

 

Mensibus istud opus tribus indignatio fecit.

Da medium capiti; notior author erit.

Orlandum canimus parvumparvum unde volumen.

Si quid turpe sonat paginavita proba est.

 

 

 

 

SONETTO DE L'AUTTORE

 

Molte malizie copre in sé la volpe

E perde chi le crede fin al gallo;

Ragion però non era che 'l cavallo

L'ossa tenendoa lei desse le polpe.

5. I' t'arricordo che per l'altrui colpe

Nanti la piva entrat'i' son in ballo;

Volsi por mano in trasmutar metalloAlchimia

Senz'arteond'è ch'i' mi disnervi e spolpe.

Cotesta mercantia mi vien di Fiandra

10. Ove lo seme nacque de' pedocchi Pedocch

Che musico gentil m'han fatto d'arpa

Cosí fusse l'auttor de la Leandra

Acciò che 'l cancar gli mangiasse gli occhi

In un fondo di torre fatto a scarpa!

 

 

A FEDERIGO DI MANTOA

MARCHESE ILLUSTRISSIMO

 

 

[PRIMO CAPITOLO]

 

1. Magnanimo signorse 'n te le stelle

spiran cotante grazie largamente

piovan piú tosto in me calde fritelle

che seco i' poscia ragionar col dente;

dammi ber e mangiarse vòi piú belle

le rime mie; ch'io d'Elicon niente

mi curoin fé di Dio; ché 'l bere d'acque

(bea chi ber ne vòl!) sempre mi spiacque.

2. Ben trovo ch'un fiascone di bon grego

versi cantar mi fa di vinti piedi;

tanti dottori disputando allego

che a me piú ch'a Tomaso e Scotto credi;

né dirti so cotanti «probo» «nego» Disputazionide' frati

purché qualche argumento mi concedi;

non parloti cristero né supposta

ma qualche bon capon o d'oca rosta.

3. Ti accerto ben ch'io canto il Miserere

né ad «vitulos» son anco giunto mai;

Boezio di trent'anni sul tagliere

mi dà sempre ristorsí come sai;

peròse vòi ch'i' cantio bel missere

da' del fiato a la piva o poco o assai;

fiato di zancie noma intendi bene:

mangion e bevon anco le Camene!

4. O tempi grassio giorni fortunatiEsclamazione

quando e' poeti si trovorno boni

mercé Gian Bocca d'or de' Mecenati

ch'ingrossar fenno già molti Maroni! Virgilio

Or non cosí piúno; ch'oggi piú grati

son gli ubriachisguattari e buffoni

de quelli ch'immortal pon far altrui

perch'«est» apprezzan piú d'«eram» e «fui».

5. Ma tulettorchi sei? férmati al varco

anti che 'l mio batell' entrar comince;

tràtti in dispartese d'invidia carco

guardi cagnesco et hai vista di lince;

tal mercantiat'avisonon imbarco

perché talor la colera mi vince

e la senapra montami sí al naso

ch'io non sto dir: - Va' drietoSatanaso! - VaderetroSathanas

6. Anzi col pugno ti rispondo a l'occhio

di ciò che parli in questa e quella orecchia.

Poltron che seinon vedi ch'al ginocchio

rott'ho la calza e la gonnella vecchia?

Non odi tu mia voce d'un ranocchio

quando montar la rana s'apparecchia?

Peròs'io canto malefia scusato

ché 'l lupo si pentí cantar famato. Proverbio

7. Ma 'l spirito gentilequal si sia

che mosse amore dirmi l'error mio

ringrazio molto; ch'altra cortesia

non trovo a questa egualin fé di Dio.

Pur saper dè' ch'io son di Lombardia Lombardie Toscani

e ch'in mangiar le rape ho del restio;

non peròse non nacqui toscoi' piango;

ch'anco lo ciatto gode nel suo fango.

8. Però DanteFrancesco e Gian Boccacio

portato han seco tanto che sua prole

uscir non sa di suo propio linguaccio;

ché quando alcuno d'elli cantar vòle

non odi se non «buio»«areca» e «caccio»

né mai dal suo Burchiello si distole; Burchiello

e pur lor pare che 'l tempo si perda

da noise nostre rime fusser merda.

9. Se merda son le nostrea dirlo netto

n'anche le sue mi sanno succo d'ape;

dati perdon al mio parlar scoretto

ch'in chiaro lume nebbia mai non cape;

e questo voglio ch'a color sia detto

che chiaman: «lombarduzzo mangia rape»; Lombardomangia rapa

serbo l'onor de l'inclite persone

ad altri grido: «tosco chiachiarone». Toscanochiachiarone

10. Né alcun di quelli tali m'addimande

di qual auttore questo libro i' tolsi;

rispondo lor ch'un gran sacco di giande

e duo di fabe in quelle bande accolsi

ove trovai de libbri copia grande

e parte d'essi aver con meco volsi

acciò le giande sian de' pari soi;

ch'assai manco son gli uomini ch'e' boi.

11. Ma se cortesamente alcun sincero

mi 'l chiedecome sempre deve farsi

ecco la causaecco 'l volume intiero

gli arecoacciò ben poscia saziarsi

e chiaramente intenda di liggiero

quai libbri falsi e quai sian veri sparsi;

ma non gli faccia mia lunghezza nausa

ché lungo dir convien in lunga causa.

12. Signori mieison stato in Val Camonica Vallebressana

per consultar le strighe di quel loco

se mi saprebbon di Turpin la cronica

mostrar per forza d'incantato foco;

una vecchiarda in volto malenconica

rispose alor con un vocione roco:

- Gnaffe che sítu la vedrai dibboto;

entra qui tosto mecoe non far motto. -

13. I' non mi 'l fei ridirma s'un montone

ratto mi vidi al ciel con gran diletto;

poivòlto il freno verso l'Aquilone

discese in Gotia dentro a quel mar stretto;

et ivi di sua man un gran petrone

alzandoaperse un buco sotto 'l tetto;

si trasse dentro et io seguilla apresso

per meraviglia fora di mi stesso.

14. Cento cinquanta millia e piú volumi Libbrinovamente trovati

(già non vi mento!) vidi in quella tomba

ch'e' Gotti anticamentecoi costumi

de porci e col rumor che 'n ciel ribomba

trasser per tanti montivalli e fiumi

d'Italia forla qual par che soccomba

a simile canaglia sempre mai:

la causa ben direima temo guai.

15. Di Livio qui le deche sono tutteLivio

e quelle di Salustio assai piú bone; Salustio

qui di Turpin fur anco ricondutte Turpino

quaranta deche in gallico sermone;

io tre di quelle provo esser tradutte

in lingua nostra per quattro persone;

sol il principio de la prima i' tolsi

né 'l pargoletto Orlando passar volsi.

16. Sol d'Orlandin i' cantoe nondimeno

quando Turpino divertisce altrove

de l'ordinario suo non m'alieno;

ché donde in molti luoghi si rimove

o quatro o cinque stanze v'incateno

acciò che 'l libbro mio non si riprove;

e forse fia col tempo chi su questo

dirà diffusamente tutto 'l resto.

17. Di quanti scartafacci e scrittarie

oggidí cantar odo in le boteghe

credeti a meson tutte cagarie

piú false assai de le menzogne greghe;

fatenebei signoriforbarie

ch'ognun il naso noma 'l cul si freghe;

sol tre n'abbiamo vere in stil toscano:

Boiardo le trascrisse di sua mano. MatteoMaria Boiardo

18. Come l'ebbe non sosassel Morgana;

ché con le strighe anch'egli ebbe mistade;

di che mi penso ch'entro quella tana

fusse portato a l'ultime contrade

onde togliesse quella piú soprana

parte che valse a gran celeritade

ma non finí tradurle in nostra lingua

ché Morte ogni opra pia truncar s'impingua.

19. Però lasciò imperfetta la seconda

la qual finisce Ludovico a pieno; LudovicoAriosto

né qui Francesco Cieco piú s'asconda FrancescoCieco

che gli rubbò la sestae nondimeno

vi giugne assai per farla piú gioconda

onde gli vien da noi creduto meno;

l'ultima diede con sua propria mano

al spirito gentil Poliziano.

20. Polizian fu quello ch'altamente Angelo Poliziano

cantò del gran gigante dal bataio

et a Luiggi Pulzi suo cliente Alovigi Pulzi

l'onor die' senza scritto di notaio

pur dopo si pentí; ma chi si pente

po 'l fattopesta l'acqua nel mortaio;

sia pur o non sia pur cotesto vero

so benchi credde troppo ha del liggero.

21. Queste tredunquedeche sin qua trovo

esser dal fonte di Turpin cavate;

ma TribisundaAncroiaSpagnae Bovo

co' l'altro resto al foco sian donate;

apocrife son tuttee le riprovo Apocrifie autentici libbri

come nemighe d'ogni veritate;

Boiardol'AriostoPulci e 'l Cieco

autenticati sonoet io con seco.

22. Autentico son ioperché la prima

deca del gran dottore v'antipono;

e benché era misterio d'alta lima

pur basta assai che 'l vero qui ragiono.

E cominciando de la storia in cima

la corte di re Carlo pria dispono;

poscia diremo comequale e quando

e di qual padre nacque il conte Orlando.

23. Orlando che non ebbe in terra eguale Orlando

né d'arme né d'onor né di fortezza;

Orlando de gli erranti principale

ch'usava in l'altrui bene sua destrezza;

Orlandosotto 'l cui brazzo fatale

andò la fede nostra in somma altezza;

Orlando saggioOrlando sí gentile

che 'n sue lode vorei d'Omero il stile.

24. Prima vi narro duodeci baroni

che «paladini» fannosi chiamare;

di Carlo e de la Chiesa campioni

boni per terra et ottimi per mare;

amorefederagionarmeronzoni

erano lor diletto e gioie care;

guerreduelligiostretorniamenti

son proprio pasto de sí fatte genti.

25. Milon d'Angrante era di lor primieroMilone

poscia duo soi fratelliAmonOttone;

Danese Ugieri e 'l bergognon Rainero

poi di Bavera Namo e Salomone; Cortevecchia di re Carlo

Rampallo che fu padre di Rugiero;

quel di Bordellail gran signor Ivvone;

Morandoe d'Agrismonte Bovoe quello

Ginnamo di Maganza iniquo e fello.

26. Questi dopo Milon pari d'onore

furon in corte e ne' stipendi soi;

non però tutti eguali eran di cuore

perché sovente tra gli franchi eroi

scopresi qualche ingrato e traditore

come leggendo intenderete poi;

di quelli dico dal falcon biancoMaganzesi

che 'n frode mai non ebber il cor stanco.

27. Saper voreio astrologhi e geomètri

che 'l ciel non che la terra misurate

di qual violente stella cosí tetri

cosí maligni influssi a le contrate

piovono di Maganzao pur quai metri

de' nigromanti et importune fate

moveno sí cotesta gente ria

ch' un sol non è che traditor non fia.

28. Né ardisca dirmi altrui che Sansonetto Sansonetto

fusse figliuol di Gano o d'altro tale

perché non venne mai d'un maladetto

falsario ingannatoruomo leale;

il voltogli atti et ogni bell'effetto

german il fan d'Orlando naturale;

Turpin ciò scrivee chi mi nega questo

nega del detto auttore il fidel testo.

29. Son certi pedantuzzi di montagna

chepoi c'han letto Ancroia et Altobello

e dicon tutta in mente aver la Spagna

e san chi ancise Almonte o Chiariello

credono l'opre d'altri sian d'aragna

e sue non giàma d'un saldo martello;

le cosí avien che l'asino di lira

crede sonarquando col cul suspira.

30. Ma poi che furon d'elli parte estinti

parte stracchi rimaser per tropp'anni

Carlo si ellesse duodeci de vinti

gioveni fortiai bellicosi affanni

ecome era costumeli ebbe cinti

di brandosproni e militari panni

ch'oprasser meglio il brando per la fede

che 'l predicar a 'n popol che già crede.

31. Vorrei pur io veder che i nostri tanti

teologi e soldati cosí vari

appresentati del Gran Turco innanti

vellent antiquos patres imitari

li qualis'oggi in Cielo sono santi

non l'han già racquistato con denari

ma chi col predicar e chi col brando

sí come fece Paolo e 'l cont'Orlando.Paolo apostolo

32. Orlando fu di quelli capo e guida Corte nova dire Carlo

poscia l'invitto suo cugin Renaldo

segue Oliver ove ogni ben s'annida

Astolfo il bello aventuroso e baldo

Ganostirpe di Giuda et omicida Ganotraditore

falso de' falsiperfidorubaldo

figliuol non d'uomo né da Dio creato

ma il gran diavol ebbelo cacato.

33. Succede a questo lupo la colomba

colomba non di forzema di vita:

dico Dudonche con sonora tromba

ciascun per santo e forte in terra addita.

Non manco di esso il gran nome ribomba

di Malagigipallido eremita;

pur furon differenti e' santi loro:

angeli questidiavoli coloro.

34. Poi Vivian suo fratee Rizzardetto

che volse farsie non potégigante;

segue Gualtier che fu di piú intelletto

che di fortezzaonde spesso le piante

mostrò co gli altri al ciel; poi Sansonetto

Ricardo poid'ingegno assai prestante;

Angelin manca dirvi et AngeleriSottopaladini

AvinAvoglioOtton e Bellingeri.

35. Fra' duodici non vengon questi sei

ma «sottopaladini» son chiamati

perché nel gran consiglio a quatroa sei

entrans'alcun de' primi son mancati;

ebber ne l'armi già molti trofei

dico col cul in terra scavalcati;

e fu tra loro tanta cortesia

che sempre traboccòr di compagnia.

36. Orlando solper sua virtúdi Roma Orlando

era confaloniero e senatore

e fu sopra di sé la nobil soma

ch'anco portò Milon suo genitore;

egli tenea la terra umile e doma

sol de' soi fatti egregi al gran rumore.

Namore SalomoneGanoUgieri NamoSalomone

furon di Carlo e' quatro consiglieri.DaneseGano

37. Il gentil Olivier sopra un convito Olivier

sempre fu siniscalco ne la corte;

d'ordir un ballo Astolfo era peritoAstolfo

e l'esservi buffon toccò per sorte.

Turpin fu 'l capellanoet anco ardito:Turpin

a molti Saracin diede la morte;

ma piú del pastorale usò la lanza:

l'una magrisce e l'altro fa la panza

38. Rinaldod'ogni bon compagno padre Rinaldo

benché piú de le volte andasse in bando

era logotenente ne le squadre

del suo caro cugino conte Orlando;

commerzio ebbe talor de genti ladre;

capo di parte per menar il brando

nel sangue di Maganzae Chiaramonte

sua prole vindicare di tant'onte.

39. Tal ordine di quella corte altera

pose re Carlo; e qui Turpin la scrive

acciò ch'abbio lettorla storia vera

e che da sogni e favole ti schive.

Fattime dunqueo genteintorno schiera

et ascoltate queste rime vive

vive cosí che forse un gardelino

vi parerò di quelli del molino.

Narrazione

 

40. Ne l'inclita citàch'è capo e fonte Parigi

de l'alma Franzadicovi Parigi

col scettro in mano e la diadema in fronte

regnava Carlo Mano e san Dionigi: SanDionigi

questo di Europa regge pian e monte;

quello tira nel Ciel per suoi vestigi

chiunque in l'alta Trinitade crede

alzando a son di spata la sua fede.

41. Eran di Iano chiuse le gran porte

e 'l bellico furor post' in catene;

la pace e libertà con bella sorte

ivan d'invidia sciolte e senza pene

le quali de' tirranni ne la corte

riposto avean lor speme et ogni bene;

ma dove ambizion e 'nvidia regna

difficil è che mai pace si tegna.

42. Quanto mai cinge 'l mar e vede 'l sole

tre capi coronati avean diviso:

quinci Mambrinomaladetta proleMambrino

tien tutta l'Asia e brama il paradiso Asia

(ché quanto piú s'acquista piú si vòle

e chi non sa rubbare vien deriso);

quindi Agolante l'Africa si gode AgolanteAfrica

e pur non esser Dio del Ciel si rode.

43. Ah maledetta rabbia d'avarizia Esclamazione

ch'ogn'ordine soverte di Natura

che per servar tra popoli amicizia

interpose de' regni la sgiuntura

de marifiumi e monti; e la malizia

tosto ruppe de' termini le mura!

Però l'Italia non piú Italia appello

ma d'ogni strana gente un bel bordello.

44. Sol de l'Europa Carlo si contenta Carlo Europa

e lei diffende da que' crudi cani;

chése di guerra alcun di lor il tenta

mostrali tosto c'ha l'ungiute mani;

tanto li battetanto li tormenta

che i fa morir ne' fossi e ne' pantani;

e pur sovente provano lor sorte

tornando in Franza ad incontrar la morte.

45. Stavasi dunque Carlo in festa e 'n gioco

novellamente imperator creato;

papa Adriano primo in tanto loco

l'avea meritamente sollevato;

donde per tutta Europa si fa foco

et odesi 'l rumore d'ogni lato;

ma Franza piú de li altri regni gode

né altro che trombecorni e canti s'ode.

46. Anco di novo l'alta Imperatrice

dal regno ispano venneGalerana;Gallerana

piú de le belle bella e piú felice

era costei d'ogni virtú fontana;

fra cento dame vergini pudice

parea fra cento stelle una Diana.

Pensate che triunfo Carlo face

che 'l Ciel cotante grazie gli compiace!

47. Tutto Parigi sona d'istrumenti

per danzegioghisalti e per coree;

diverse foggie fanno et ornamenti

gioveni arditi e vaghe semidee;

onde gli ardori crescon e' lamenti

de li affocati amanti e amate dee;

ma piú de l'altre Bertach'è sorellaMilon e Berta

di Carloper Milone si flagella.

48. Flagellasi d'ognora nel tenace

amor c'ha preso al capitan Milone;

non mai ritrova posanon mai pace

non mai gli scopre tanta passione;

troppo l'aspetto altiertroppo le piace

l'onorle forzegli atti del barone;

egli nol sama sciolto va sicuro;

però da lei fi' detto alpestro e duro.

49. Piú de le care cose cara tene

questa donna gentil e bellaCarlo;

altra sore non haper che gran bene

le vòle e falle onor quanto può farlo;

purs'egli mai sapesse le catene

ch'avinta l'hanno e l'amoroso tarlo

penso contrastarebbe a tal amore;

ché piú alto maritarla tien in cuore.

50. Dunque una giostra nova fu contento

per leich'assai pregollodi bandire:Natura di Amore

a ciò la move l'aspro suo tormento

e 'l sfrenato desio c'ha di nodrire

l'occhio de folli sguardi; ma 'l talento

d'un cibo tal non sa se non mentire;

ché quanto mangi piúpiú senti fameFame amorosa

né dramma pò scemar di quelle brame.

51. Di Franza tuttaSpagnad'Ingleterra

d'Italia bellaGrecia e d'Alemagna

vengon già tanti cavallier di guerra

che l'alpe ne son carche e la campagna.

La grande piaccia d'un steccato serra

Milon d'Angrantee nulla vi sparagna

perch'era il mastro et orditor del tutto

in fin ch'a l'esser suo l'ebbe costrutto.

52. Stavasi Berta sola e pensorosa

guatando su la piaccia dal balcone;

e mentre s'una man la guancia posa

et al pigior de' soi pensier si spone

ecco in un manto d'incarnata rosa

vide l'obbietto del suo corMilone

che vien luntano sopra un bel destriero;

fallo boffare e tien nullo sentiero.

53. Niun sentiero quel balzano tene

balzano d'un sol piede estremo e manco;Bellezza d'un cavallo

stellato in frontee con sottili vene

ha largo petto e rotondetto 'l fianco;

alza le piante e gioca de le schiene;

qual nevoqual carbonqual corvo è bianco;

bell'è 'l cavallo e bonoma chi 'l regge

piú bello e bono il famentre 'l corregge.

54. Muovel a 'n tempo al corsoa 'n tempo il frena;Arte di cavalcare

quelloche 'ntendeor salta or corre or gira

boffa le nari e foco ardente mena

tutto in un groppo e capo e coda tira.

Ciascun s'allargach'un destrier tien piena

la via capacee scampavi chi 'l mira.

Berta ciò vedeonde nel cor l'abbraccia

chécome neve al solconvien si sfaccia.

55. Amorch'è spirto inquieto e mai non dorme

qui l'attendea già lungamente al varco;

vede natura in lor esser conformeConformità di sangue

onde non gran tirar fu uopo d'arco;

chéquando cessa il mondo esser deforme

pel fredo e vien d'erbette e fiori carco

quando 'l Sol entra l'aureo Montone

nacque la damanacque il gran barone.Primavera

56. Leva dunque la fronte a l'improviso

et accocciò co gli occhi a gli occhi d'ella:

scendeli un colpo d'un modesto riso

che quasi trabuccollo for di sella;

concorre il sanguee spento lascia 'l viso;

e 'n mezo al petto il freddo cor saltella;

bassa la vistae poi mirar vols'anco:

alor ne venneal doppio colpomanco.

57. Pallido e smortovolta il fren altrove

ch'un strano caso e novo l'addolorra;

i' dico novoquando che mai prove

non fatto avea d'amore fin ad ora;

vorebbe irsene a casae non sa dove

prenda 'l sentierotant'è di sé fora;

pur tanto de' stafier segue la traccia

che trova l'uscio e dentro vi si caccia.

58. In quella fretta ch'uomopria gagliardoComparazione

da fredda febbre vien ratto assalito

corre a corcarsie pargli troppo tardo

ogni presto servirtant'è 'nvilito;

perde la forza e cangiasi nel sguardo

cresce la nausa e fugge l'appetito:

cosí Miloncangiato in un momento

tutto che corrail corso gli par lento.

59. Salta d'arzonein gesto qual non sòle

ché 'n mille parti ha vòlto lo 'ntelletto;

chiavasi soloe quanto può si dole

trovando di sospiri colmo il letto;

quivi si cruccia e sfoga tal parole

che 'ntenerir potria d'azal un petto.

- Amor- dicea - crudel Amor protervo

m'hai còlto pur qual sempliciotto cervo!

60. Per far una leggiadra tua vendetta

e punir in un dí ben mille offese

celatamente l'arco e la saetta

tua man spietata in mia ruina prese.

Ah punto infausto! ah stella maladettaLamento di Milone

che contra te mi tolse le diffese

alor ch'io vidi quella faccia infusa

di tal beltadea me sol di Medusa!

61. Misero meche 'ndarno esser sperai

di sí onorevol giostra vincitore!

E tucieco fanciullo e nudom'hai

gettato fuori non del corridore

in terrama di gioia in tanti guai

di bella libertade in tant'errore!

Deh! Diose de' mortali unqua ti cale

dal cor mi sferri questo ardente strale!

62. Pazzo che seiMilon! come non vedi

che non sei pare al grado imperiale?

Se di tal vischio non ritrago e' piedi

che possione sperar altro che male?

E posto che 'l suo amor ella mi credi

non l'averò peròch'i' non son tale

cui la Fortuna un tanto ben dar voglia;Natura di amante

e pur Amor di lei seguir me 'nvoglia! -

63. Mentre solingo crucciasi Milone

e mille fiate vòle e mille svòle

quel che consiglia Amorquel che ragione

facendo come foglia al vento sòle

ecco nel mar ispano si ripone

tra le Colonne il già straccato sole;

surge la notte da la parte adversa;

ciascun in preda al sonno si roversa.

Conclusione

 

64. Et io dico ch'Amor è un bardassola

piú che sua madre non fu mai puttana;

chi 'l chiama «dio» si mente per la gola

ché 'n Dio non cape furia e mente insana.

Amor è un barbagianni che non vola

bench'abbia l'ali et usi in ogni tana;

guardativi da luiché 'l ladro antico

lascia la porta et entra nel postíco.

65. Questo ben sa mia diva Caritunga

quando talor col sguardo torto addochia

qualch'asinello da la coda lunga

che falla porre a canto la conocchia.

Ma lui convien che poscia si compunga

di l'error suoperché qualche pannocchia

vi studia sempree fassi bon platonico;

e chi non ha dinari è malenconico.

 

SECONDO CAPITOLO

 

1. Dammi perdonopriegotiCupidine

s'or ti biasmai co' la tua madre Venere;

so ben che maisenza vostra libidine

possibile non è ch'uomo s'ingenere.

Tu sei degno d'onor e di formidine

ché senza te saria già 'l mond'in cenere;

ondetalor s'io straparlassitolera;

la colpa non è miama de la colera.

2. Anzi ringrazio tegentil gargione

che m'hai fatto baron di gran nomanza:

ho sempre un centenaio di persone

boni da stocco et ottimi da lanza;

giamai non si mi parton dal galoneDoglie di mal francese

e fra loro grido al cielo: «FranzaFranza!»;

la qualsenza passar tant'alpe o piano

con un trattato presi a Cunniano. Cunniano

3. Godea 'l Spagnolo che sotto Pavia

avea fatto prigion di Franza el roy;

et io nel grembo a Caritunga mia

ho preso tutta Franza per ma foy.

A che voler Italia in sua balía

passando or Ada or il Tesin et Oy?

Venite ad mesignoresfaciam todos

baron di Franza e cavallier di Rodos.

4. Ma questa corte sempre qui sen stia Pedocchi

che giura non andarmi mai luntano.

Per me sol un contento si desia

che 'l cancaro mangiasse il Taliano

il qualo ricco o povero che sia

desidra in nostre stanze il tramontano.

Ora torniamo al testo di Turpino;

m'aveggio ben ch'i' son for di camino.

Narrazione

 

5. Levavasi già 'l sole for di l'acque

con un visaggio carco di vin còrso

quando a Parigi il strepito rinnacque

di tante genti per lo gran concorso.

La giostra ch'anti a Berta il re compiacque

si mette in punto: chi 'l stafilchi 'l morso

chi concia 'l barbozzale al suo destriero

per non depporr'il culo sul sentiero.

6. Di frondeerbette e floride corone

pien'è la terrae pare ch'ivi pasca

Titiro la sua greggia; ma Carlone

acciò che gara alcuna non vi nasca

ne' patti fa cotal condizione:

«Chi giú d'arzone nel bagordo casca

non fia capace piú del pregio posto;

ma de la lizza fora uscisca tosto».

7. Scemano li giostranti con tal gioco

fin che l'ultimo resti vincitore.

Quivi non giostra sguataro né coco

ma reduchimarchesi e d'altr'onore;

lo premio è un scuto d'orche 'n alto locoPremio de la giostra

pende con un rubin di tal splendore

ch'ove non pò del sol entrar il lume

esso del solardendofa 'l costume.

8. Sentesi già 'l rumor al ciel diverso

di trombe e gridi d'uomini e cavalli;

era ne l'aere un tempo chiaro e terso

né un picciol fumo sorge da le valli;

chi quachi làchi al lungochi al traverso

urta 'l cavalloaffrenastringe e dàlli;

chi suchi giúchi vachi vienchi sede;

chi síchi noper la gran calca vede.

9. Re Carlo in mezzo a cento capi d'oro

fermato s'era in logo piú eminente;

ciascun là mira e vede il gran tesoro

che 'ntorno lui splendea sí riccamente;

Minerva non giamai sí bel lavoro

trapunse di sua mano a suo parente

quant'era il manto ch'egli in cotal giorno

aver fra tanti regi vols'intorno.

10. Ma pria ch'al ver contrasto e ragionevole

si vegnaodilettorché vi è da ridere;

perch'una tramma occulta e solaccievole

fra' duodeci re Carlo fa dividere.Duodeci paladini

Ecco improvisa venne una festevole

vecchiardache comincia forte a stridere

con un suo corno et a cavall'un'asina

parendo che venisse da la masina.

11. Tacquer le trombe tuttee la bertuccia

(ché proprio di bertuccia apparve in atto)

soffia nel corno quanto pò la buccia

rendendo un sòno tutto contrafatto.

Ma Berta a tal novella si coruccia

presaga già del torto che l'è fatto;

e vede che 'l Danese nel stecato Giostrasolaccievole

era s'un mulo magro e vecchio entrato.

12. S'un mulo magrovecchio e zoppo ancora Mulo

entrat'era 'l Danese ne la lizza;

toccalo ai fianchie quello in men d'un'ora

si volge ratto al frenosalta e guizza.

L'elmo di zuccal'arme son di stora

la sopravesta inversa di pellizza;

e per cimer ha in capo una cornacchia

ch'ivi legata si dimmena e gracchia.

13. Driccia un forcone su la cosciae vòle

che tal sua lanza il scuto d'or guadagne.

Ecco s'una cavallache si duole Cavalla

da quatto piedi et ha cento magagne

Morando qual limaca par che vole

coperto a fine piastre di lasagne;

e porta una pignata per elmetto

la qual si fa cimier del suo cazzetto.

14. Abbassa una cannuccia e fassi targa

contra 'l Danese con un calderone;

sprona la bestia e vien gridando: - Guarda! -

Danese volge a lui col suo forcone;

dànnosi un'aspra bottabenché tarda

fusse per spazio di quatr'ore bone;

fra 'l qual tempo Rampallo vi vien anco

di speronar un asinel già stanco. Asino

15. Un asinel poledro che vint'anni La discrezion del'asino

stentato avea de frati in un convento. ovefu tolta

Pensate quante penequanti danni

ivi sofferse l'animal scontento!

Al fin ruppe 'l capestro e for d'affanni

calci e corregie trette piú di cento;

escampandonefe' da bon ladrone:

rubbò a gli frati la discrezione.

16. Credette a mech'un'onciach'una mica

non vi lasciò di quella il gran dottore!

Rampalloche gli è adossos'affatica

urtar innanzi un tanto corridore.

Eglich'in mente avea già la rubrica

del breviario tutto drento e fore

sí lieto andava in simil essercicio

come gli frati in coro a dir l'ufficio.

17. Abbassa il capo e levasi a la coda

per porre a terra il peso inconsueto;

sprona Rampalloet egli par che goda

andar un passo innanzi e quatro adrieto;

cade 'l barone su la terra soda;

scampagridandol'animal discretto;

ride la turba; e il cavallierlevato

corregli drieto et anco l'ha pigliato.

18. Senza toccar la staffache non v'era Prova diRampallo

salta quel paladino in cima al basto;

arme non have for ch'una pancera

di ferro tuttaruginoso e guasto

ma di tal temprama di tal minera

ch'al becco d'un moscon faria contrasto;

e l'elmo poi sí di splendor adorno

che 'l sol no'l vide mai se non quel giorno.

19. Un baston di pollaio è la sua lanza

di perle tutta ornata e di merdaglie;

ponela in resta al dritto de la panza

d'uno chi 'ncontra vien coperto a maglie.

Era costui Ginamo di Maganza Inganno diGinamo

ch'armi non volse già di carte o paglie

ma sí di piastre; e per celarsi alquanto

di canape vestitte sol un manto.

20. Et un zanetto ancorache di foco Zanetto

esser parealo traditor cavalca;

contra Rampallo il stringe e mancò poco

chementre adesso lui troppo si calca

quell'indiscreto non guastasse il gioco

e con un trave quasi lo scavalca

perché 'l poltroneper far ben del saggio

venne a la giostra con quel gran vantaggio.

21. Tal atto spiacque a tutti; ma re Carlo

tanto piú piacque a l'atto ch'or succede:

manda for del steccato a congietarlo.

Egliscornatoa la sua tenda riede:

gli scherni de la turba non vi parlo

ch'ognun gli chiocca drieto e man e piede;

sol Magancesi rodon la catena

ma Chiaramonte n'ha letizia piena.

22. Fra tanto Amon e 'l suo fratell'Ottone

eran entrati insieme a sòn di corno;

parean che ducent'anni col carbone

servito avesser di Vulcan al forno;

l'un Satanaso e l'altro par Plutone

tant'alecome e fiamme hanno d'intorno;

et a due vacche han posto briglia e sella;Vacca

quest'ha un lavezzo e quell'una padella.

23. Ciascun il suo forcone mette in resta

e move al corso quelle bestie pegre.

Ecco Bovo e Raineri non s'aresta

per tema ch'aggia de le faccie negre;

portan due nasse da pescar in testa

ma indosso di castron le pelle integre;

le lanze son due scope in un bastone;

le targheuna barille et un cestone.

24. Cavalcan senza sella doi stalloni Stalloni

rognosi e pronti a far di le sue zarde

grassi cosí ch'agli ossi de' galoni

hanno appiccatocome fusser barde

duo gran botazziover dirò fiasconi

acciò le genti tosche e le lombarde

intendan quel ch'io parlo; e s'io vaneggio

che meraviglia? sentirete peggio.

25. Lascio di dirvi e' colpi che si danno

con quelle lanze sue non mai piú usate;

tal è la gara e 'l gioco lor che fanno

rumper di risa il petto a le brigate:

dand'e togliendo pel steccato vanno

e pugni e calzi e bone bastonate;

non sí però ch' alcun mai si turbasse

né che 'ndiscretamente altrui pestasse.

26. Fra tanto Salomone con gran fretta

vien con un perticon da filo in resta;

cavalca di gualoppo una muletta Muletta

et ha cusito a l'elmo e sopravesta

gonfie vesicheet una assai mal netta

bragazza da bifolco tien in testa

et una conca per sua targa porta

et al galon di legno una gran storta.

27. Ma per servar Ivvon la vecchia usanza Foggiaantica di combattere

s'un carro a gran stridor di rote viene;

lo stimulo da boi porta per lanza

e la corba del fen per scuto tiene;

dritto non stama con la testa avanza

for de le scale apena; eper star bene

agiatamente sede su la paglia

quel baron forte e cavallier di vaglia.

28. Un bove solo il tira infermo e lento Bove

e Namo fa l'ufficio de l'auriga:

pensate molettoriquanto stento

era di lui condur quella quadriga!

Or giunti al fine drento il torniamento

a tòr e dar ad altri la castiga;

già Namo di menar non si sparagna

la spata noma il capo e le calcagna.

29. Vedestú mai qualche poltron villano Comparazione

(«poltron» s'appella di suo proprio nome)

discalzo cavalcar il suo germano

(l'asino dico) a mezzo invernocome

spesso mena le gambe come insano

acciò di Borea il spirito no'l dome?

Cosí Namo facea cazzando il bove

ch'ad ogni cent'urtate un passo muove.

30. Or son meschiati insieme que' baroni

su quelli animaluzzi magri e vecchi;

pignate e pignatelle e calderoni

padellezucchebarilloti e secchi

fan gran rumorementre co' bastoni

si dan bone derate su gli orecchi

orecchi di destrieriintendi bene:

scherzo che doglia tra lor non conviene. Cortesegioco

31. Otton s'era affrontato col Danese

quello sul mulo e questo su la vacca;

gettan lor aste e vengon a le prese

et abbraciati ognun di lor s'attacca.

Morando ch'indi passa tosto prese

la coda al muloe col tirar si stracca;

Danese da le man d'Otton si snoda

ché for del cul si sente andar la coda.

32. Volge la briglia per girar l'armento

ma tanto fa se quello fusse un muro.

Morando tien tiratoe tal tormento

sent'il mulazzo cheper star sicuro

di non perder la codae pioggia e vento

spruzzò dal buco e d'un impiastro puro

unse talmente il volto a chi 'l tenea

ch'egli non uomoanzi sterco parea.

33. Lascia la coda il bon Morando presto

- Heuquia incolatus sum - gridando forte.

Amonch'era de li altri 'l piú rubesto

su l'altra vacca giunge quivi a sorte;

a Bovo tolto avea la scopa e 'l cesto

e quasi al suo stallon diede la morte;

ma non vede Rainer che per la coda

tien anco la sua vacca e via la snoda.

34. Spiccolla via di netto in un sol crolloComparazione

con la facilità ch'ad un pullastro

smembrar vidi talor dal busto il collo;

onde 'l tapin senza Garbin e Mastro

andò pur giú da bandae riversollo

col suo destrier in guisa di pillastro;

né anco Rainer per quel tirar con forza

puòte star saldoma giú cadde ad orza.

35. La coda c'have in man saltella e guizza

come sòl far una luserta monca. Lacerta

Eccoti Bovo al lungo de la lizza

correc'ha tolto a Salomon la conca;

quello il persegue e finge averne stizza

e tanto or slunga il passo or la via tronca

ch'al fin lo giunse ove Ivvon gran briga

prende sul carro col suo istesso auriga.

36. Ma Namo per combatter faccia a faccia

vòlto al contrariofa di coda briglia;

Ivvon di paglia grande coppia abbraccia

e tutta in capo al bon Namo scompiglia;

eglisommersonon sa chi si faccia

crollasi tutto et ha la barba e ciglia

la boccail naso pien di busche e polve

et in un fascio a terra si provolve.

37. Re Salomonequando Namo vide

sepolto in un pagliaio andar a terra

- Non dubitarbaron! - gridando ride

e con Ivvon comincia un'aspra guerra;

quello su 'l carro al basso giú s'asside

e pugni e calzi e qua e là disserra;

ché Bovo ancor intorno lo lavora

stigando questo a poppa e quell'a prora.

38. MorandoOttonDanese con Rampallo

son attacati stretti in una calca

e van facendo intorno un strano ballo

mentr'un adosso l'altro piú si calca;

ciascunper non tomar giú da cavallo

col cul al bastoquanto pòcavalca;

e presi s'han per piedimani e braccia

e scavalcarsi insieme ognun procaccia.

39. Rampal si volge del Danese al mulo Prodezza del'asino

che co' denti gli tiene l'asinello;

fallo lasciare l'asinettosu lo

girar di testafece un atto bello:

urta del naso e colse in mezo al culo

della cavallae sente odor in quello

odor grato a' stallonie mentre il lambe

trovasi averdi quatrocinque gambe.

40. Alor con la sua voce assai sonora Metafora

quel musico gentil chiamò mercede;

poidritto per giostrar anch'essoesplora

quella targa investir ch'anti si vede;

sta su duo piedima Rampallo alora

spietato e durotosto gli provede;

salta del basto e d'un legnaio in colmo

quanto puote portar carcollo d'olmo.

41. E 'l mastro di capellach'avea cura

accommodar la voce a l'istrumento

non stette saldo a quella battitura

come al martello non sta falso argento;

la chiave di be lungo forte e dura

fatta be mollesi ritrasse drento

sí come la limaca far si sòleComparazione

quando s'encontra a chi beccar la vòle.

42. La risa non vi narro de le donne

che ciòfingendo non guardarvedeano;

e chi cercato ben sotto le gonne

alor avesseforse che rideano

con altra bocca fra le due colonne

ove molte formiche discorreano

per brama di mangiar non pan o vino

ma sol di fra Bernardo il scapuccino. FraBernardo

43. Berta sol è colei che mai non ride

anzi lo riso d'altri piú l'offende;

tace di forma drento smania e stride

ché l'ira quinciamor quindi l'incende.

Carloche di luntano star la vide

cosí sospesagran piacer ne prende;

ella s'accorge e via si tolse presta

fingendo dol di madre o pur di testa.

44. Fugge alla ciambra ecome da 'l costume Furiaamorosa

d'amantial letto buttasi con fretta;

ben si dimostra al guardoal torbo lume

ch'una man fredda al cor le dà gran stretta;

e se di pianto al fine un largo fiume

non vi rompeal'ardor de la saetta

l'arrebbe incesa come far si sòle

d'un legno che cent'anni cocque il sole.

45. Levasi al fine e un paggio di dieci anni

chiamach'un cherubin non è piú bello;

tutt'era adorno in strafoggiati panni

d'un capriolo piú leggiadro e snello;

chiedelo Bertavòlta in grandi affanni

e commanda dicendo: - Or va'dongello

va' ratto ratto in piazza etra le squadre

cercandofa' che vegna a me tuo padre. -

46. Non ti pensar che 'l fante le risponda

anzi qual presto gatto giú descende.

Acciò chi sia 'l citello non s'asconda

dirollopoi che 'l senso qui vi pende:

quest'angioletto da la chioma bionda

che 'n grembo a Vener qual Adoni splendeAdoni

Rugier da Risa nomasich'è figlio Rugiero

del pro' Rampallobianco quant'un giglio.

47. Qual giglioqual ligustro è 'l suo candore

co gli occhi negri et ha capo romano

di sguardo lietod'animoso core

di ben quadrato pettogamba e mano.

Taccio la sua destrezzail suo valore;

gratto a ciascunpiú grato a Carlo Mano

che da Rampal suo padre il volse in dono

e quell'ornò del brando et aureo sprono.

48. Non cessa dunque mainon mai s'attriga

in fin che trova il padre al stolo drento.

Esso cogli altri uscito era di briga

ch'eran caduti in quel torniamento

quando vide 'l figliuoloche s'intriga

fra li cavalli senza alcun spavento;

pensi qualunque padre se gran pena Naturad'un padre

cacciògli 'l sangue al cor for d'ogni vena!

49. Scridalo forte et al tornar l'affretta

come 'l severo padre al figlio sòle;

eglisecurod'arme non sospetta

taglia del padre l'ultime parole:

- Venitepadre- dice - che v'aspetta

madonna Berta che parlar vi vòle -;

poscia si volge e scampa ritornando;

Rampallo il segue a piedisol col brando.

50. Verso il pallazzo vola quel barone

e con Rugier fu inanzi a quella diva;

la qualvedendolpresta in tal sermone

proruppein volto neghitosa e schiva:

- O belle prove che vostre persone

san far in giostre! voglio che si scriva

cotesti vostri fatti nelli annali

di Franza a quelli de' Roman eguali!

51. Chi v'ha sí ben instrutti? dite: quale Furia didonna

fu sí bon mastro vostro di brocchero?

Dricciar potrassi un carro triunfale

a gli alti capitan del nostro impero!

O franchi cavallierche con le scale

sugli asini si balzan di ligiero

che benedetta sia la grazia vostra

poi che m'ornati d'una simil giostra!

52. Qual meraviglia poscia se l'Ispani

vi dicon «botaglionbaghe di vino»!

Voidi bravar sol bonigli altri strani

chiamati «allé villenpagliécuchino»;

quand'è poi tempo di menar le mani

séte peggior del sesso feminino

e pel vostro supé ben spesso accade

ch'Italia vi ritien nel fil di spade. -

53. Rampallo ch'alor vede per grand'ira

la donna dir quel che non sa che dica

sorride alquanto e 'n parte si ritira

ove d'udirla pone ogni fatica

finché smaltisca quella voglia dira

che la memoria et il parlar intrica;

maracquetato poi tal vento e pioggiaPrudenzia de l'uomo

egli parlando piano a lei s'appoggia:

54. - Madonnai' vi ringrazio ch'io sia tale

cui dir si poscia ciò che dir vi piace;

v'accerto ben chese 'l sia ben o male

quel che 'n giostra intervienper me si tace

(anch'io giostrai su quel vil animaleAsino

per non esser fra gli altri il contumace);

quando che chiar vi faccio e manifesto

l'imperator esser cagion di questo.

55. Ver èperché ciò facciadir non so

né for che Carlo altra persona il sa;

quod autem habeo tantum hoc tibi doPetri sententia

ch'un vero mio pensier a me anco 'l da;

vero anzi noma dubbio dirlo vo'

perché la cosa molto queta va:

lo re per voi questo tal scherzo fe'

per mal non giàché v'ama quanto sé.

56. Sí come avienepar ch'ognun s'appaghi

di far l'amico scorocciarsi alquanto;

ma non gridate piúché da imbriaghi

cotal giostra non de' proceder tanto;

sarà chi 'l scotto innanzi sera paghi

se non me 'nganno; e poi darassi vantoVantator spagnolo

quel che si vanta semprelo Spagnolo:

aver vittoria un tratto senza duolo.

57. Se noi «baghe di vino» e «bottaglioni»

chiamanodican questo a quei di Franza

perché di Carlo e' duodeci baroni

sonofor che la stirpe di Maganza

scesi da Romada que' Scipioni Paladinidi sangue taliano

CorneliFabiio d altra nominanza

che Cesarespugnando questa parte

lasciòvi assai del popolo di Marte;

58. e di cotesto poscio farvi fede

col testimon del vescovo Turpino Turpino

ch'un libbro vecchio e autentico possede

lo qual Silvestro scrisse a Costantino SanSilvestroCostantino

ove la nostra origine si vede:

MongranaChiaramonte e di Pipino.

Non siamo ispanifranchi né alemani

non arabeschinoma taliani.

59. Italia bellaItalia fior del mondo Lode de'Italiani

è patria nostra in monte et in campagna

Italia forte arnese chesecondo

si leggeha spesso visto le calcagna

dell'inimiciquando a tondo a tondo

ebbe talor TedeschiFranza e Spagna;

chese non fusser le gran parti in quella

dominarebbe il mondo Italia bella. -

60. Bertach'ode il germano esser cagione

di quel tal scherzo d'asini da basto

ma che giostrar si de' poi con ragione

non fece di parole altro contrasto

ma chiede sol perché non v'è Milone

armato de villani al vero pasto:

perchése sei villan e vòi star beneRecetta per lo villano

recipe un pezzo d'olmo su le schiene.

61. Rampallo disse a lei: - Mi meraviglio

madonnaassai di questo che non venne;

or or m'avento a lui perché consiglio

pigliar volemo insieme del solenne

contrasto ch'esser deve; or stannefiglio

qui con madonna. - E detto ciòle penne

spiegando a' piedil'alte scale scende

et alla stanza di Milon si stende.

62. Ma ritorniamo al rustico certame

de' paladini fatti mulatieri;

or vòto il carro avea Ivvon di strame

e d'altro schermo gli era già mistieri;

ecco 'l suo vecchio bove fea letame:

e mentre co' le spalle i cavallieri

contendon lui col carro traboccare

si corse al cul del bove a riparare.

63. Ivi suppose ambo le man con fretta:

pensate qual fritada vi raccolse!

e fece unnon già d'acqua benedetta

asperges meche Bovo proprio accolse

del volto in mezzo; e poscia qual saetta

pien anco i pugni di quel puzzo tolse

e cosí dritto il bon arcier il scocca

ch'a Salomon stoppò gli occhi e la bocca.

64. Elliabbattuti piú da la vergogna

fuggon for del steccato immantenente;

Carlo gli faper piú scherno e vergogna

sbatter gli piedi e man drieto la gente.

Lo mulo del Danesech'in Bologna

anzi a Parigi stato era studente

ficca la testa in giú da valent'uomo

e col cul alto fecevi un bel tomo.

65. Fecevi un tomo tale che 'l Danese

una stretta da mulo ebbe alla panza;Proverbio

Morando con Otton venne a le prese

et ambo di cascar stann'in balanza.

Ivvonch'era sul carroqui comprese

ch'alla vittoria poco tempo avanza:

caccia lo bove e tanto il driccia e punge

ch'ove son abbracciati al fin si giunge.

66. E qui con quella sogach'al gran traveComparazione

noda il bifolco e stringe paglie o feno

acconcia un laccioe poi ch'acconcio l'have

lor osservando vané piú né meno

ch'altrui losinga e move il piè soave

s'un fugito caval segue col freno;

fin ch'a l'orrechia o altrove dà di mano

torna la brigliae poi gli è duro e strano.

67. Cosí Ivvon mentr'a fatica muove

il carros'accostava a li baroni;

poivisto il trattogitta il groppoe dove

segnato aveala cordasu' galoni

cadendo tira e quei legati smove

traendoli sul carro da gli arzoni;

come talor si vede stanco e lassoComparazione

lo villanel tirar di legna un fasso.

68. Ben vi so dir che gli sudò la braga

nanti ch'avesse il carco su le scale;

e se di lor ognun stretto non caga

convien che for coreggie almanco exale.

Non mai veduto fu cosa piú vaga

ché gli ha legato sí le braccia e l'ale

che non si moven piúse fusser zocchi

e se si moven puntomoven gli occhi.

69. Or qui de trombe piú di cento intorno

comincia il tararan con gran rumore;

vittoria ciascun grida d'ogn'intorno;

la vecchia di la turba salta fore

e nuda come nacque col suo corno

or sona forteor grida in tal tenore:

- Ivvon! viva Ivvon! viva BordellaBordella è citade di Ivvone

ch'empie di croste e voda la scarsella! -

70. Poi spicca un salto e balzasi sul bove

quella vacca leggiadra benché vecchia

e quinci il carro triunfante smove

tanto con le calcagna il bue puntecchia!

Ciascuno di Ivvon viste le prove

buttargli fior e frondi s'apparecchia;

e cosí stando de' prigion in mezzo

uscí for del steccato a pezzo a pezzo.

Conclusione

 

71. Dunque ti dicoo savio e spuda senno

ch'esser ti pare un potta modenese

che qualche fiata le persone denno

tutto che nobil sianfar del cortese.

Ecco del suo signor ch'a 'n sol cenno

han fatto BovoOttonNamoDanese;

e tu ti sdegnirustico villano

aver se non il dio degli orti in mano?

 

TERZO CAPITOLO

 

1. Bramo la coda aver del rubicondo

ch'eri nel fin del canto dissi a caso;

la piaccarei di santa Citta al tondoSanta Citta

acciò ch'ad ambi e' volti avesse il naso.

Quanto so ben ches'io pescassi a fondo

di questi santi ippocriti nel vasoIpocriti

vi trovarei (che 'l Ciel tutti li perda!)

non muschio esser il suoma pura merda!

2. Tu mi dirailettorch'io sia scorretto

e che 'n parlaranzi cagarmi slargo;

rispondo chese 'l buco cosí stretto

stato fusse d'alcun com'era largo

né Giuvenal né Persio avrebber dettoGiuvenalPersio

le sporche mende altrui co gli occhi d'Argo.

Perchécome potrassi dir la causa

di qualche puzzo e non ti render nausa?

3. Vò' tu saper qual sia la cosa che

cercando non ti curi trovar già?

Quest'è: quando a l'oscuro non si ve'

ch'un soldo a te caduto e qua e là

or cerchi co la mano et or col pè

fin che la mano in qualche stronzo va;

tosto la odori e trovi quel che no

trovar volevie il tuo cercar fe' ciò.

4. Ch'io voglia dir su questoben contare

potreima uscito m'è for di cervello;

tal atto spesso avien in predicare

del libro arbitrio a qualche fraticello;Predicatori del libero arbitrio

tu l'odi su le spalle a Dio montare

e cacciar per un ago il suo gambello;

ma uscita non ha poi né sa trovarla:

chi ascolta poco intendee men chi parla.

Narrazione

 

5. Torniamo dunque al testoché la torta

mi sente piú di stizzo che di lardo;

ma voglio qui pigliar la via piú corta

per non giunger Orlando troppo tardo.

Quivi Turpin la storia sua trasportaDigressione di Turpino

in Africascrivendo del gagliardo

Almonte primo figlio d'Agolante

d'animoforza e di beltà prestante;

6. le gran prove che fece e la soprana

vertú ch'al mondo sparse per avere

d'Ettorre il nobil brandoDurindana;Durindana

e come mai no 'l puòte possedere

fin che non descendesse ne la tana

d'un magoAtlanteil quale con minereAtlante mago

di piú metalli e col suo Farfarello

fe' in quattro mesi un incantato annello:

7. quell'incantato anellocui la figlia Angelica

di Galafrone molto tempo dopo

ebbe con seco a grande meraviglia

celandosi d'altrui quand'era uopo;

e ruppe ogni altro incantoché vermiglia

v'era una petra dal sin Etiopo.

Poi si ritorna il mio dottorseguendoTurpino

di Berta dira cui mie rime i' spendo.

8. Ella sí per amor e sí perch'era

donnacome son l'altreimpaziente

per una sua fidata messaggera Frosina

a cui scoperto avea la fiamma ardente

manda pel saggio duca di Bavera

e seco ragionando il fe' repente

portar al suo fratello un'ambasciata

alquanto d'un sdegnetto avelenata.

9. Sorrise Carlo senza altra risposta.

Tacendo assai risponde un gran Signore!Natura de' Signori

E quando annebbia gli occhisenza sosta

scampa nel porto ché 'l mar fa rumore;

ma se 'l guardo ridente miri: - Accosta

accòstati! - ti dicoché del cuore

l'occhio sempr'è messaggio o lieto o torbo;

e questo imprende ognunfora ch'un orbo.

10. Adunquesazio del giostrar mendace

bandiscerinnovando e' pattiil vero:Bando di re Carlo

ma per servar tra soi baroni pace

anco per nova festa e gioco intiero

(come signor che 'l popol suo compiace)

fa bando ch'ogni principe e guerrero

non porti a lato spadastocco o maccia

ma con le lanze sol guerra si faccia.

11. Questa fu la cagion: che due figliuole

avea NamoArmelina e Beatrice; ArmelinaBeatrice

s'ambe fusser al mondo belle sole

ciascun le vòle e meritarle dice.

Danese ebbe la prima; l'altra vòle

Amonse può; ma l'ira emulatrice

de' Maganzesi tenta Carlo e Namo

che l'abbia il conte traditor Ginamo.

12. L'editto dunque fu a ciascuno grato

sol ai signori di Maganza spiacque;

ad ogni sceleragine e peccato

questa canaglia maladetta nacque;

vorria veder di Carlo e gente e stato

sommerso in terra o 'n le maritime acque;

gli capi d'esti cani sí malvagi

è ManfredonGinamo e Bertolagi.

13. Buttò Ginamo il brando via con sdegno

ch'avelenato avea lo ribaldone;

fra loro congiurati era dissegnoConiurazione di Maganzesi

ch'egli ferisca cautamente Amone

tenendosi lor certi ch'ad un segno

sol di stoccata morirà 'l barone

e che sol data sia la colpa al brando

pur ch'abbian poi Beatrice al suo commando.

14. Scingesi ognun la spada con gran fretta

per non opporsi al bando imperiale.

Ecco 'l Danese al sòno di trombetta

con l'asta dritta attende chi l'assale.

Stava una torma de Spagnoli stretta

de' quali Falsiron è caporale Falsiron

et anco era concorde con Maganza

di scavalcar i paladin di Franza.

15. Elli già non sapean tal tramma ordita

di che contra Danese va Ivvone;

Morando similmente fa partita

dal luogo suo correndo in ver' Bovone;

Bovone contra luich'ognun s'aita

mandar il suo contrario al sabione:

ma stetter fermi questi quatro in sella

et iron l'aste rotte a la mia stella.

Digressione

 

16. La stella di Saturno o sia pianeta

è quella che mi fa d'uomo chimera

lo qual non ebbi mai né avrò mai queta

la mentein fantasie matin e sera:

ciò dicoperché officio è del poeta

giovar e dilettar con tal mainera

di stile che 'l lettore non si attedia;

e ciò fa Dante ne la sua Comedia.

17. Quel Dantesai?lo qual «Omer toscano» Lode diDante

appellar deggio semprecome ancora

Virgilio è detto «Omero mantovano»

per cui la patria mia tanto s'onora Mantoa

e chi 'l Petrarca fa di lui sopranoPetrarca

ne l'arte matematica lavora

ché Dante vola piú altoe questo dico

col testimonio di Giovanni Pico. GiovanniPico

18. Lo quale disse ch'ambi hanno l'onore

questo di senso e quello di parole:

vero è che quant'al frutto cede il fiore

quanto del sol il lume ad esso sole

cotanto d'ogni stile il bel candore

concede a quella vasta e orrenda mole

d'un alto ingegnod'un concetto tale

ch'oltra l'ottavo cerchio spiega l'ale.

19. Tal dico ancorch'un Chirie di Iosquino Iosquino

sí come assai piú val di tante e tanti

canzone e madricai del Tamburino Tamburino

(o «merdagalli» gli appellàr alquanti)

cosí parmi che Dante alto e divino

si lascia po' le spalle gli altrui canti

che quanto piú de l'opre val la fede

a Beatrice tanto Laura cede. BeatriceLaura

20. Lettorsta' queto e tien piú corto il naso:

lode di Dante non biasman Francesco;

credil a mese Scotto e san Tomaso

ebber l'onor dinnanzior un Tedesco

o sia di FranzaErasmoaperse il vasoErasmo

lo qual de' frati il stile barbaresco

avea rinchiuso sí che nullo odore

piú si sentia d'alcun primo dottore.

21. Molta scienzia i' trovo d'ogni sorte

ma pochi bon scrittori e men giudicio;

però col tempo s'aprino le porte

di saper sceglier la virtú dal vicio;

o santeo benedetteo degne scorte

a conoscer di Cristo il beneficio!

Ma perché forse i' passo gli confini Iltesto

ora torniamo ai quatto paladini.

22. Ma che farannoche non hanno spate

e sol un breve tronco in man gli resta?

Ecco el piacer de gli urti e bastonate

che dannosi co' fusti su la testa;

ridenociò vedendole brigate

riden e quelli che si dan la pesta;

fra tanto ancora di piú appreziati

baron insieme sonosi taccati.

23. Vinti Franzesi e tanti altri Spagnoli FrancesiSpagnoli

si vanno incontro con lor ast'al segno;

diece Toscani e cinque Romagniuoli ToscaniRomagnoli

sfideno insieme quindeci del Regno; DelRegno

tutti ad un tempo questi armati stoli

pongon e' colpi dov'è lor disegno;

grand'è 'l polvinoil sònoil gridoil strepito

del pazzo volgo e de le trombe il crepito.

24. A l'investir de l'aste ecco e' tronconi

volan in cieloe molti son in terra;

alzan le piante in luogo de' pennoni

e già si vien a la piacevol guerra;

quivi a le pugna giocasi e bastoni

e questo quelloe quello questo attera;

non hanno spadebrandimazze o stocchi;

qual dà col pugno e qual col deto in gli occhi.

25. Mentre si ride accosto di qualcuno

trenta Lombardi e trenta MaganzesiLombardiMaganzesi

correndo fan di polve l'aere bruno.

Ma di Maganza vinti son distesi

e di quel scorno ride ciascaduno;

sol de' Lombardi cinque Novaresi Novaresi

tre Bergamaschi e da Cremona un paroBergamaschiCremonesi

non ebber al cascar alcun riparo.

26. L'aperta sua vergogna ebbe a dispetto

Ginamo di Maganza e Bertolaggi.

Mossero trenta conti e líin conspetto

di Carlo Mano e tanti uomini saggi

contra Lombardi vannochi 'n obbietto

non han se non le pugna e bon coraggi.

Spiacque l'atto villano al re Carlone

et accennò Rampallo e 'l forte Amone.

27. Rampallo abbassa un legno molto grosso

e verso Bertolagi va rinchiuso;

in mezzo de la faccia l'ha percosso

e un tomo fagli far col capo in giuso.

Ruppesi d'una spalla il nervo e l'osso;

pensate s'el mastin restò confuso!

Similemente Amone senza scale

smontar fece Ginamo suo rivale.

28. IvvonBovoDanese con Morando

spartiti l'un da l'altroquasi fiacchi

entroron ne la torma fulminando

e fanno a questo e quello gli occhi macchi.

Chi vòl di pugnin'have al suo commando

s'avien ch'adosso l'ungie Amon gli attacchi;

già vinti n'ha mandato al sabione

empiendo il capo lor di stordigione.

29. Chiunque for di sella si ritrova

mistier gli fa ch'uscisca de la sbarra;

sei paladini già son a la prova

e con le pugna fan pugna bizzarra;

ma par che a lor adesso il mondo piova

ché Falsiron è quello che li abbarra;

abbarrali mandando molti in frotta

poi ch'ebbe ognun di loro l'asta rotta.

30. Qual li percuote a drieto e qual davante

chi ne le spalle e chi 'n le gambe i piglia;

al povero Morando in un instante

del suo cavallo tratta fu la briglia;

Ivvone fatto èd'uomo d'armeun fante

e come in terra sia si meraviglia;

Danese n'ha cinquanta che 'l ritiene

in fin che diede in terra de le rene.

31. Giamai non fu veduto un tal combattere

per cui si slegua il popolo di ridere;

là vedi Bovo e piedi e mani sbattere

sol per puotersi dal rumor dividere;

qua su e giú Rampallo tende a battere

ma la gran calca puotelo conquidere;

Bovoch'ognun il toccapista e vapola

in terra ne le cinge al fin s'incapola.

32. Morandoil cui cavallo non ha freno Scorno diMorando

di trotto al suo dispetto corre intorno:

vole attrigarlo et or la man al creno

or a l'orrechia il prendema ritorno

non fa la bestiach'ad un puoco feno

al fin si restae del patron con scorno

prese un boccon la rozza di quel strame

e 'nsieme mastigando fea letame.

33. Cosí mangiando insieme a stercorando

fa che la risa intrica le trombette;

ei ch'è schernito vennesi turbando

e d'ucciderlo tosto si promette;

pone la destra per cavar il brando

ma no 'l ritrovaonde confuso stette.

Stringesi ne le spallee for di lizza

escie pien di vergogna e piú di stizza.

34. Già sol de' paladini Amon è in sella;

tirano li altri a drieto lor cavalli

col capo chino e rossa la massella

gridando il volgo intorno: «Dàllidàlli!».

Gode Maganza et il Spagnol saltella

et anco improverando drieto vàlli.

Onde re Carlo n'ebbe gran dispetto

e fu per porvi fin senza rispetto.

35. Convien ch'a molti ancora ciò dispiaccia

vedendo tanti contrastar sí pochi.

Amon soletto fassi dar la piacciaProdezza di Amone

e cangia in un momento cento lochi

spicca le piastre e sol con l'ungie straccia

e fa col pugno i visi negri e fiochi

e pur fu già per far de' piedi testa

s'era la lanza di Rainer men presta.

36. Però chein quello corso che fa un cervo

quand'ha depposto de le corna il peso

vien ratto col suo fusto di bon nervo

et un Piccardo in terra ebbe disteso;

poi seguíl Namo ch'un Spagnol protervo

spinse for di l'arzone a capo peso;

Ottone corre ugual a Salomone:

quel batte un Savoinquest'un Vascone.

37. Cotesti quatto in un momento a piede

posero quanti occorser a cavallo.

Or spera Falsiron che fian eredi

del premio i soi Spagnoli senza fallo.

- Io son in porto- disse - già mi cedi

Carlol'onorec'ho ridotto il ballo

al voto nostro in scherno de' Franceschi

ch'ognun di lor non sa ciò che si peschi. -

38. Punge 'l destriere e driccia l'asta al ciglio

e contra Salomone si disserra

lo qual senz'ulla in mano die' di piglio

a quatro spanne d'asta ch'era in terra.

Sta saldo a Falsironema 'l periglio

de l'inegual contrasto giú l'aterra.

Con simile vantaggio Balugante

fece ch'al ciel mostrò Rainer le piante.

39. - O belle prove - grida il duca Namo -

che fare sanno i vantator spagnoli!

Ripportarete il vittoroso ramo

mercé le frode e li trammati doli. -

Risponde Falsirone: - Or presi a l'amo

avemo pur di Marte li figliuoli!

- Secondo il nome tuo fai! - disse Ottone

poi ruppeli su 'l capo il suo bastone.

40. Ma Balugantec'ha lo fusto integro

percotelo nel fianco e 'n terra il getta;

molt'era il falso Falsiron allegro

e por di sella Namo studia e affretta.

Amon che per stracchezza omai vien pegro

n'avea cinquanta intorno a grande stretta

onde qui spiacque l'atto sí villano

a' Pariginie via piú a Carlo Mano.

41. Lo qualvolgendo l'occhio alto e soperbo

chiede perché non vi è Milon d'Angrante.

Bovo ch'era vicino disse: - Io serbo

in altro tempo queste ingiurie tante

senza rispetto per lo giusto verbo

c'hanno confuso il gioco a te davante.

Or lodano pur tech'al tuo commando

non si trovammo a lato mazza o brando. -

42. Mentre Bovo e' Spagnoli ancider vòle

e Carlo provedervi si dispone

Rampallo già di Berta a le parole

entrato era 'l palazzo di Milone.

Corre a la ciambra come correr sòle

l'amico a l'altroe grida: - Ah vil poltrone!

che fai nel letto? - e mentre il sconcia e tiraFamigliar parlare

ode ch'acerbamente egli sospira.

43. - Ahimè! che veggio? e perché lagni tu?

Non odi tuMilone? per la fé

che da fanciulli sempre tra noi fu

chi ti move a dolerti? dillo a me.

Ahiquanto duro questo parmi! e piú

(che di prudenzia egual non hai) di te!

Pur quel proverbio al saggio sol si fa:Proverbio

«Tema di traboccar chiunque sta».

44. - Ben trabboccato son - rispose quello - Lamento diMilone

ne sullevarmi piú giamai vi spero. contraAmore

Deh fato ingiusto e di pietà rubello

che sí cangiato m'ha di bianco in nero!

Potea Fortuna piú crudel flagello

di questo ritrovarmio cavalliero?

Chi mi consiglia dunque? e che varrammiAmaro consiglio

s'alcun contra 'l desio consigliarammi?contra 'l desio

45. Pàrtiti dunqueché non è curabile

lo mal che 'n le medolle i' sento pungere;

ogni altra peste creggio esser sanabile

a mille vie di cibotaglio et ungere;

amor sol è quel tòsco inevitabile

cui morbo alcun egual non si può giungere

né vi si trova al mondo un sol rimedio

for che morir d'affanno e lungo tedio! -

46. Stette Rampallo in quel parlar sí fiso

che tutto in volto venne contrafatto.

- Tu m'hai- disse - fratelloquasi ucciso

e posto a tal che for di me son tratto.

Per qual sí altero e sí legiadro viso

puote smarire un animo sí fatto?

Tuche di saviezza non hai pare

ti lassi dunque in tanto error cascare?

47. E chi è costei? saria forse Costanza

o pur di Namo la figliuola bella?

Né creder voglio che facci mancanza

di Carlo amando Berta la sorella.

Tant'alto chi ponesse sua speranza

porria sperar dal ciel trar ogni stella. -

Milon non puote continersi alora

masenza pensar altrosaltò fora.

48. Arcana cogit Amor confiteriVirgilio

disse l'Omero nostro mantoano.

E cosí alor Milone i suo' pensieri

scoperse al fido sozio a man a mano;

ma ch'eran gli occhi d'ella tanto alteri

che porvi speme già cred'esser vano;

e purse non gli vien tal fiamma tolta

omai dal corpo l'alma sua fia sciolta.

49. Né che sa imaginare modo e via

onde speri sfocarsi il miser core.

Però lo non aver quel si desia Passioniamorose

e l'inusato et inegual amore

lo tòscolo velen di zelosia

già 'l conduranno al simile furore

che tolse a FiliPiramo e Didone

la vita stessanon che la ragione.

50. Rampallo a cotal detto fiso ascolta

et ascoltando ruppe un largo pianto.

Trarlo di quella mente iniqua e stolta

con boni avisigià non si dia vanto;

non mai verragli tanta pena tolta

se non alluntanandol da lei tanto

che non la veda; e cosí a poco a poco

spera ritrarlo dal maligno foco.

51. Dunque comincia il saggio ad invitarlo

se gir in Barbaria seco gli agrada.

Ma non sí tosto mosse a confortarlo

ecco improviso al lungo di la strada

correndo viene il nunzio di re Carlo

e dice che Milone senza bada

si trovi armato in piazza con la lanza

per rifrancar l'onor perso di Franza.

52. Milonch'ascolta l'ambasciatapresto

salta di letto e chiede l'armatura.

Con lieta fronte copre il senso mesto

e calca in petto la mordace cura.

- Va'- disse al nonzio - dilli che mi vesto

l'armiquantunque manco di natura

perch'una lenta febbre al mio dispetto

m'avea ridutto alquanto sopra il letto. -

53. Mentre che 'l messagiero si diparte

Rampallo torna al suo ragionamento:

- Vòi tu- disse - fratelloruinarte?

Vòi tu sí pazzo gir al torniamento?

Sveglieti di tal furiamentre l'arteExortazione contra Amore

d'Amor ragion in te non anco ha spento.

Molti son e' remedi al novo male

ma lo 'nvecchito al tutto vien mortale.

54. Non ti scordar la fama tuabarone

non il splendorenon quel savio petto.

Se tu non hai di te compassione

ben l'arrai manco di l'altrui diffetto.

Ritorna virilmente a la ragione

né voler darti a femina soggetto

perché tu perdiseguitando Amore

te stessoCarlo e l'acquistato onore.

55. Tu reggeresti l'universo mondo

et una feminella ti governa?

In tuo servigio forte mi confondo

vedendo quella gloria tua soperna

vilmente sottoporsi a 'n capo biondo

d'una (non anco so s'ella discerna

il ner dal bianco) tenera fanciulla

tolta testé di fascie e de la culla.

56. Tu pur hai milli essempi avanti gli occhi Laude dele donne

quanto mal vien dal sesso muliebre;

nulla di mancoin guisa de' ranocchi

siamo in tal fango sin a le palpebre

né conoscemo l'arti e li fenocchi

ch'usano quelle in l'amorosa febre

fin che proviamopoiche queste scroie

bastanti sono d'arder mille Troie.

57. O misero chi segue la lor traccia!

ch'en sé di ben non han for che le forme

donde scolpita vien l'umana faccia

quantunque in luogo putrido e deforme.

O misero chi darsi si procaccia

in preda ad una belva e mostro enorme

cagioneda ch'è 'l mondod'ogni male

crudeleinvidiosa e bestiale! -

58. Mentre Rampallo tende a confortarlo

ecco su vien un altro ambasciatore.

Narra la doglia et ira de re Carlo

che 'l Spagnol esser debba vincitore.

Milonudendo ciòper aiutarlo

e riparar col suo l'altrui splendore

non altro al cavalliero vi risponde

corre a la stalla e tutto si confonde.

59. Salta in arzone tosto e l'asta piglia;

urta 'l corsiergualoppa e non dimora.

Bertach'attendefassi meraviglia

ch'omai non vien; perché l'amante un'ora

esser mill'anni giuraet assotiglia

lo 'ngegno sí che tienesi talora

veder quel che non vedee poise 'l vede

tant'è 'l piacer che ciò veder non crede.

60. Tessuto avea con la sua man arguta

una gierlanda d'amarissim'erba

qual è l'ascenzio e l'incendosa ruta

e la morte di Socrate sí acerba; Socrate

ma perché al naso è grave la cicutaCicuta

con rose il mal odore dissacerba.

Poi cautamente diedel a Rugiero

che ratto quella porti al cavalliero.

61. Il qual anco non era in piazza giunto

quando Rugieravendo l'ale al piede

volando va né si dimmora punto

in fin che di luntano il sente e vede.

Chiamagli drietoe poi che l'ebbe aggiunto

guardasi prima in cercoe qui gli diede

con umile saluto la girlanda

dicendo la persona che la manda.

62. Non avampò mai polve cosí ratto Comparazione

quando riceve la bombarda il foco

come subitamente il conte tratto

fu di sí acerba doglia in lieto gioco.

Non piú vòle col Ciel tregua né patto

e sí d'ogn'altro ben gli cale poco

che sempre soffrirebbe starne privo

pur che sol Berta onorie morto e vivo.

63. Imponesi quel dono al bel cimero

bascia 'l fanciullo e segue la sua via.

Ben col destriero vama col pensero

vola di questa in quella fantasia;

studia de l'erbe intender il mistero

né mai si ferma in una allegoria;

e già qualche indovino aver delibra

che d'un secreto tal gli apra le fibra.Metafora tolta d'un sacrificio

64. Non tanta commentaria sopra 'l Sesto

DecretiDecretali e Pisanelle

di Galafron la figlia e tutto 'l restoAngelica

aedificarunt fratres e sorelle

quanta facea Milone su quel testo

de le confuse erbette e rose belle;

né mai vi ha finecome fa 'l scotistaScotista

contra l'utrum e probo del tomista.Tomista

65. Finge chimeresogni e fantasie

quali non pose mai Merlin Cocaio

lo qual di Cingar sotto le bugie

scrisseche piú mai fece alcun notaio

d'alcuni menchionazzi le pazzie

che intendon rariet io son il primaio

che l'ho provate e forse ancora scritte

fra genti negremacilentiafflitte.

66. Ma pervenuto già dov'è 'l bagordo

voltosse a lui ciascuno a grand'onore.

Lo pazzo volgodi veder ingordo

senza pensarvi suvien a rumore;

a le cui voci e gridi fatt'è sordo

co' circonstanti l'alto imperatore.

Milon tocca 'l destriere quell'in alto

ben vinti piedi spicca un doppio salto.

67. Percosse 'l ciel un sòno via mischiato

di varie vocitrombeplausi e corni

quand'egli fece il salto smisurato

e reverenzia ai biondi cape' adorni

de le dongelleove'l suo dono grato

esser stato mirando e come adorni

ben l'elmo del suo dolce amar Milone

Berta sola si trasse ad un balcone.

68. Chiamasi accanto la sua camarera

la qualede le donne contra l'uso

c'hanno la lingua in dir via piú leggiera

del deto a l'agoa la conocchiaal fuso

de suo' secreti consapevol era

tenendo un buco apertol'altro chiuso.Orecchia e bocca

- DimmiFrosina miache pàrti d'ello?

fu mai né 'l piú gagliardo né 'l piú bello?

69. A le sue forzea la sua pulcritudine

ben mostra nato sia d'un Marte e Venere.

Oh s'egli seglié ben l'amaritudine

de l'erbe e fiorc'ha in capo acerbe e tenere!

Verd'è l'amorma se vicissitudine

non haqual è dolor che piú s'ingenere

acerbo e piú mortal in ciascun' anima?Amaro assenzio Mortal cicuta

Qual fier destino piú 'n bel volto exanima? -

70. Cosímentr'ella si rallegra e duole

e mescie il dolce insieme con l'amaro

vien detto al gran Milone che la prole

spagnarda e maganzesca scavalcaro

d'accordo e' piú gagliardiperché vòle

Ginamotributando col denaro Astuzia eavarizia

e quest'e quello capitan spagnolo

restar in lizza vincitore solo.

71. Milon prudente al volgo non risponde Prudenzia nonrisponder

mavòlto il freno ad un vecchio palaccioal volgo

entravi dentro e for di certe fronde

trass'un lungo truncone ch'al suo braccio

grossoverdenodoso corrisponde

per mostrar che 'l diamante come un giaccio

pottrebesi spezzare con quel stecco

contra 'l senso di Pliniosenza 'l becco.

72. Gitta la lanzae con un stran saluto Saluto

vòl salutarne millenon che un matto.

Quando la turba lunge ebbel veduto

col codicil senza notar contratto Codicil

ridea dicendo: - Quest'è ben douto

che 'n miglior forma il scritto sia ritratto! -Parla de la coniurazione

Or Balugante lascia star Amone

veduto ch'ebbe in lizza entrar Milone.

73. L'astach'accortamente avea servata

in piú oportuno tempo fin alora

tosto ripigliaet in Milon dricciata

spera il menchion di sella trarlo fora.

Milonche 'l vedeleva il ciglio e guata

prima colei che tanto l'innamora

poi contra l'arroganzia che gli viene

abbassa il legno con sue forze piene.Legno

74. Tacque ciascuno e tien la bocca aperta

al smisurato incontro de' duo tori.

Di Balugante fu la botta incerta

perché la lanza affise troppo fori.

Ma ben Miloneche si tien a l'erta

per bel principio dei presenti onori

diedeli un urto tale col stangoneStangone

che mezzo il sotterò nel sabione.

75. Poi quella turba de li congiurati

rompe col tronco in resta e li disperde.Tronco

In quatro colpi trenta scavalcati

l'un sopra l'altro andòr distesi al verde.

L'altri confusamente rammeschiati

chi l'elmochi 'l braccialchi l'asta perde

come sòl far il can mastino ch'apreComparazione

un qualche storno di barbute capre.

76. Già piú di cento surgeno di sabbia

e for di lizza sbalorditi vannosi.

Quivi si prova del baston la rabbiaBastone

e molti l'ossa racconciare fannosi.

Correno in rotacome gatti in gabbia

quelli Spagnoli et al scampare dànnosi

perché non hanno tergo molto agevole

cui si confaccia unguento sí spiacevole.Unguento

77. Bernardo di Maganza e Falsirone

c'han steso Namo con lanzate a terra

per contraporsi al crudo perticonePerticone

ch'e' congiurati doma e tutti aterra

gli vanno addosso insieme per gallone

mentr'egli incauto altrove piglia guerra;

dànnogli con due lanze un colpo duro

ma puoteno inclinar piú tosto un muro.

78. Non creder che Milone si contamine

del colpo di gran forza e poca gloria;

volgesi a loroe quel suo medicamineMedicamine

di Falsiron impose a la memoria;

stendesi al pianoma sotto velamine

di racquistare contra Amon vittoria

Bernardo torna a lui con l'asta al cubito

ma di Cariddi in Silla cadde subito.Proverbio

79. L'astuto Amon sí seppelo scansare

chementre il colpo di Bernardo scorre

con tanta furia un pugno gli ebbe a dare

ch'un monte rotto avrianon ch'una torre;

ma Satanaso volsel aiutare

ch'Amon puote del colpo mal disporre;

coglie il cavallo e sfiaccagli la testa

et eglinel vibrarspallato resta.

80. Spiacque tal caso a Carlospiacque al popolo

ch'Amon si mostra esser d'un braccio inutile.

Quel pugno avria spezzato un sassoun scopolo

ma verso un traditor fu vano e futile.

Or sopra ciò non piú rime v'accopolo;

Amon è in terradi giostrar poco utile;

fuvi raccoltoe chiamasi chi 'l medica;

concialo il mastro et a le piume il dedica.

81. Milon già piú non fa di l'olmo lanza Olmo

ma ben da un capo il piglia con due mani:

or qui comincia la piú bella danza

che mai si vide ai feraresi piani

quandola biscia entrata ne la stanzaComparazione

di mille millia rane in que' pantani

chi suchi giúchi al lungochi al traverso

fugge scampando con dirotto verso.

82. Non fu giamai bastone agevol tanto

in cacciar cani di cocina fora

o castigar un ostinatoquanto

era quel di Milonch'in men d'un'ora

sgombrò tutto 'l steccato d'ogni canto

non vi restando un sol soletto alora.

Pensàti se Carlone e Berta gode

e se Ginamo e Falsiron si rode.

83. Amor e forza il tenne in sella fermo

qual scoglio in mar da l'onde combattuto.

Or per dar fine al mio gridar infermo

allentao Musail canto del laguto

ché da' grisoni non facendo schermoPedochii

qui sonar d'arpa voglio in nostro aiuto;

e se 'l raggio del sol non m'è rubello

spero di loro farne un gran macello.

 

QUARTO CAPITOLO

 

1. Quel stridulo cantar ch'una cicada

muove quando sul palo il cui dimena

tal l'arpa miach'assai poco m'aggrada

mentre m'aggraffio 'l sangue d'ogni vena;

e pur convien tornarmi su la strada

e farvi udir un'altra mia sirena Per goladel villan

ch'un carro sonail qual mal onto e tardola rota stride

si duole che 'l patron gli mangia il lardo.

2. Ma se talor cantando ella scapuzza

candido mio lettorqual tu ti sei

perché dolerti? anch'a' signori muzza

qualche correggia in mezzo a quatro o sei.

S'io mangio maleil fiato poi mi puzza.Povertade

«Mangiate quae apponunturfratres mei»

chiama 'l Vangelo; benché tal precetto

servato vien da molti al suo dispetto.

Narrazione

 

3. Stette Milone solo nel stecato

come tal volta sòl far il leoneComparazione

chefra lo stolo d'altre bestie entrato

o fa o finge far del compagnone;

ma quelle in fuga vòlte gli dan lato

di qua di là cercando alcun macchione;

et egli solo resta in un istante

quelle mirando a sé scampar davante.

4. Né piffaro né tromba né cornetto

tacquer a la vittoria del barone;

grida ciascunoe grande e parvoletto

intorno a lui: - Milonviva Milone! -

Et ecco di luntan con molto affetto

contra gli vien l'imperator Carlone

lo quale col gran stolo contra vàlli

e l'acquistato dono e premio dàlli.

5. Balzato era di sella il cavalliero

vista la nobil schiera ch'a lui vene

sciolvesi l'elmo e gittalo al sentiero

e prono in terra l'alta gloria ottiene.

Cosí la santa umilità di Piero SanPiero

mertò 'l papato dopo le catene

e il Ciel dopo la croce; onde mi vanto

ch'io 'l chiamo in veritade «Padre santo».

6. Passato avea già Febo l'orizonte Descrezzione

portandone da l'altra parte il giorno;d'una cena regale

lo siniscalco entrato era ne l'onte

e fumide cocquineove d'intorno

sguattericuoghi e feminelle pronte

fanno de vari cibi il luogo adorno

et ove canigattecrudo e cotto

sonano un campo d'arme quand'è rotto.

7. Chi cuoce latesini e chi figàti

chi volge in speto quaglieochefasani;

qui son caponi a lardo impergotati

qui taglian polpe e dan l'osse a li cani;

qual macina sapori delicati

qual fa pastelli et altri cibi strani;

chi 'l foco innanti e chi drieto lo tira;

l'odor del fumo fin al ciel s'aggira.

8. Fra questo tanto cento paggi belli

de' quali è capo il provido Rugiero

ornati de costumipronti e snelli

scorren di qua di là col piè liggero

portando banchescanniurne e vaselli

razzitapetie ciò che fa mistero;

taccio l'argens e d'oro la credenza

e ciò ch'ogni alto roy non può star senza.

9. Berta che 'l grande onor e pompa vide

fatta per Carlo al suo diletto amante

pieno d'amar dolcezza e piagne e ride

or lieta or tristeor molle or d'adamante;

ragion piú nulla puòch'Amor s'asside

vittorioso in leisaldo e costante;

però delibravòle e ferma il chiodo

parlare con Milon ad ogni modo.

10. De tutti gli animali non è 'l piú

impaziente d'una amante donna

ch'ogni rispetto lascia e manda giú

di Lete al fiumeove drento l'assonna.

Poscia 'l desio le sale tanto in su

ch'in capo non si vede aver la gonna;

e tanto il folle suo pensier la punge

ch'al fin si trova da sé stessa lunge.

11. Chiama Frosina e tosto le commanda

ch'a sé faccia venir il bel Rugiero:

Frosina l'ubedisce e d'ogni banda

cerca e ricerca il nobile scudero;

ma nulla faché 'l siniscalco il manda

co li altri paggi (e ognun ha 'l suo doppiero)

di ciambra in ciambrae dan l'acque a le mani

a reduchimarchesi e castellani.

12. Bertache rotto vede il suo disegno

la cosa in altro tempo differisce

si crucia fra sé stessa e n'ha gran sdegno

ch'Amor piú che mai caldo l'assalisce;

ondefatta per lui pronta d'ingegnoAmor fa la persona

trenta belle dongielle a lei s'unisceindustriosa

ch'entrar delibra in sala con tal pompa

chese Milon ha cor di pietrail rompa.

13. Già mille torzi da gli aurati travi

pendon accesi e fan di notte giorno.

Carlo fra cento capi onesti e gravi

entra ne l'apparato tanto adorno.

Quivi usuraripretifrati o schiavi

non ponno far un minimo soggiorno:

tutti scacciati sono a la mal ora

ché 'n ta' luoghi non denno far dimora.

14. Ma Febo e Cintia e tutte l'altre stelle

eccoda lungein l'ampia sala entraro;

Berta e Beatrice son de le piú belle

che 'l fiato a milli amanti alor cavaro.Sospiri

Carlovenendo incontroaccetta quelle

al cui commando tutte s'assentaro

et esso in cima del convito sede

ove li discombenti al lungo vede.

15. Stanno le donne a petto de' baroni

e sonan gli organetti co' pedali.

Cinto s'avea Cupido a li galoni

duo gran turcassi colmi di piú strali.

Volan e' paggie cento bandigioni

de cervileprevitulicingiali

portan di su di giú per lunghe scale

come convien d'un rege al carnevale.

16. Sedea Milon rimpetto a la sua Berta:

pensa qual fogo tra quegli occhi nacque!

Egli di leiet ella di lui piú certa

si faquant'in amarsi ad ambi piacque;

quivi con cenni occulti fann'offerta

de' cuori loroe questo a quel compiacque;

Rampallo se n'avedee piú Frosina

Rampallo a luiFrosina a lei vicina.

17. Cosí l'uno per l'altro si distrugge

nei cauti sguardi e 'n quel sembiante opposto.

Sponga di sangue che lor vene sugge

son gli occhi loroil cui lume discosto

giamai non va dal suo volerné fugge

ma piú sempre al desio si fa disposto;

e tanto lor instiga et urta AmoreProprietà di Amore

ch'ivi non s'amaanzi pur s'arde e more.

18. O insidioso aspetto muliebre

quando che piaccia a gli occhi di chi 'l mira!

Ma quanto piú bel pàrti in le tenèbre

ove 'l splender de li doppier l'aspira!

Vedi le labbrail collole palpèbre

d'Elenadi Faustina o Deianira; ElenaFaustinaDeianira

e chi contempla quelle già non crede

puoter di tal beltade farsi erede.

19. E se risponde mai cotal bellezza

ch'un core l'altro aggradae gli occhi gli occhi

(o pensier dolce piú de la dolcezza!)

qual fermo stato ch'ivi non trabocchi?

Non è sí grata e sí sovave frezza

che dolcemente in loro Amor non scocchi;

ma non si partan già questo da quelloZelosia

ché non fu mai del suo magior flagello.

20. Era la fame già smarita e persa

le mense e le vivande son rimosse;

una sonora musica e diversa Musica

di tre laugutti e due viole grosse

trasse al concento ogni anima dispersa

ch'ognun si sente liquefarsi l'osse.

Qui voci umane giunte a quelle corde

mostròr che 'l Ciel di lor men è concorde.

Digressione

 

21. E pur trovo ch'alcuni vecchi padri

biasmòr di concordanze cotal pratica;

non solettorse chiaramente squadri

esser stata la mente sua lunatica.

Ver è ch'e' gargionetti assai legiadriNotabile

fur grati piú ne la scola socratica

di tante notech'appeloron «buse»

quasi se 'l buco a loro non s'incuse.

22. Dicean che mollevagoeffeminato

l'animo rende questa melodia;

come se 'l pescar fezza in bucco lato

non via piú molle effeminato sia.

Vedi tu quell'ipocrita velato

di santimoniacome va per via?

Non t'accostarfigliuoloperché porta

nel corno il feno et ha sotto la storta.Proverbio

23. Chi danna il canto (vòi che chiaro il dica?)

qualunque biasma il canto ha del coione.

Se grata e grave et utile fatica

fu quella di Virgilio e CiceroneVirgilioTullio

già non fia mancomentre s'affatica

per noi Iosquin comporre e Gian Motone:IosquinGian Motone

itene dunquesporchial vostro ufficio

ch'è di sterco purgar l'altrui ospicio.

Narrazione

 

24. Poscia ch'ebber sonato la Stanghetta

la Morail De tous biens del tempovecchio

Carlo depose la regal bachetta

acciò ch'a' rispettosi fusse specchio;

in bel giuppone cavasi con fretta

dicendo: - Orsúsignorii' m'apparecchio

voler danzar; cosí mi segua ognuno;

poi voglio che 'l suo ballo aggia ciascuno. -

25. E ciò parlando viene a la regina

che gravamente alzò prima le ciglia

poi si rileva et umile s'inchina

a l'alto imperator ch'a man la piglia.

Li altriche stann'intenti a la rapina

seguendo luiciascuno s'assotiglia

prender il meglio o quel che meglio pare;

e cosí alor cominciasi a danzare.

26. Cominciasi danzare a son de' pifari

con un cornetto fra lor aggradevole

al cui sòno que' voltianzi Luciferi

quel conspetto di donne losinghevole

que' drappi d'oro larghi et odoriferi

que' passiquell'incesso convenevole

gli occhi de' spettatori sí teneano

ch'innanimate statue vi pareano.

Digressione

 

27. Quivi ben convenia quel sí nomato

cornetto padoanoZan Maria: Zan Mariadal Cornetto

non funon ènon mai sarà lodato

meglior di luianzi ch'egual gli sia;

lo qualcome si dicesi ha mangiato

le lingue d'ogni augello e l'armonia.

Silvestro vagli appresso e 'n suo germanoSilvestreGirolamo

e quel trombon venuto di Bassano. eAloviggi

28. Ma per sonar gagliarde e lodesane

piferi mantovani aggian il vanto!

Tu senti quelle lingue piú che umane

in mille millia R mandar un canto;

tu vedi poscia for di quelle tane

sul Po saltar villane d'ogni canto;

ché per balzar in alto e rotolarsi

ogni altra stirpe a lor non può 'guagliarsi.

Narrazione

 

29. Mentre qui dunque sonano a misura

Rampallo invita Berta e dàlle mano.

Parve a Milone strana cosa e dura

e chiamalo fra sé crudoinumano;

ma Venereper lui ch'anco procura

gli pose in cuor un atto assai soprano:

di Berta prese a man la camarera

dico Frosinae va co' li altri in schiera.

30. Or nel serrar de mani si comprende

danzandos'in amar sperar si deve:

qui de la donna il cuore l'uomo intende

la qual è di natura dolce e leve. Naturamolle de la donna

Se stretta stringer debbiadubbia pende;

al fin lunga reppulsa le par greve

temendo che l'amante non si sdegni

e piú non segua gli amorosi segni.

31. Qui gli occhi ambasciatori al tener cuore

dicchiarano lor grazie e lor bellezze;

qui cresce piú l'audacia e piú l'ardore

quanto piú mancan l'ire e le durezze.

Amor insegna qui di qual valore

di qual effetto sono le sue Frezze CimonGalese: cerca nel

pel cui vigore ogni Cimon Galese Decameronedi Boccaccio

di rustico divien dolce e cortese.

32. Speranza è la nutrice de' pensieri

tanto ch'i guardi e deti gara fanno.

Sotto 'l fallace lume de' doppieri

doppie bellezze in viso le donn'hanno.

Però piú tira Amor di cento arcieri;

qual empie di allegrezza e qual d'affanno

e molte un cotal foco hann' a la coda

che 'l fiato l'escie fornon che la broda.

33. O misere dongielleo stolte madri

ch'avete sí le danze a gran diletto

s'amor d'onor è in voiquesti leggiadri

giochi di cortigian siavi a dispetto!

Un bel rubbar ci fa sovente ladri

ch'ov'è la causa seguevi l'effetto;

e questo in ballo avienche ruffianaNotando

si fa la madre e la figlia putana.

34. Frosina avea pietà di sua madonna;

or esser tempo d'aiutarla vede;

tira Milone a drieto una colonna

mentre che 'l gioco libero procede.

- Venite mecum - disse - e non v'assonna

viltà di cuorché voglio farvi erede

del piú ricco tesoro ch'aggia 'l mondo

ché l'occhio di Fortuna vi è secondo. -

35. Egli non sama ben fa coniettura

sopra l'amor di Bertaonde la segue.

Un trepidante affettouna sciagura

lo batte sí ch'ei pare si dilegue;

volgesi drieto spessoet ha paura

ch'alcun osservatore no 'l persegua.

Al fingiunti a la camera di Berta

Frosina drento il cacciaprontaesperta.

36. Benché a Milone un atto temerario

gli paia star di Berta nel cubicolo

nulla di manco vede necessario

esser a chi ama sponersi a pericolo.

Frosina innante il fa suo secretario

e senza troppo lungo diverticolo

gli aperse largamente il grande ardore

di sua madonnae come per lui more;

37. e che continuamente s'ange e lania

per lo crudel arciere che la stimula;

e ch'a le volte vienle tal insania

che a gran fatica in volto la dissimula;

insognasi di nottelangue e smania

chiamando lui signor e dolce animula;

ondeper rimovérle un tanto assedio

convien che d'esso lui vegna 'l remedio.

38. Qui ciò ch'ebbe Milone a lei rispondere

lasciànlo starch'ognun il può comprendere;

non molto fiato fa mistier effondere

a chi col solfo l'esca vòl incendere.

Torno a Rampalloche non puote ascondere

a Berta il tuttoanzi le fece intendere

cosí danzando e ragionando insieme

le fiamme di Milon per lei sí estreme.

39. Berta ch'a l'esca prende foco e vento

quivi a Rampallo già non vòl celarlo;

narragli accortamente il suo tormento

e che per prova mai non può scacciarlo.

Ma non finitte il loro parlamento

che la sua danza termina re Carlo

e vòl che la seguente abbia Milone

e poi di grado in grado ogni barone.

40. - Milon? ov'è Milon? - ciascun dimanda;

ma nulla fanch'altrove sta rinchiuso.

Ch'egli si trovi Carlo alor commanda

al cui precetto van chi su chi giuso.

Rampallo astuto e sospettoso manda

(poi ch'ebbe posto giúsí come è l'uso

Berta) Rugier il figlio a ritrovarlo

e dirli che con fretta il chiama Carlo.

41. Lo accortignolo e pratico dongiello

danzar lo vide dianzi con Frosina;

ratto fece un pensier il giottarello

che gito fusse a goder la rapina;

onde correndo va dritto a pennello

dov'erano a la ciambrae qui s'inchina

per ascoltar a l'uscioma non ode

del basso lor parlar se non le code.

42. Urta la porta ben due fiate o tre;

ode Frosina e pallida si sta;

torna Rugiero e scotela col pè:

Milon temendo sotto il letto va.

Bussa il fanciulloe chiamavi: - Chi c'è? -

Frosina disse alor: - Chi batte là?

- Io son Rugiero; è qui signor Milone?

Ditegli che lo chiama il re Carlone.

43. Di sudi giú lo cerco in ogni loco

né in ciel né in terra possio ritrovarlo;

a la regal famiglia sin al cuoco

imposto fu che debbian dimmandarlo.

Di chese indizio n'haidimmil un poco

ch'instantemente chiedelo re Carlo.

Io che danzar con teco in sala il vidi

mi penso te saper ove 'l s'annidi. -

44. Non men Frosina pronta che sagace Ogni barone aveala camera

risponde: - Vadongelloe dilli prestosua nel regal palazzo

come Milone nel suo letto giace

ché per la giostra d'oggi è franto e pesto. -

Alor Rugier non fe' del contumace

ritorna in sala e con volpino gesto

parla ch'ognun intende aver trovato

Milon stracco nel letto suo corcato.

45. Tal scusa accetta Carlo e chi chi sordo

non è a saper il marzial costume

perché le bastonate del bagordo

caccian sovente a l'oziose piume.

Dunque la festa seguesi d'accordo

la qual non finirà che 'l bianco lume

del giorno trovaralli anco saltare

come ben spesso in Corte solsi fare.

46. Frosina timedettache non save

come la sorte di Milon succede

chiudalo in ciambra e seco tien la chiave

poi su la danza occultamente riede.

Berta che quinci spera e quindi pave

quando tornar a sé Frosina vede

fatta zelosadisse in voce piana:Zelosia di Berta

- C'hai fatto con Milonbrutta puttana? -

47. Risponde a lei Frosina sorridendo:

- So ben che zelosia vi fa ciò dire;

noncome imaginatecondescendo

sí largamente al dolce proferire!

Mai non provaima ben provar intendo

farsi dal nostro medico guarrire;Medecina de le donne

peròse star con lui mi cale e giova

a che portarne invidia di tal prova?

48. Non dubitateo credula patrona

del vostro mal non è lunge 'l remedio.

Pur tutto questo ch'ora si ragiona

porria col tempo farci qualche tedio

ché forse alcuna incognita persona

ci tenderia ne l'ascoltar assedio.

Meglio sarà ch'andiamo a riposare

ché l'alba già comincia roscigiare.

49. - Ove parli ch'andiamo? - disse Berta;

quella rispose: - A lettoche 'l n'è l'ora;

mi fa mistier il vostro ben adverta

ché 'l vegliar troppo il viso vi scolora. -

Disse la dama: - Questa è cosa certa:

vengan le torze! - e quindi senza mora

facendo al re Carlone e 'gli altri inchino

verso la stanza prendon lor camino.

50. Rampallo già non pote piú induggiare;

si mise raggionando a compagnarla.

Fu sempre in Franza l'uso di parlareCostume de Franza

ciascun con qualche dames e basciarla:

né qui malizia né sospetto appare

pur che non voglia ad altro provocarla;

onde tal atto molto par di strano

in queste nostre parti al Taliano.

51. Lo qualvedendo in casa sua volere

basciar alcun Francese la sua moglie:

- Che fai- tosto gli parla - o bel missere?Costume de Italia

Perché farti signor de l'altrui spoglie? -

Cosí dicendocol pugnal il fere

togliendogli non pur l'accese voglie

anzi la vita istessa; perché mecco

lo Talian vòl essere non becco.

52. Or dunque vedi se di Cipria il figlio Venere cipria

conduce ben la tramma e non si 'ntoppa:

quantunque porti un drappo avolto al ciglio

pur l'arte e la malizia non gli è stoppa;

l'arte ch'in navigar ogni periglio

sprezza de l'ondequando Amor è in poppa.

MilonRampallo e Berta nulla sanno

et ecco insieme al fin si trovaranno.

53. Non perché fusse in lor patto veruno:

Cupido sol è il mastrosol il guida.

Frosina tiensi certa ch'in niuno

tal secretezzafor ch'in leis'annida.

Credesi anco Rampallo esser quell'uno

in cui sol Berta e sol Milon si fida.

Voria Frosina che Rampallo andasse;

egliche Berta lei licenziasse.

54. Or giunti a l'uscioper entrarvi drento

apre Frosinaonde tremò Milone.

Berta diede congedo a piú di cento

fra paggifra dongellefra matrone;

ma per sfogar in parte il suo tormento

guida con seco in camera il barone.

Frosina chiude l'uscioe quivi Berta

fra l'uno e l'altro sede a lingua aperta.

55. A lingua aperta e faccia vereconda

un petto de sospiri e pianti sciolse.

Rampal stupisce ch'ella non s'asconda

perché Frosina in terzo luogo volse.

Milon ascolta il tutto sotto sponda

e sue dolci parole ben raccolse.

Or qui Frosina et or Rampallo parla

cercando con speranza consolarla.

56. Milon comprende l'amistà sí rara

del suo Rampallo e l'animo di Berta

la qual dicea ch'avrebbe morte amara

se non le fia concesso far offerta

dovendo maritarsidi sua cara

virginitade a quello che la merta;

e se colui che già l'ha tolto il cuore

anco non tolga il restoil frutto e 'l fiore.

57. Né al sòno di tal vocené a l'invito

di tal dolcezza puòte star Milone

che ratto di là sottobelloardito

non apparessi in un d'oro giuppone.

- Eccome - disse; alora scolorito

stette Rampallo in gran confusione.

Berta sol fece un gridoe poi si tenne

compreso in parte il bene che a lei venne.

58. - O sola- Milon disse - o sola quella

c'hai posto il freno a 'n cuore sí superbo!

Cosí volse non so che bona stella

ch'essendo al sesso vostro iniquoacerbo

e d'una mente a me stesso rubella

or sol per tuo vigor mi dissacerbo

e tanto in me la tua sembianza valse

ch'in ghiaccio m'arse il core e 'n foco m'alse. -

59. Poscia a Rampallo vòlto et a Frosina

mille grazie lor rende e poi li abbraccia.

Bertache a morte quasi s'avicina

mira lui fiso e par che si disfaccia

qual cera al foco e qual al sole brina;

non puote starmasparse ambe le braccia

(perché in Amor non cape alcun rispetto)

cinsegli 'l collo e strinsesil al petto.

60. - Ormai- disse - ben miodispona il Cielo

di me come gli giovae la Fortuna:

sue stelleinflussipunticaldo e gelo

non temo piúquando questa sol una

grazia ch'or tengo in l'amoroso velo

non mai tolta mi siaperché niuna

altra non voglio eccetto che vederti

et a mia vita e morte sempre averti.

61. Perché già non potrebbe piú addolcirme

la morte in altro tempoche s'io moro

in queste voglie mie stabil e firme.

Morir per temio spirtomio tesoro!

Qual esca dolce può meglio nudrirme

di questo pianto e sí grato martoro?

Io mi consummoe ciò mi piace e giova

pur che 'l mio ben da me non si rimova.

62. Iteneprochiomai; mi sète a noia:

destina il Ciel ch'i' sia d'un tanto eroo.

Tal nasca d'ambi noi ch'unque non moiaProfezia d'Orlando

sua fama da l'occaso al sin eoo;

tal fia quel figlioqual mantenne Troia

mentre che visse o qual vinse Acheloo;Ercule

nasca di noi tal Cesaretal Marte

che de' soi fatti s'empino le carte! -

63. Milon ai dolci accenti per rispondere

de la sua diva già movea la bocca

quando a la porta venne a lor confondere

non so qual vocee chi repente chiocca.

Milon temendo tornasi nascondere;

Rampalloche lo vede in fida rocca

apre la porta; et è chi 'l chiama presto

ché a sorte gli toccava il ballo sesto.

64. Partisi dunque tosto il cavalliero

per non fallir di Carlo a l'ordinanza.

Frosina vagli dianzie col doppiero

la semplicetta fin ove si danza

accompagnollo insieme col scudero.

Rampallo se ne rideché 'n la stanza

di Berta era Milon restato solo;

pensate se star puote il rosignuolo!

65. Or ivi dunque Amor in un stecato Metafora

ha ricondotto quelli gladiatori;

ma innanti ch'al duello insanguinato

si vegna da quei duo feroci tori

assai vi fu che dire; al fin cascato

l'un sopra l'altrovi convien che mori;

e quelle bòtte fur di tal possanza

che Berta ne portò piena la panza.

66. O Ciel benignoassai qui ti conviene

esser gagliardo in fabricar Orlando

lo qual non sol si cria de' lombi e reneCriazione d'Orlando

ma l'alto Genitore vòl chequando

scorre 'l vivace sangue da le vene

forma nel vaso matrical pigliando

ogni tua stella di benigne tempre Fama

s'inchini a luich'in gloria duri sempre;

67. forzabontàprudenzia e cortesia Virtú ch'ebbein

scendano in lui su da l'eterne ideedesertar le fate

chediscacciando l'orco et arte ria

de strige e fate e innumere Medee

formino il corpo et aprine la via

ove quell'alma in mezzo a le tre dee Grazie

infondaper ristor di tutto 'l mondo

alto inteletto e imaginar profondo.Sapienza

68. Santificato dunquee non fatato

fu Orlando ne le viscere materne

ch'esser non puote da ferro impiegato

come ordinòr in lui le menti eterne;

quantunque i' poscia dal celeste fato

fatato nominarloché l'inferne

fate non l'affatòrché d'affatareOrlando fatato

forza non hanma sol di affaturare.

Conclusione

 

69. Tu mi dirailettorch'io son lombardo

e piú sboccato assai d'un bergamasco;

grosso nel proferirnel scriver tardo

però dal tosco facilmente i' casco.

Io ti rispondo che se l'antiguardo

e retroguardo mioch'è 'l sacco e fiascoPan duro

non fusse la fortezza di Durazzo Vin forte

forse sarei Petrarca e Gian Boccazzo.

70. Io qui non cerco famae men la fame

quella mi fuggee questa mi vien dietro

anzi m'entra nel ventre e fa letame Chimal mangia

duro cosí ch'io canto un strano metro;duro caca

ese mai vien che presto alcun mi chiame

quando quel sasso for del buco i' spetro

mi levo amaramente con la coda

smaltita in quatro giorni ferma e soda.

71. Non cerco famanoch'io n'ho pur troppo

e tal mi crede questoch'io son quello.

Guardativi dal sguerzogobbo e zoppoEnigma

signori meiche l'è di Dio rubello.

Benché 'l zoppo non correva galoppo

in fin ch'intenda il nome mio novello;

ben maladico luichese 'l mi scopre

da voisignori meinon mi ricopre.

72. E se pur noto fiaperché scontento

viver mi deggia causa non ritrovo;

anzi di superstizia il guarnimento

ho riprovato e tuttavia riprovo.

E chi m'addimandasse s'io mi pento

cangiar il basto vecchio per il novo

io ratto gli rispondo: - Domineita

mi doglio esser mai stato a cotal vita. -

73. La causa dir non voglioanzi m'incresce

che tutti omai siam figli di puttana;

e benché mi vien detto che qual pesce

io son for d'acqua e talpa for di tana

questo parlar non oggidí riesce

ma meglio assai quod scriptum est derana

la qual non viver sa for del pantano

come senza robbar n'anche 'l villano.

 

QUINTO CAPITOLO

 

1. O donna miac'hai gli occhic'hai l'orecchieCaritunga

quelli di pipastrelqueste di bracco

non vedi come Amor per te m'invecchie

tal che Saturno fatto son di Bacco? Dirossosmorto

Non mi guardar ch'aggia le scarpe vecchie

no 'l boccalonela schiavinail sacco;

ch'i' son tale però qual non fu mai

ese tu 'l proviforse piangerai.

2. Ché s'una fiata mi concedi un baso

in quella guanciaqual persuttorossa

et anco ch'un sol tratto i' ficca 'l naso

in cul non dico giàma in quella fossa

di tue mammille sin al bosco raso

ubi Platonis requiescunt ossa

forse piú con le schiene che col fiato

lo mio sonar di piva ti fia grato.

Narrazione

 

3. Tornata era a la stanza già Frosina

ove Milon avea rotta la porta Metafora

di sua madonna e fatta tal ruina

che di mai racconciarla si sconforta.

Sopra un forciero il letto suo distina

e tutta notte di vegghiar supporta

mentre gli amanti gioccan a le braccia

dicendo nel suo cor: - Bon pro' gli faccia! -

4. Fugge la breve notte col solaccio

e dicono gli augelli che 'l vien giorno.

La provida Frosina c'ha l'impaccio

veder ch'i duo non abbian qualche scorno

vassine al letto e trovali ch'in braccio

dormendo l'un di l'altro fan soggiorno;

destali pianamente e dàlli aviso

che 'l sole trovaralli a l'improviso.

5. Con l'émpito e prestezza con cui sòle

Milon saltar a l'arme for di lettoComparazione

quand'ha sopra di sé la grave mole

di coppie armate e stanne con sospetto

sferrasi amaramente dal bel sole

de' soi pensieri e lascia ogni diletto

prende la spada et anco un bascio tale

che fu principio poi d'un lungo vale.

6. Solo soletto mille stanze passa

fin che pervenne a l'uscio del suo loco;

spingelo prestol'urtabatte e quassa;

non è chi l'apraonde tutt'arse in foco;

corre col piede e 'l cardine fracassa

che rissonò d'un strepito non poco;

lo camarier non trovaet eicorcato

subitamente si fu adormentato.

7. Turpin quindi si parte ad Agolante Digressione diTurpino

che passar in Europa si destina;

chiede Mambrino seco et arma tante Mambrino

coppie di bella gente saracina

che spera in tempo breve por le piante

su 'l collo a Carlo con sua gran ruina.

Dopò' scrive d'un dio DemogorgoneDemogorgone

ch'era sopra le fate e fatasone.

8. Depinge il suo giardino su nei monti

Rifeid'oro et argento fabricato;

narra le ripei fiumil'ombrei fonti

et un palazzo d'ambra edificato.

Narra di molte capillate fronti

figliole di Fortuna e del gran FatoFortunaFato

fra le qual ninfe (o fate altri l'appella)

era Morgana e Alcina sua sorella. MorganaAlcina

9. Narra Demogorgon aver per moglie

Pandorade le fate la piú bellaPandora

donde nascon le peneaffanni e doglie

e di lor empion questa parte e quella

di tutto 'l mondo; et egli par ch'invoglie

far al suo modo il tempo et ogni stella.

Volge Turpin lo stile poi narrando

un caso di Milone atro e nefando.

10. Or che far deve Berta essendo gravida

e 'l ventre di dí in dí le vien piú tumido?

Si pente mille volte che tropp'avida

fu di mischiar col dolce caldo l'umido;

teme 'l fratello e piú sempre vien pavida

col volto scolorito e l'occhio fumido.

Sola Frosina è sola fida ancillaFideltà di ancilla

che con avisi rendela tranquilla.

11. Fidel ancilla non fu già Diambra Diambra

ch'empir la sua lassivia non potendo

entrò di sua madonna ne la ciambraCatarina moglie di Rodulfo

di notteove l'anciselei stringendo

nel collo co le mans'una Sicambra

o Mora fusse stata; ch'io m'incendo

d'iradi rabbiaquando mi rammento

una Taís aver Lucrezia spento! Putana epudica

12. Rampallo da Milone seppe il tutto;

teme a l'amico piú ch'a sé medemo;

vedel esser in faccia smorto e brutto

come in un colmo di dolor vedemo;

nulla di manco acciò ch'egli destrutto

non resti o morto per affanno estremo

leval sovente con parlar salubre

rendendolo men tristo e men lugúbre.

13. D'udirsi piú la facultà vien tolta

(proverbio: «Ch'ogni giorno non è festa»!);Proverbio

torno al palazzo va Milon tal volta

ché 'l desio di vederla lo molesta;

ma nulla fach'ella se 'n sta sepolta

sí come donna vergine et onesta;

ond'egli piú che mai sospira e langue

e piú non ha colorvita né sangue.

14. Ecco 'l dolce piacer sí tosto e breve Amonizione

c'hanno sovente insieme i ciechi amanti

se giustamente equiperar si deve

a' succedenti affanni e lunghi pianti!

Eccotiamantes'esto Amor è leve

che cangia in un momento in lutto i canti;

e poi che t'ha condutto al teso laccio

fugge 'l protervo e làsciati 'n impaccio.

15. Mentre celatamente passa il fatto

e 'l grosso ventre ancor non dà sospetto

giunse a Parigi un cardinal diffatto

che a grande onore fu da Carlo accetto.

Papa Adrian il manda molto ratto Adriano

per tosto opporse al stol di Macometto

lo qual possede già Cicilia tutta;

mezza Calabria in foco è già destrutta.

16. Lo capitan di questi Turchi e Mori

è re Guarnerofrate di AgolanteGuarnero

quell'Agolante che d'imperatori Agolante

del mondo è il piú superbo et arrogante.

Costui li Cristian d'Italia fori

scacciar voria per vindicar Barbante

suo padreil qual ancise Carlo Mano

per Gallerana nel contato ispano.

17. Or al consiglio Carlo si riccorre

per contraporsi al foco già vicino;

qui lo senato in un pensier concorre

che 'l gran Milonesommo paladino Milonfatto capitano

com'è sua curavogliasi disporre

fornir la impresa contra il Saracino.

Pensate in qual travaglio alor trovossi!

Non ha pensier che tutto no 'l disossi.

18. Fra questo tantomentre il duca Amone

sentesi di la spalla molto male

Ginamo di Maganza si dispone

voler per mezzo di quel cardinale

impetrar Beatrice da Carlone

per moglie sua; né vòl premio dotale

anzi per contradote a carte schiettePromessa d'un traditore

maria et montes dar a lei promette.Proverbio

19. Lo saggio Namoch'è padre di quella

temendo fra Maganza e Chiaramonte

non pululasse costion novella

al duca non pendendo piú ch'al conteDuca AmoneConte Ginamo

condusse al re Carlone la dongiella

dicendo che cagion di cotant'onte

esser già non voleama ch'egli stesso

dia lei marito come par ad esso.

20. Milonodendo ciòguarda in traverso

Ginamose talor lo 'ncontra in via.

Egli che di quei traiti è 'l piú perversoTraito» per «traditore» posto

guardasi ben la pellee tuttavia

va praticandoe con modo diverso

drieto a Milone tien sempre la spia

sí per intender chiaro il suo consiglio

sí per saper cavarsi di periglio.

21. Ecco la gara in piedeecco 'l travaglio

levato già per colpa di libidine;

ma Carlo vòl frenar de' brandi il taglio

ché sempre allogia Marte con Cupidine.

Taccò a la coda subit'un sonaglio

di Maganzesi a molta sua formidine

perché destina ch'ambi duo giostrando

chi vince abbia la donna al suo commando.

22. Or qui Ginamo perde ogni speranza

sapendo ben che 'l pregio fia d'Amone;

va inanzi a Carloet ha seco Maganza

Pontieri e tutta l'altra nazione;

pensa smarirbravandoil re di Franza

e dicegli sul volto che cagione

non ha di far a lui cotanto torto

per un Amon stroppiato e mezzo morto.

23. Milonch'ode il rumore stando in piazza

ratto su per le scale vien sbalzando

e fra la folta turba anti si cazza

con tre famiglie cinto ha sotto il brando;

sente che 'l traditor forte minazza

se non avrà Beatrice al suo comando.

- Non l'averai tu giàse pria non giostri

- disse Milon - e quel che sei non mostri. -

24. Ginamo a quel parlar si volse indrieto

vede Milon e ratto si scolora.

Conte Macariopiú de li altri inquetoContenzione fra

risponde alteramente: - A la bon'ora!Macario e Milone

Non siamo mortino; ma starti queto

farestú meglio e non destar chi dorme.

- Anzi pur vegghi troppo - disse il conte -

in far a Chiaramonte oltraggi et onte. -

25. Macario c'ha la lingua for di denti

tenendo su la spada la man destra

rispose: - Per la gola tu ne menti! -

e per ferirlo subito s'addestra.

Milon non stette a dir: - Tu ne stramenti! -

anzi un roverso con la man sinestra

menò sí ratto ch'un poltrone zaffo

non ebbe mai da 'n bravo il piú bel schiaffo.

26. Levasi Carlo tostamente in piede

che già duo millia spade esser cavate

e contra quatro sol vibrar le vede.

Milonche 'n mezzo tanti brandi e spateProdezza di Milone

era con tre famiglivi provede

ben tosto in quelle genti al mondo nate

per tradir sempre et ingrassar la terra

di sangue et ov'è pace porvi guerra.

27. Con quella rabbia ch'un leon tra cani Comparazione

vidi cacciarsi sotto Giulio a Roma PapaGiulio

smembrandovi mastinibracchialani

con la virtú sí altera e mai non doma;

cosí Milon fra quei lupi inumani

convien che 'l brando in lor mal giorno proma

troncando spallebustigambe e braccia;

et ov'è 'l stolo densovi si caccia.

28. Ma duo de' soi scuderi crudelmente

già son in mille pezzi andati a terra;

lo terzo si ritira virilmente Terigi

appresso il suo patroneil qual non erra

over spartir la testa in fin al dente

o fin al pettoe tanti già n'aterra

ch'un monte n'ha dintorno in sangue merso

chi tronco de la testa e chi a traverso.

29. Re Carlodi gridar già fatto roco

bandendo e minacciando or quest' or quello

addirasi talmente che di foco

parea nel volto aver un Mongibello.

Onde decorse del baston al gioco

rompendo qua e là piú d'un cervello;

ma nulla o poco fa la sua presenzia

ove non è rispetto e men clemenzia.

30. D'ogni altro piú Macario di Susanna

ferir le schiene di Milon s'affretta

il qualsecondo il mertolo condanna

e fa del suo mentir aspra vendetta:

perché la lingua e denti ne la canna

gli caccia d'una punta benedetta

onde 'l meschin ne cadeet una palma

di lingua sbocca fora e 'nsieme l'alma.

31. Poscia ferir Bernardo non s'arresta

fendendolo dal capo fin al petto

e vibra una stoccata cosí presta

ch'a Dudo passa il ventre et Ugoletto;

a 'n altro fa due parti de la testa

a 'n altro un braccioa 'n altro taglia netto

dal busto il capoe molti a la cintura

troncase pasta fusse l'armatura.

32. Piú di mille n'ha mortoe gli altri caccia

e taglia e tronca e crudelmente svena;

volano gli elmi con le teste e braccia

mentre puntefendenti e scarsi mena.

L'imperatore tuttavia minaccia

e batte col troncon; ma non raffrena

l'ira peròné rabbia di Milone

che 'n tal error si manca di ragione.

33. - CessaMilon- dicea - non farti dico

io til comandolascia di ferire;

se nonspera d'avermi tal nemico

qual studia giorno e notte altrui punire! -

Milon cotal parole men d'un fico

alor potea stimar in quel schermire;

ondenon l'ascoltandocaccia quelli

giú per le scale in guisa de stornelli.

34. Un sopra l'altro al fondo de le scale

a vintia trenta vanno rotolando;

Milon sgombra di lor tutte le sale

fin su la piazza i traditor cacciando;

dil che re Carlo in tanta furia sale

perch'ei non ubedisce al suo comando

ch'alor alor gli fa bandir la testa

s'andar giú del paese non s'appresta.

35. Un termine gli dà sol d'una notte

perché già Febo scampa con la luce.

Or que' tapini per caverne e grotte

ove né sol né luna mai traluce

sonsi appiattati e temen altre bòtte

che Chiaramonte e quel sí fiero duce

che li ha scemati piú di mezza parte

ivi non li arda in tutto e li disquarte.

36. In quella istessa notte (o crudel rabbia!)

cadde Milone in tanta bizarria

che cento Maganzesicome in gabbia

venne assaltare drent'un'ostaria;

né vi si parte mai fin che non li abbia

mandati tutti a pezzi in beccaria:

eravi Manfredonpadre di Gano

cui trasse il core di sua propria mano.

37. E 'n la medesma notte sí lo affise

nel mezzo de la piazza con la testa

e un breve scritto sopra quelli mise

che dice: «Ancor il tuoCarlomi resta!»

Oltra di questo in cotal notte uccise

un capitan chiamato il Gran TempestaTempesta

lo qual con la sbiraglia in men d'un'ora

cacciò Milon di questo mondo fora.

38. Omai di sangue sazio in quell'instante

a vinti soi compagni dà combiato

fra' quali v'è Terigiquel bon fanteTerigi

che 'l giorno in sala sempre al fido lato

stette del suo patron a Carlo avante

et or per ubedirlo s'è spiccato.

Costui fu dopo a Orlando sempre caro

e di sue cose fido secretaro.

39. Milon si parte solo e gli altri lassa

né mai per lor preghere seco i volse;

sotto 'l regal palazzo intorno passa

e drieto a quel per un sentier si volse

fin chedi pietre e sassi ad una massa

venutodi salirvi cura tolse;

montavi arditamente a l'alta cima

e come entri 'n palazzo secco stima.

40. Vede spuntar di fora un certo trave;

levasi in altoe quel saltando giunge

e benché d'arme sia carcato e grave

pur forza con amor là suso il punge.

Salito è molto spazioe già non pave

ficcar gli piedi e de le mani l'ungie

per buchi e per fissure di quel muro

tanto che giunse ad un balcon sicuro.

41. Trova qui drento un logo bisognoso

a l'uomoquando 'l ventre scarca e leva;

quindi partitoda la notte ascoso

va queto queto ementre un piè solleva

l'altro tien sí che men sia strepitoso

in fin che giunse ove Berta piangeva

la qual in ciambra già non può dormire

mase 'l piacesse a Diovoria morire.

42. Milon accenna a l'uscio leggiermente: Milon rapisceBerta

Berta sentendo trema di sospetto

chiama Frosinama colei non sente;

onde Milonper esser drento accetto

disse qual erae Berta immantenente

senza pensarvisalta for di letto

corre a la porta aprendola di botto

e qui comincia un lagrimar dirotto.

43. Ma poscia che Milon ad invitarla

si mise per condurla seco in bando

ellacadendo in terrapiú non parla

ché perse ogni vigor a tal dimmando.

Vòl pur il cavalliero confortarla

che far non voglia contra 'l suo commando;

ma nulla faché 'n viso impallidita

lei vede for di mente esser uscita.

44. Frosina dormené 'l rumor ascolta

ché 'l pianto dianzi fatto con madonna

in un profondo sonno l'ha sepolta.

Milone d'un lenzolo e d'una gonna

in un fardello tosto fa riccolta

posciagagliardotoltasi la donna

sul collovia la porta con gran fretta

già sazio contra Carlo di vendetta.

45. Già sazio di vendetta contra Carlo

ché fe' dopo 'l macello tal rapina;

ma sol amore non può saziarlo

c'ha posto a quella ninfa pelegrina.

Portasi 'l dolce peso né lasciarlo

mai volse in fin ch'al logo s'avicina

dond'or ne venne per la finestrella

equivi giuntoin terra pose quella.

46. Ma non sí tosto giú posata l'ebbe

che riede al seggio lor il spirto e 'l sangue.

Aperse gli occhie l'animo le crebbe:

- Dove seivita mia? - dicendo langue.

Milon risponde: - Donnaomai ti debbe

tornar il bel colore al volto essangue;

tessi pur tele Carlos'ei sa tessere;

s'è Amor per noichi contra noi vòl essere?

47. Guidarti meco vogliose 'l ti piace

e trartich'oggi è tempodi periglio.

Sol Dio m'è testimon quanto mi spiace

doverti condur meco in tal essiglio.

Ma per locarti al fine ove sia pace

far voglio da leonnon da coniglio

e dèi saper ch'assai minor è 'l dannoNotando

di pover libertà che un fier tiranno. -

48. Cosí parlandotuttavia le cinge

la gonna intornoseco anti recata

gonna non già di quelle ch'oro pinge

ma da portar sotto be' manti usata.

Poscia le copre il capo e sí la finge

che 'n altra donna par esser mutata;

né Berta in nulla guisa piú parea

ma FilideNeera o Galatea.

49. Qui poi di terra il gran lenzolo piglia

e quel divide in fascie lunghe e strette;

annoda i capi loroe qui s'appiglia

con le man Bertada Milon ben rette;

calla per quella cordae s'assotiglia

ferma tenersi fin che 'n terra stette;

Milon drieto li manda il drappo d'alto

et animoso venne giú d'un salto.

50. Qual timidetta agnella che 'l pastore Comparazione

del lupo da le sanne abbia reddenta

non anco cessa palpitarle il core

né mai l'orribil tèma si rallenta;

cosí Bertaseguendo il suo rettore

par sempre ch'alle spalle Carlo senta

chi la perseguae spesso a drieto guarda

onde di correr forte mai non tarda.

51. Giratto avea già mezza notte il cielo

ché passo passo vannosi le stelle;

anco non era caldo né anco gelo

ma la staggion quando le viti belleAutunno

son carche d'uveet ogni ramo e stelo Pomi

di rosso e gialo par che 'l mondo abbelle;

Milone finalmente giunge al muro

de la cittademolto grosso e duro.

52. Montavi sopra et ha pur seco il panno

del qual un capo tienel'altro giuso

a Berta mandacui pareva un anno

ogni momento uscir di loco chiuso;

ma svelsela Milon di quell'affanno

che su la trasse e poi con essa giuso

callò del muro fora in su la sabbia;

di bosco ucelli giànon piú di gabbia.

53. Tutta la notte vanno senza posa

dal timor spinti e da speranza tratti;

pur dove qualche poggio o via petrosa

per cui Berta convien che giú s'appiatti;

Milonencontragià non si riposa

ma in collo si la recae su per ratti

monti lei porta come fido amante

se azzaio fusse dal capo a le piante.

54. Scoprendosi poi l'alba for d'un monte

trova un villano addosso una cavalla

lo qual s'affretta d'arrivar un ponte

e d'un serrato trotto al fiume calla.

Milon chiamagli drietoe ch'ei dismonte

prega e riprega; ma 'l villan non falla

dal suo costume rozzo e discortese:

niente l'ascoltae la via corta prese.

55. Prese la via piú corta verso il fiume

che a guazzo quello trapassar vorebbe:

alor Milons'avesse a piedi piume

aventasigli drieto e giunto l'ebbe

ove cosí correndo anco ressume

la cura d'insegnarli come debbe

caritativamente e con ragione

di quella donna aver compassione.

Digressione

 

56. Mi meraviglio ben del cavalliero

ch'usar volesse tanta pazienzia;

perch'esser al villan crudo e severo

altro non è se non bontà e clemenzia;

anzi dirò ch'un fusto grosso intiero

è quello che gli spira gran prudenzia;

dalli pur bastonate sode e strette

ché non s'ha di guarrirlo altre recette.

57. Passava Giove per un gran villaggio Creazione delvillano

con Pannocon Priapo et Imeneo;

trovan ch'un asinello in sul rivaggio

molte ballotte del suo sterco feo.

Disse Priapo: - Questo è gran dannagio:

EnDominefac homines ex eo.

- Surgevillane - disse Giove alora;

e 'l villan di que' stronzi saltò fora.

58. Et in quel punto istessoquanti pani

fu di letame o d'asin o di bove

insurrexerunt totidem villani

per tutto 'l mondo a far de le sue proveVirtú del villano

cioè pronte in rubbar aver le mani

e maledir il Ciel quando non piove

esser fallacitraditormaligni

di foco e forca per soi merti digni.

Narrazione

 

59. - Aspettamiti pregocaro amico

- dicea Milon - e non aver spavento! -

Ma quel poltroned'ogni ben nemico

vedendo ch'egli 'l tien nel vestimento

- Lasciami- disse alor - lasciati dico;

non so chi sei? tu n'hai spogliato cento

io ti conosco ben che ladro sei:

rubasti l'armeil brandoancor colei.

60. Né men di mecomprendesi villani

esser de voi soldati la piú parte

se vi lasciati calcular le mani

dai chiromanti nostriche san l'arte

di zappe et altri libbri rusticani

meglio che portar picca sotto Marte;

e purquantunque bravi insuperbiti

tutti sète villani stravestiti. -

61. Eciò parlandotrasse una sua daga

lucida quanto avea sotto 'l calcagno;

Milonch'è di natura sempra vaga

piú presto dar che tòr l'altrui guadagno

or dignamente ad un furfante impaga:

volendolo purgar d'acque di bagno

afferra ne la coda la cavalla

et ambi drento un fosso d'acque avalla.

62. Quel sciagurato in guisa di ranocchio

resta nel fangoe la giumenta uscisce.

- Ecco- disse Milon - saziapedocchio

ch'avien ad un villan che 'nsuperbisce.

Rubaldo che tu sei! perder un occhio

dovria chi del tuo mal non ti punisce;

or pesca benc'hai modo di pescare

et io fra tanto voglio cavalcare. -

63. E detto ciòriprese la giumenta

non per la coda piúma nel capestro.

Bertache n'ha fastidio e si tormenta

per lo primier incontro assai sinestro

salir su la cavalla non fu lenta

maledicendo quel villan alpestro;

Milon va innanzi e fa de lo staffero

tirandosila drieto pel sentiero.

64. Tutto quel giorno e la notte seguente

non mai di caminar elli cessaro.

Berta sempre a le spalle Carlo sente

né crede di scansarlo aver riparo;

però vanno di trotto con la mente

chimerizandoin fin ch'elli arrivaro

d'una grossa fiummara in capodove

scopreno l'alto mar che vi si move.

65. Lungo a la spiaggia volgon il sentero

lasciando in sabbia lor vestigi sculti;

né molto vanno ch'un simil a Piero SanPiero

vecchietto piscator a li ami occulti

vedeno trar nel legno suo leggero

appesi con inganno e' pesci stulti.

- Se in te - gridò Milon - avrai bontade

tu ci darai mangiar per caritade.

66. E Cristo poi ti renda guiderdone

dandoti quella destra del navigio

che diede a GianniIacomo e Simone

quando alleluia trasser di litigio. -Alleluia

Risponde il vecchio: - Quest'è ben ragione! -

e ratto a terra volge lo remigio

ove arrivato for di barca scese

portando il pesce quanto mai ne prese.

67. Poi scote accortamente d'un azzaio

e d'una selce il foco su le fronde.

Milon che vede ciò porta un legnaio

de pruni e de vergulti còlti a l'onde;

acceso il focoBerta a piú d'un paio

de pesci cava l'intestine immonde;

Milon a la cavalla trae la sella

sedevi suso e tiene la patella.

68. Stride su 'l foco il pesce drento l'olio PalladeolioVulcano foco

e Pallade si scampa da Mulcibero.

Berta tien stimulato sotto 'l dolio

fronde di tamariso e di giunibero;

vin muffo e forte e pan di faba e lolio

poscia espedisce quel vecchietto libero.

Milon si abbruccia e gli occhi spesso tange

com'uomo che soi peccati al fumo piange.

69. Onde Berta sen ride e si consola

vedendo quel tant'uomo fatto coco

a cui pel fumo e gli occhi e il naso cola

e bruggiasi le gambe al troppo foco.

Milonche ben l'intendeuna parola

piangendo tuttaviadisse per gioco:

- Tre cose l'uomo cacciano di casa:

il fumoil foco e la moglie malvasa. -Proverbio

70. Berta risponde: - E pur non cura l'uomo

spiccarsi da le spalle tal urtica;

cotanto dolce fu l'acerbo pomo

ch'Adam gustòporgendol Eva anticaAdamEva

chebenché sol per lei de propria domo

scacciato fusseparvegli fatica

lasciar la causa drieto del suo maleFemina

perché dura è ragion al sensuale.

71. Cosí ti vienMilonche per la fame Rime inbeschizzo

d'indi non po' levarti questo fumo. -

Egli risponde: - Son le belle dame

che ci han post'a la coda questo dumo. -

Berta ne ridee senza voglie grame

su 'l pesce sparge omai di sal un grumo

lo qual già cotto rende saporito

e poi lo mette in tavola su 'l lito.

72. Quel vecchiarelloa gentilezza dedito

arrecavi le sue vivande povere;

egli non ha de campi o feudi redito

se non la barcail maril sol e 'l piovere.

Onde di simil sue ricchezze predito

quel suo vin muffolente e pan di rovere

appone in sua presenziae dice: - Inopia

chi mangia di cotestamai non scoppia.

73. Quanto mi trovotanto ne la vostra

presenziao miei patroniho qui diffuso.

In me il volerma no 'l poter si mostra

di far com'è tra vostri pari l'uso;Notando

ma svaria molto questa voglia nostra:

chi tien aperto il pugnochi 'l tien chiuso;

tal poco n'hach'altrui quel poco imparte;Liberalitade

tal molto n'hache robba l'altrui parte.Avarizia

74. S'io avessi in arca l'oro di Tiberio Tiberio

e li pomi del drago ch'ancise ErculeEsperidiErcule

credeti a me (ciò dico a vituperio

de' ricchi)men sarian coteste fercule.

Questi avarazzi fanno quel suo imperio

col sparagnare in fin a le cesercule

le scope et altre cose frali e frivole

che per disdegno tutte non descrivole.

75. E s'io potessifondarei tal legge

cui meglio non fondòr li antichi padri

che chi è signore e gli uomeni corregge

dricciar faria le forche a pochi ladri;Nova legge contra li avari

e chi la robba e vita sua ben regge

verrebbe al sol de' loghi oscuri et adri;

ch'oggi vertú sta serva del dinaro

come 'l pover dottore a l'usuraro.

76. - Qual legge è questa? - dissegli Milone -

narraciti pregamopadre caro.

- Voglio - risponde - che niun ladrone

abbia d'esser appeso alcun riparo

se piglia quel d'altrui contra ragione

eccettuando sol ciò c'ha l'avaro;

anzi vorei che 'l pover s'appiccasse

sepotendol'avaro non rubbasse.

77. Tu vederesti l'integri Catoni Sapienti

piú grati al mondo e dal predon sicuri;

tu vederesti l'improbi Neroni

a povertade men crudeli e duri; Avari

tu vederesti li empi Licaoni Ladri

pigliata la lor partenon piú furi:

la parte suache sta ne l'altrui copia

ché 'l tuo superfluo causa la mia inopia.

78. Che maladetta sia l'ingorda rabbia

di questa lupae chi adorarla vòle!

Ché se quante son miche in questa sabbiaComparazione

e quanti cascan attomi dal sole

tanti denari avien ch'el miser abbia

apreper anche avernemille gole

né pur si sazia la sua mente avara;

onde qual sia 'n piacer mai non impara.

79. Tal biasmo non v'adduco senza causa;

c'ho fatto d'un avaro mille prove.

E se 'l mio dir non vi facesse nausa

direi di lui la miser vitae dove. -

Rispose alor Milone: - Io faccio pausa

eccotidi mangiare; ché 'l mi move

l'aspetto tuo talmente ch'io starei

digiunoper udirtigiorni sei. -

80. Qui narra il vecchio una faceta istoria

d'un prete fierentino tant'avaro PreteArrigo canonico

ch'al fin di doglia perse la memoria

già divenuto pazzo pel dinaro.

Ma voglio ch'abbian altri questa gloria

dirlo meglio di me; ché sol m'è caro

venirne finalmente ad Orlandino

già molto al nascimento suo vicino.

Conclusione

 

81. Ma Caritunga mia chiedemi a cena;

tenetivisignorich'io vi lasso.

Penso mangiar una cornacchia piena

de sogniche non scrive il mio Tricasso;Tricasso

poscia vo' bere d'una certa vena

d'acque distanti a quelle del Parnasso

le quali a molti toglion il cervello

ma queste li denari col mantello.

 

SESTO CAPITOLO

 

1. Oscuri sensi et affetate rime

qual è chi dica mai compor Limerno?

Tal volse del Petrarca su le cime

salirch'or giace in terra con gran scherno;

Icaroper montar troppo sublime Icaro

credendosi avanzar il vol paterno

perse con l'arte l'encerate piume

e venne giú dal ciel in un volume.

2. Non tutti Sannazarri et Ariosti SannazzarroAriosto

non tutti son Boiardi et altri ellettiBoiardo

li cui sonori accenti fur composti

de l'alma Clio negli ederati tetti;

tetti sí larghi a lora noi sí angosti

e rari son pur troppo gli entro accetti!

Però che meraviglia se 'l gran sòno

di lor sentenzie in tanto pregio sono?

Narrazione

 

3. Milondopoi che 'l vecchio pose fine

a la novella di quel scarso prete

dimandagli se porto in quel confine

vi era; chémentre l'aure sono quete

vorrebbe oltra passar l'acque marine

dando al nochier le solite monete.

- Non dubitate- disse 'l vecchio alora -

lo porto non luntano qui dimmora. -

4. Disse Milon: - Se quel non è luntano

voglia guidarci in questo tuo battello;

e per l'atto gentil e piú ch'umano

che fusti a darne cibo tanto snello

questa giumenta lasciotie con mano

propria la sottoscrivo e ti suggello.

- Mille mercé; - risponde il vecchio - senza

tanti notari prestovi credenza.

5. Entrati pur in barcach'in un tratto

voglio condurvi al porto qui vicino.

Lasciamo qui la bestiache diffatto

io mandarò levarla un mio cugino;

e penso già di farne bon baratto

drento di Corsia in un carro di vino;

perchévi giuromai non pesco bene

se di bon vin non son le fiasche piene. -

6. Cosí parlandoaccostasi a la barca;

e Berta il vecchiarel prende al traverso;

poi d'esso peso il suo legnetto carca

chepargolettoquasi vien sommerso;

etolto il remonavigando innarcaComparazione

le schienecom'un serpe d'oro terso

lo qual va sdrucciolando per un prato

s'avien che 'l pè d'un bue l'aggia calcato.

7. E col soave nòtoch'un acquatico Comparazione

mergo tra folghe segue alcun piscicolo

nel lito e primo mar de l'Adriatico

tal va per l'onde salse il trave piccolo

sotto governo di quel vecchio pratico

che mai di mar non teme alcun pericolo;

e per levar il tedio e farli ridere

cantar comincia e con gran voce a stridere.

8. Magiunti al portotrovano ch'un grande

legno si parte verso Italia in fretta.

Accostasi Milonee su vi scande

con la compagna e lascia la barchetta.

Non è chi lui conosca o che 'l dimande

e pur d'esser compreso vi sospetta.

Sta sempre armato e porta cinto 'l brando

come sòl far c'ha tagliaposto in bando.

9. Già Febo l'aurea testa in l'onde attuffa

e lascia il freddo lume a la sorellaLuna

quando pel vento che 'n le poppe buffa

issasi 'l velocome 'l volgo appellaIssare

Quel grave legnospintol'onde acciuffa

e rompe 'l mar che 'ntorno gli saltella

fa nove miglia o dieci in men d'un'ora

e fende ciò che 'ncontra l'alta prora.

10. Soldatimercadantipreti e frati

eran con altra gente in quel naviglio:

chi guata il fier Milon dagli omer lati;

e chi 'l bel volto candido e vermiglio

di Bertac'ha d'amor e' gesti ornati

contempla sí che dàlle già di piglio;

ma la presenzia di Milon robusto

tien in cervello ogni lascivo gusto.

11. Or un signore v'era di Calabra Calabria

con trenta ben armati soi famigli;

brama di Berta egli basciar le labra

e aggucciaper rapirlagià gli artigli.

Milon non sa quella sua mente scabra

bench'egli co' compagni si consigli

e l'un con l'altro parli ne l'orecchia

ch'ognun nel ben altrui sempre si specchia.

12. Farrebbon già l'assalto; ma che 'l giorno

sparito venga in tutto attendon prima.

Berta con altre donne fa soggiorno

sotto coperta de la prora in cima;

d'ogni altra cosa pensa che del scorno

lo qual in lei quel tristo far estima;

ondecorcata in grembo d'una schiava

col sonno le sue membra ristorava.

13. Milonche di saper volge 'l desio

se di Parigi alcun sapesse nova

dimanda forte: - Ditemiper Dio

(s'alcun ch'il sappia dir tra voi si trova)

è vero ch'un Milon malvagio e rio

ha fatto contra Carlo un'empia prova? -

Risponde un grande vecchio: - È con effetto;

e dirtelo sapròse n'hai diletto. -

14. Chi sia cotesto vecchio in fronte grave

c'ha lunga barba et occhi di SaturnoSaturno

niuno sa di quelli entro la nave;

ché 'l finto volto et anco il ciel notturno

lo asconde lorné senton che 'l gran trave

mosso non da Levante o da Volturno

ma del suo spirtovola in tal prestezza

ch'un veltro non va piúanzi una frezza.

15. Volendoin mille forme cangia 'l volto

tant'è ne l'arte magica perito; Artemagica

scioglie d'amor il vinto e vinge 'l sciolto

affrena i fiumi e chiama e' pesci a lito;

fa 'l matto saggioe 'l saggio venir matto

e cava l'ombre d'Orco e di Cocito; OrcoCocito

la lunastellefocopiante e marmi

constringe a la violenza de soi carmi.

16. Ma 'l nigromantedegno di gran lodo

oprar non sase non in bental arte.

Faunifolletti et incubiche 'l vodoFauniFolletti

cerchio tra 'l foco e terra e la gran parteIncubiAere

tengon del centro mezzo al nostro sodo

tutti scongiura a sue sacrate carte;

Demogorgonearpiefate e strige

sepolcriombresibilleCao e Stige.Inferno

17. Sa quanto alcun mai seppe d'erbe o piante

non d'aconito purtasso e cicute

ma mille e mille che furon innante

non mai da nigromante alcun sapute.

Taccio 'l magnete ferro et adamante;

sa di metalli e pietre ogni virtute;

onde nascoso tien di argento et oro

ne' monti di Carena un gran tesoro.

18. Ne' monti di Carena entro le grotte

sta 'l seggio suo di smalto e sasso fino.

Atlante ha nomeche di mezza notteAtlante

d'una sibilla nacque e di Merlino. SibillaMerlino

Or con turbato cuor e voglie rotte

lassiato avea de l'Africa 'l domino

per un anelloil qual fece ad AlmonteAnello che fu di Angelica

che poscia gli dovea far danno et onte.

19. Or dunqueposto ch'egli sol per arte

saper potesse aver anti Milone

no 'l sa peròché rado apre le carte

de' spirti reise non per gran cagione.

Ver è che dianzi Giove opposto a Marte

dissegli che di lui nasce un barone

il qualOrlando dettonon avria Orlando

egual d'ingegnoforza e cortesia.

20. Ora per sotisfar al suo dimando

ch'è di saper quel che sapendo poscia

ne piangaodendo l'impeto nefando

(non credo piú nefando esser mai poscia)

di Carloanzi Neronin ciò che 'l brando

cosí vibrò ch'ancor al Ciel l'angoscia

e gli urli van per l'empia occisione

d'omini fatta in scherno di Milone:

21. - La causa che m'indusse (poich'attenti Lungoragionamento

vostra mercévi veggiovo fondarvi diAtlante

assai piú innanzi miei ragionamenti)

venir in Franza e poco tempo starvi

fu la prolissa guerrai fier lamenti

la trista occision de' grandi e parvi

che ratto de' patir la vostra Europa

de gente tartaresca et etiopa.

22. Chi fia di tanto mal cagion? Amore Biasimo inAmore

Amor che sempre fu la peste lorda

de' miseri mortali. Ahin quant'errore

ci spinge questa fiamma tant'ingorda!

Odo già l'alte stridail gran rumore

d'armech'aggira in foco e 'l ciel assorda;

ché dove fiscia Amorcosí fier angue

subito appare ferrofoco e sangue.

23. Già si rinova quel furor vetusto

che 'l mondo quasi trasse al primo Cao

quando 'l lascivo Paride et ingiustoParide

chiamossi drieto l'empio Menelao

il quale tutta l'Asia ebbe combusto

ove PatrocloEttorProtesilao

AchilleTroilo et altri capitani

restòr tra un million d'uccisi ai piani.

24. Quant'era meglio che 'l conte Milone

lasciato avesse Berta nel suo letto!

Carlo testé gli rende 'l guiderdone

ché sua famiglia tutta per dispetto

destrugge in ferro e foco; ma un leoneMambrino

è per strigner a lui la golail petto:

piú non avrà l'ardir di Chiaramonte

che 'l scampi da le man d'un fier CreonteAgolante

25. Novo Creonte in queste parti viene

per spander tutto il cristiano sangue.

Carlo fia 'l primo che volga le schiene

al negro tòsco e fiscio d'un tal angue;

non gli varrà gridar: «Chi mi soviene?».

Le membra stanno malse 'l capo langue.Proverbio

ItaliaFranzaSpagna et Ingleterra

Cupido e Marte gitteran a terra.

26. Ahimaladetta stirpe di Maganza

ch'or godi e canti per l'altrui dolore!

Non sperar già (ché falsa è tal speranza)

gioir troppo luntan di quel favore

posto ch'abbi scacciato for di Franza

di Chiaramonte la radice e 'l fiore;

volge la rotama 'l destin è fermo

ch'al fin a tua ruina non fia schermo.

27. O stelleo puntio troppo tardi segni

che prometteti al mondo un sí bel sole

aprítich'oggi è tempoe' raggi pregni

a l'aureo secloa l'aspettata prole!

Nascan li quatto di vertú sostegni

per cui rumor eterno al mondo vole;

nasca quel forte Orlandoalto coraggioOrlando

Renaldoe 'l mio RugierGuidon Selvaggio!RinaldoRugieroGuidone

28. D'Orlando una colonna nascer deve Colonesi

che non pur Romaanzi sostien il mondo;

ma de Rinaldo un orso tanto greve Orsini

che di sue forze il Ciel sentir fa il pondo.

Rugiero il sangue d'Esto in sé riceveEstensi

d'ingegno saldo e di vertú profondo:

ma 'l mio Guidone infonderà GonzagaGonzaghi

per cui sol nacque la tebana maga. Mantomaga

29. Guidon Selvaggiodi Renaldo frate

la sore di Rugier avrà per moglie;Marfisa

quindi verrà quell'inclita bontate

Gonzagach'in un punto il mondo accoglie:

Mantoa famosa per il primo vate VirgilioMantoa

ma piú famosa pei trofei e spoglie

che riportar in lei Gonzaga deve

dal Gange al Nilo et iperborea neve. -

30. Parlava lagrimando il negromante

et era per narrar il gran conquasso

che Carlo a Chiaramonte il giorno avante

diedeposcia ch'entese quel fracasso

dal fier Milone fatto in un instante

ch'in una notte mandò quasi al basso

tutta la Casa di Maganzae Berta

rapita aver tenea per cosa certa;

31. quando Raimondo (ché Raimondo detto Raimondo

era quel duca o conte calavrese)

lassivamente Bertanel conspetto

d'uomini e donnestretta in braccio prese

volendo ch'abbia il suo pensier effetto

com'uomo villanoperfido e scortese.

Berta che dorme destasi gridando;

Milonche l'odetratto ha fora il brando.

32. Corre veder la causa di tal voce

ma risospinto fu da trenta in drieto;

pensate s'ira e sdegno il cuor gli coce

vedendo farsi un atto sí indiscreto.

Ma l'arroganzia le piú volte nòce.

Salta Milon in mezzo di quel ceto

e vi comincia dimmenarsi intorno

quantunque fusse già sparito il giorno.

33. A cui la testaa cui la spalla fende

a cui lo braccioa cui la gamba tronca;

Berta contra Raimondo si diffende

ché a caso in man venuta gl'è 'na ronca;

ma quel rubaldo in un battello scende

drieto le poppesimil a 'na conca;

quatro famigli alor prendon in fretta

la donna e giú la mandan in barchetta.

34. Assai contrasta loroe pur si vede

al fin Berta d'un ladro esser prigione.

Chiama piangendo su dal Ciel mercede

poi che l'aiuto è vano di Milone;

lo qual mentre cervelli rompe e fiede

già presso al fin de l'aspra occisione

la grossa nave per Libecchio volaLibecchio vento

ma la piccina drieto resta sola.

35. Perché tagliò la fune il fier Raimondo

di quel schiffettoalor che l'ebbe drento;

e mancò poco non andasse al fondo

la picciol barcagià ingrossando il vento.

Or qui scriver non vogliovisecondo Digressione

Turpindiffusamente qual evento

fu di Milone o di quel mago Atlante

ch'alor alora sparve in un instante.

36. Né di Milonil qual dopoi la morte

sanguinolenta di que' tapinelli

ebbe fortuna tal che le ritorte

arborevelaremiarmevaselli

lo stesso legno al fin andò per sorte

del mar in predae con e' soi fardelli

li mercadanti al fondo si trovaro

né lor scampò la coppia del dinaro.

37. Pur animosamente il cavalliero

trattosi l'armenudo come nacque

buttossi di fortuna ne l'impero

di qua di là sbalzato per su l'acque.

Al fin giunse in Italiamaliggero

di forze e pannisu la rena giacque;

poscialevato da non so qual fata

seco sen stette e l'ebbe ingravidata.

38. Di costei nacque il principe Agolaccio Agolaccio

come 'l dottore in la sua deca scrive;

ma ritorniamo a Berta che 'n impaccio

di quel fellonenon sa come 'l schive;

egli già se l'avea recata in braccio

per adempir le voglie sue lascive;

la donnache schermirsi piú non puoteAtto nobilissimo di Berta

d'un suo coltello sotto lo percuote.

39. Chémentre finge aprir le gambe a quello

et al giostrar corcarsi agiatamente

cacciògli ne le viscere il coltello

raddoppiando e' colpi virilmente.

Quel misero ferirla volse anch'ello

d'un suo pugnalema 'l dolor repente

di morte l'impedisce; e Berta in mare

spinselo forae s'ebbe a conservare.

40. Or sola in quel vasello va sbalzando

la pudica dongella su per l'onde.

- O sommo Dio- parlava lagrimando -Supplicazione di Berta

porgimi la tua manche non s'affonde

l'infermo legno! Non che 'l mio nefando

viver né le mie colpe lorde immonde

mertin pietà; ma quella criatura

c'ho in ventreo Padre Eternorassicura!

41. Da te ricorronon a PieroAndrea

ché l'altrui mezzo non mi fa mistiero:

ben tengo a mente che la Cananea Cananea

non supplicò né a Giacomo né Piero.

A tesomma bontàsol si credea;

cos'io sol di te solnon d'altrospero.

Tu sai quel ch'èmmi sano over noioso;

fa' tuSignorch'altri pregar non oso!

42. Né insieme voglio errar col volgo sciocco

di soperstizia colmo e di mattezza

che fa soi voti ad un Gotardo e RoccoGotardoRoco

e piú di te non so qual Bovo apprezzaBovo

mercé ch'un fraticelloal dio Molocco DioMolocco

sacrificante spessocon destrezza

fa che tua madre su nel Ciel regina

gli copre il sacrificio di rapina.

43. Per ciò che di pietà sotto la scorza

fassi grande vindemia de dinari;

o co l'altare di Maria si ammorza MariaVirgine

l'empia ingordigia de' prelati avari.

Et anco la lor legge mi urta e sforza

ch'ogni anno ne l'orecchie altrui dischiari

le mende mie: ch'io son gioven e bella

e il fraticello ch'ode si flagella.Confessione

44. Flagellasi patendo le ferute

che mie parole di lascivia pregne

gli dannole qual sono tanto acute

al cor ch'al fin convien ch'egli s'ingegne

con vari modi e losinghette astute

ch'io di tacer la fede mia gl'impegne;

e qui trovo ben spesso un confessore

esser piú roffiano che dottore.

45. PeròSignorche sai gli cuori umani

e vedi la tua Chiesa in man de' frati

a te col cor contrito alzo le mani

sperando esser già spenti e' miei peccati;

e seDio mioda questi flutti insani

me scampiche mi veggio intorno irati

ti faccio voto non prestar mai fede

a ch'indulgenzie per dinar concede! -

46. Cotal preghere carche d'eresia

Berta faceamercé ch'era tedesca

perché in quel tempo la teologia

era fatta romana e fiandresca;

ma dubito ch'al fin ne la Turchia

si trovaràvivendo a la moresca;

perché di Cristo l'inconsutil vestaVesta di Cristo

squarciata è sí che piú non vi ne resta.

47. Non volse Dio però guardar a quella

perfidia d'una donna d'Alemagna;

ma fece che con lei la navicella

pervenne ove le ripe l'onda bagna.

Qui stanca e smorta uscisce la dongella

e tanto va per monte e per campagna

di Lombardia passando in la Toscana

che for di Sutri giunse ad una tana. Sutri cittade

48. Taccio la fame e sete e il caldo grande

e lo timor de stupratori e ladri

che soffre la meschina in quelle bande

ove son molti boschi orrendi et adri.

Mangia sovente morecorni e giande

come facean gli antiqui nostri padri;

acquase non de fontialmen de stagni

convien che sorbae poi ch'altr'acqua piagni.

49. Per che sempre facendo aspro lamento

va misermente contra la Fortuna;

pur finalmente giunse a salvamento

(sí come dissi poco avanti) ad una

speluncaove trovò che molto armento

venendo notteun pegoraro adduna.

- Dehpadre caro- disse - abbi mercede

di mech'omai non possío star in piede! -

50. Quel vecchio alor di somma cortesia

lascia le capre e lei benigno accolse;

onde ne vegna o vada o che si sia

in quel principio chiederla non volse;

ma dolceumano e lietotuttavia

ch'ella riposaun suo scrignolo sciolse;

trassevi panecaccio e molte frutta

e l'umile sua mensa ebbe construtta.

51. Berta c'ha famee drento chi la sugge

dico lo già di diece mesi infante

a quelle rozze fercole confugge

che 'l bon pastore l'arrecò davante:

quivi la fame e gran dolor sen fugge

ch'avea del suo perduto caro amante

e benché stia sospesa e 'n volto smorta

purtolta l'escamolto si conforta.

52. Ma qui diverte e narra il gran dottore Digressionedi Turpino

sí come di Pavia re Desidero Re Desiderio

udito d'arme in aere il gran rumore

perché Agolante vien per tòr lo impero

di Europa a Carlo e farsene signore

mandagli prestamente un messagiero

per farsegli compagnoe Italia poi

soggiugar tutta a' Longobardi soi.

53. E come qui Milone capitando

trovò sotto Appenino entro le grotte

un popol infinitoch'aspettando

dal Ciel aiutos'erano ridotte

per trarsi omai dissotto a quel nefando

re Desiderio e darli tante bòtte

che sia poi specchio agli altri tramontani

che non s'impaccian mai con Taliani.

54. Quivi Milonorando lungamente

trasseli for di tenebre a la luce;

la qual ben ordinata e bella gente

in un vallon de Insubria ricconduce;

e come una citade grossamente

edificaro e di Milon suo duce

le diero il nome; dopo il volgo insano

non piú Milonma l'appellòr Milano.MiloneMilano

55. Quel gran Milanch'a tradimento e forzaDigressione

vien tolto spesso da li tramontani

al nostro talian signore Sforza Sforza

onde sempre con lor siamo a le mani

facendoli lasciar drieto la scorza

che poi mangiati son da lupi e cani;

e ben scriver si pote su le mura:

Italia barbarorum sepultura.

56. Ché veramente in quell'orribil giorno Giorno delGiudicio

ch'in Iosafatto sonarà la tromba

facendosi sentire al mondo intorno

e i morti saltaran for d'ogni tomba

non sarà pozzocacatoio e forno

chementre il tararan del Ciel ribomba

non gitti fora SguizeriFrancesi

TedeschiIspani e d'altri assai paesi.

57. E vederassi una mirabil guerra

fra loro combattendo gli ossi soi:

chi un bracciochi una manchi un piede afferra

ma vien chi dice: - Questi non son toi.

- Anzi son mei. - Non sono -; e su la terra

molti di loro avran gambe de boi

teste di mulie d'asini le schiene

sí come a l'opre di ciascun conviene.

58. Cosí col mio cervello assai lunatico

fantastico e bizarro sempre i' masino.

Confesso ben ch'io son puro grammaticoPurus grammaticus

che tant'e dire quanto un puro asino purusasinus

assai meglior d'un puro mattematico.

Ma perché i capuzzati non mi annasino

io credo in tutto 'l Credo ese non vale

io credo ancor in quel di Dottrinale.

 

SETTIMO CAPITOLO

 

1. La donna che dal Ciel trasse l'origine

mi riconduce al passo convenevole

a qualunque si sferra di caligine

per acquistarsi un stile piú lodevole;

ma l'abito maligno e la rubigine

d'un incesso balordo e strabuchevole

difficili mi rendeanzi contrarie

le vie che mai non seppe la barbarie.

2. Et oggi pur a nostro vituperio

passate son di là le bone letere

mercé ch'abbiam commesso un adulterio

tal che smarite sono l'arti vetere.

Veggio fatto volgar fin al salterio

cantando su pei banchi ne le cetere;

né passo per taverna o per botega

che Plinio od altro simil non si lega.

Narrazione

 

3. La fresca Aurora piú che mai leggiadra

da l'orizonte omai scotea le piume;

surge 'l pastore a beverar la squadra

di sue care caprette al chiaro fiume;

poi leva gli occhi al cielo e ben lo squadra

che schietto nascerà di Febo il lume;

di chetolto 'l bastones'assicura

e for guida l'armento a la pastura.

4. Berta sola rimane a la capanna

et anco dorme di stracchezza piena;

pur l'alma entro 'l pensier tanto s'affanna

che non s'acqueta la sospesa lena;

onde nel moto d'una picciol canna

ratto si sveglia e sente al cor gran pena

ché 'l suo Milone a lato non ritrova;

e qui di pianto un fiume si rinova.

5. Stavasi dunque tutta pensorosa

la guanza riposando su la destra;

Feboche vòlpossendod'ogni cosaMatino

rendersi certovenne a la finestra;

quando la dongelletta paventosa

del partosu quel strato di ginestraDoglie del partorire

sentir comincia pene di tal sorte

che di men doglia crede esser la morte.

6. Stride con alta vocerugge e freme

torcendosi su l'uno e l'altro fianco;

verun non è che 'n quelle doglie estreme

poscia parlando confortarla almanco;

chiama Frosina et altre donneinsieme

chiama Miloneet il chiamar vien manco

e solamente in quelle stalle immonde

un parete di sassi le risponde.

7. Ragion è ben ched'un tal ventre uscendo

il fior del mondo e l'unica possanza

difficil parto siaduro et orrendo

e faticoso assai piú de l'usanza;

chése le gran prodezze sue comprendo

quale fu mainé mai sarà nomanza

di forza immensad'animo prestante

simile a quella del Signor d'Anglante?

8. Qui nacque Orlandol'inclito barone;

qui nacque Orlandosenator romano;

qui nacque Orlandoforte campione;

qui nacque Orlandogrande capitano;

qui nacque Orlandopadre di ragione;

qui nacque Orlandopiú d'ogni altro umano;

qui nacque il gran spavento e la ruina

de' Maganzesi e gente saracina.

9. GuàrdatiAlmonte; guàrdatiAgolante; AlmonteAgolante

guàrdatiAgricane e re Gradasso;AgricaneGradasso

guardativeLusbecco e DurastanteLusbeccoDurastante

TroianAncroiae tu crudel Gurasso;TroianoAncroiaGurasso

guardasi piú degli altri ogni gigante

ch'or nasce in sua ruina il gran fracasso;

qual durezza di monte o fin azzale

porrà star saldo al suo ferir mortale?

10. Nasce dunque l'infante in quella grotta

senz'ullo testimonio de commadre.

Ma cosa di stupor apparve alotta:

poscia che spinto for l'ebbe sua madre

ecco de lupi arrivavi una frotta

di quelle selve uscendo folte et adre

ch'andavano d'intorno forte urlandoUrlando

onde per nome poi fu detto Orlando. Orlando

11. Sentí la terra un tanto nascimento

sentillo il marei fiumirivi e fonti;

sentillo il ciel dissoprafora e drento;

sentillo poggipianivalli e monti

grandinepioggenevi et ogni vento

cittàcastellaportiville e ponti;

sentillo pesciarmentifiereaugelli

e 'ntorno lui par sol che 'l sol s'abbelli.

12. Dricciasi Berta con gran stento in piede:

pensate a qual pietà movea li sassi!

leva 'l figliuold'inopia sol erede

e portalo ad un fiume a lenti passi;

lavalo stessae su la ripa sede

sciugalo prima e dopoi il fascia e stassi

a contemplarlo sempre lagrimando

e già 'l dolor del parto ha posto in bando.

13. Bascialo spessoe non può saziarsi

succiar la frontegli occhibocca e mento;

sentesi di dolcezza liquefarsi

onde le par men aspro ogni tormento.

Poi riede a la capanna per corcarsi

ché 'n starsen dritta non ha valimento

in fin che 'l vecchio pegoraro torni

ch'omai temp'è che 'l caldo lo ritorni.

14. Eccolo giunto co le greggie innante

sovente drieto a quella sibilando.

Va ne la tana con uman sembiante

e vagir sente il pargoletto Orlando.

La donna con vergogna in un instante

levatasi sul braccioil comeil quando

nacque 'l fanciullo mentre a lui racconta

per debolezza quasi vi tramonta.

15. Lo provido vechietto non risponde

ma col piè tosto e con la fronte allegra

le man corre lavarsi a le fresch'onde;

poi chiama una capretta bianca e negra

la qualpresto lasciando l'erbe e fronde

non fu di alzar la gamba al vecchio pegra.

Egli trasse di latte un suo vasetto

non stomacoso noma bianco e netto.

16. E mentre vi si ammolla un mezzo pane

corre di tre galline al comun nido;

un par di uova nate in quella mane

sul cener caldo pose in loco fido.

Poi torna al latte e con sue voglie umane

lo porge a Berta; et ella: - Io mi confido

- disse - nel Cielo padre mioch'ancora

verràche di ciò renda il cambiol'ora.

17. Non sempre in me Fortuna turbarassi

non semprei' speromi serà matregna

ché se a clemenzia i' movo e fiere e sassi

via piú ch'ella si pieghi è cosa degna. -

Cosí parlandodi quel latte vassi

nutrendo a poco a pocoe par si spegna

la fame insieme col dolor del parto

lo qual sopra ogni pena è acerbo et arto.

18. Poi sorbe l'ova et acque dolce beve

di che ne prende molto di ristoro;

cosídi giorno in giornoe l'aspro e greve

vassi diminuendo il suo martoro

e dal pastore tanto ben riceve

che reputa del mondo tutto l'oro

bastevole non esserper il quale

supplir potesse un beneficio tale.

19. Pigliava l'arco suo matin e sera

quel sovra tutti bono pegoraro

e mentre di sue pecore la schiera

iva pascendo in loco solitaro

cercava il monteil bosco e la rivera

seguendo gli augelletti; e ben fu raro

quel ch'addocchiato fusse e saettato

morto non riportasse il stral al prato.

20. Con questi poi nudriva la dongella

e di pastore fatto era già coco

infin che piú che mai ligiadra e bella

depose il volto macilente e fioco.

Ma l'Orlandino già corre e saltella

giàqual poledronescit stare loco

scampasi da la madre omai slattato

a quel pastor piú del suo armento grato.

21. Cavalca una cannuccia e con la spada

di legno tira dritti e manroversi;

sempre discorre questa e quella strada

né sa d'alcun affanno mai dolersi;

convien che cadasurga e poi ricada

ché 'n piede fermo anco non sa tenersi;

ond'ha sul voltomentre in terra il smacca

chiara di uovo sempre o qualche biacca.

22. Vive sett'anni e duodeci ne mostra

tanto compiuto va di forze e membra;

gambe da salti et omeri da giostra

dando Naturaad Ettore l'assembra;

porta gran pesi e 'n qualche muro giostra

urtafracassarompequassa e smembra;

orsileonitigri non paventa

ma contra loro intrepido s'aventa.

23. Folgoriventipioggiecaldo e gelo

non puon far sí ch'egli di lor si cure;

dorme di notte sotto aperto cielo

non su le frondima su pietre dure;

brunonervosoe 'n capo ha riccio 'l pelo

co' piedi e maniove convien s'indure

per l'andar scalzo e manegiar bastoni

la carne in calli e 'n scarpe de' pedoni.

24. Due pelli di capretto avinculate

per piedi su le spalle ha per vestura.

Cogli altri pastorelli songli grate

lottebagordi e giochi di ventura.

Autunnoprimaverainvernoestate

non mai di star agiato si procura.

S'ha fameciò ch'encontra egli tracanna

o sia ne' boschi o sia ne la capanna.

25. Giandefraghecastagnecorne e more

pomi selvaggi e peri si mannuca;

non piú vi guarda il meglio che 'l pigiore

non l'acetosa piú de la lattuca;

beve di fonteo fermo o corridore

né cessa ber per fango over festuca;

ma s'anco con sua madre si ritrova

mangia butiropanecaccio et ova.

26. Or Berta in questo tempo intende e spia

Rainer esser di Sutri al regimento;

cade in sospetto grande che non sia

da lui scoperta e fa commandamento

al figlio che con lei queto sen stia.

Ma ben piú tosto avria tenuto il vento

in un rete che mai vietar Orlando

che non vada o ritorni al suo commando.

27. Usanza universale tra' citelli

era di Sutricome far si sòle

con sassi guerregiareposcia ch'elli

fusser asciolti da l'oribil scole

quelli con questi e questi contra quelli

ove s'oscura a tante pietre il sole.

Chi rompechi l'ha rottao gamba o testaProverbio

e sempre piú san Stefano tempesta.

28. Quivi sovente il pover Orlandino

mal in arnese trovasi fra loro;

dinnanzi li altri sempre il parvolino

le pietre fa cantar nel ciel sonoro;

et è cagion sol esso col polvino

turbar le stellementre di coloro

parte sgomentarompecazza e dàlli

parte con gridi arguti drieto vàlli.

29. E come avien al troppo baldanzoso

rotta la testa spesso ne riporta;

ma n'anche per sí poco vien ritroso;

cacciasi avanti a' soi compagni scorta

e quanto piú fi' tóccopiú sdegnoso

di pietre e sassi un turbine sopporta

sí che a la grotta torna poi la sera

tutto dirottoe Berta si dispera.

30. Spesso gli parla e dice: - Figliuol mio

perché ti fai cosí tutto pestare?

Lascia le pietreper l'amor di Dio

ché 'l viso tuo d'un diavolo mi pare!

- Voletemadre mia- risponde - ch'io

mi lascia da ciascun ingiuriare?

«Figliuolo di putana» ognun mi chiama

et io sopportarò perder la fama?

31. S'un tal oltraggio fare mi permetto

ch'altro nome guadagno che «bastardo»?

Et iomadre mia caravi prometto

voler mostrar che non pur son gagliardo

ma sono per cavar il cuor dal petto

a chi del vostro onor non ha riguardo;

e se mai torna il padre mio Milone

diròli sul bel volto ch'è un poltrone.

32. Perché su le taverne consumando

va la sostanzia nostra e non lavora

enoi per queste selve abandonando

il chiaro sangue nostro disonora.

Ma se mai grande i' vegno sí ch'el brando

cinger mi posciavoglio cacciar fora

Carlo del mondonon che d'Anglia e Franza

e bever tutto il sangue di Maganza.

33. Sí che lascia purmadreche 'n la guerra

di pugna e sassi adoperarmi vaglia;

quanti n'abbracciogittoli per terra

non li valendo né arte né scrimaglia.

Ciascun mi chiama «Orlando forte-guerra»

perché non è chi 'n guerreggiar m'aguaglia;

sempre davanti gli altri salto e schivo

duo millia sassie pur son anco vivo.

34. Poscia chi mi dà pane e chi del vino

chi carne cotta e chi bona menestra;

talor è chi mi dà qualche soldino

altri che a far la pugna m'amaestra

dicendo che pararmi col mancino

braccio mi deggia e dar co la man destra

tal ch'ad ognuno vien di me paura:

cosa ch'essermi penso a gran ventura. -

35. Cotanto ben sa l'Orlandino dire

che di dolcezza Berta ride e piagne;

lascialo dunque a suo diletto gire

ch'in farsi un valentuomo non sparagne.

Or qui Turpin si vien a divertire

narrando di Milon le forze magne

che Desiderio vinse con grand'arte

cacciando Longobardi d'ogni parte.

36. Poi scrive come in Cipro giunto Amone

con le reliquie sue di Chiaramonte

di Beatrice in mezzo d'un vallone

Rinaldo nacquele cui prove conteNascimento di Renaldo

che fece ne la infanzia sol espone

alor che 'l figlio suo d'Anglante il conte

ebbe condutto sin al mar Euxino

a star col suo diletto Rinaldino.

37. Ma nanti ch'i doi fanti assai cresciuti

poscian trovarsi insieme in quelle bande

torna il dottore scrivere gli arguti

consigli d'Orlandino e il senso grande;

lo qual un giornoco' capelli irsuti

e con la gonna che d'intorno spande

ben mille strazzemendicava in Sutri

tanto che sé con la sua madre nutri.

38. Ecco si 'ncontra in un bel giovenetto

figliuolo di Rainerdett'OliveroOliveroche poi

lo qual turbossi et ebbe a gran dispetto fud'Orlando cognato

ch'Orlando l'occupasse in sul sentero.

Alza la mano e diedegli un buffetto

su l'occhioche gli venne tutto nero;

et in quel tempo ancora il suo regazzo

piantolli un grosso pugno sul mostazzo.

39. Alor Orlando quel dongello prese

e sotto i piedi tosto si lo caccia

et ancor l'altro afferra e giú lo stese

l'un sopra l'altroe macca lor la faccia.

Corre la plebe tutta per diffese

del figlio del Signore in su la piaccia;

prest'Orlandino lascia lor in terra

corre a la grotta e drento vi si serra.

40. Bertache d'una lepre in foggia vive Comparazione

la qual sempre de cani sente o pare

sentir le voci e pensa ove lor schive

e vede il leporin a sé scampare

la faccia di pallor tutta si scrive

gridando al figlio: - Chi ti fa trottare?

dimmicaval balzanoe donde fuggi?

perchéfigliuol sfrenatomi destruggi?

41Qual occhio è quello e muso che ripporti

livido sí che parmi un saraceno? -

Rispose Orlando: - Vòi tu che supporti

le bastonate altrui né piú né meno

s'un mastin fussi? tanti e tanti torti

ognor fatti mi sonoe nondimeno

soffersi lorse non testé c'ho franto

lo figlio del Signore tutto quanto.

42. Le bòtte mai non son per comportare;

de le parole pur me 'n passarei;

trovo distanzia assai dal dir al fare;

non siamo n'anche Turchi né Giudei;

sol gli asini si ponno bastonare:

s'una tal bestia fussipatirei;

ma son un uomo et uomo esser intendo;

e chi diece men dà vinti ne rendo.

43. Voi ne darete (chiama lo Vangelo) Evangelio

cento per unoe cosí far debb'io;

e chi mi rumpe o pur mi torze un pelo

il collo torzo a lui come vòl Dio;

e se de le Scrittureanzi del CieloInterpretatori de la Scrittura

si mette a interpretar il senso pio

ogni frate Scapocchia et ignorante

anch'io poterlo far io son bastante. -

44. Parla la madre: - Dehfigliuolnon sai

che 'l pesce grande mangia il pargoletto?Proverbio

Non gir in Sutrichése v'anderai

ti pigliaran i zaffiti prometto!

- Mi pigliaranno? - disse Orlando - guai

a qualunque verrammi a far dispetto!

chése d'un papa fusse ben bastardo

io gli farò parer il fugger tardo.

45. Ma dàti pace tuperché 'l demonio

già non è brutto come vien dipinto:

non sol d'una prigion i' son idonio

rumper le murama d'un laberinto;

ecco su l'occhio i' porto il testimonio

che 'l figlio del Signor mi l'ebbe tinto

col ponderoso pugno; e fu 'l primero

che mi percosseet anco il suo scudero.

46. Cosí l'altra matina l'animoso

dongello dritto corre a la citade:

porta il bastone duro e groppoloso

col qual non fuggirebbe mille spade;

scorre e traversa senza gir nascoso

di qua di là per tutte le contrade

e chiama in alta voce: - O gente bona

fatimi bense Dio non v'abandona!

47. Io v'addimandoper l'amor di Dio

un pane solo et un boccal di vino;

officio non fu mai piú santo e pio

che se pascete il pover pelegrino;

se non men datevi prometto ch'io

quantunque i' sia di membra sí picino

ne prenderò da me senza riguardo;Proverbio de la fame

ché salsa non vogl'io di san Bernardo!

48. Cancar vi mangia! datimi mangiare;

se nonvi butterrò le porte giuso;

per debelezza sentomi mancare

e le budelle vannomi a riffuso.

Gente devotae voipersone care

che vi leccate di bon rosto il muso

mandatimiper Dioqualche minestra

o mi la trati giú de la finestra! -

49. Cosí gridava il pover Orlandino

et or li prega et or piú li minazza.

Ecco gli passa innanzi un fra Stopino

ch'avea di pane un sacco e con la mazza

chiocca ne l'uscio a questo e quel vicino

ch'anco ne vòl de l'altro e piú n'abbrazza

ch'egli portar non puòcom'è l'usanza

di chi non san empirsi mai la panza.

50. Orlando se gli accosta col bastone

e dice: - O fra Sguarnazzadammi un pane;Fra Sguarnazza

questo ti vo' pregar per il cordone

per le gallozze e le bretine lane;

so che l'aspetto tuo d'un bel poltrone

piú presto lo darebbe a qualche cane;

pur fa' come ti parch'in ogni modo

già di volerlo qui piantat'ho il chiodo.

51. - O Iesú Cristo! - disse suspirando

quel frate alore via sen va di trotto;

mapiú d'un gatto prestoil zaffa Orlando

per la gonella e fe' 'l mostrar dissotto

chedel suo general contra 'l commando

la sacca non avea del barilotto Mudanda

sí ben quella del pane in colmo piena

talmente ch'egli move il passo appena.

52. - Sta' saldo- disse Orlando - perché fuggi?

Mi fa di te pietàche sei sí carco;

olàférmatifrateche ti struggi

peggio d'un asinello sotto 'l carco!

A cui dicopoltron? se non t'induggi

per Dioti mostrerò ch'io non son parco

di bastonatecome tu di pane

lo qual tu sei per dare a le puttane. -

53. E detto ciòcome sboccato alquanto

(ch'e' putti e polli imbrattano la casa)

scote la polve col baston del manto

ch'omai poco di quella vi è rimasa.

Perse la pazienzia il padre santo

che 'l brazzo d'Orlandino gusta e annasa

esser non di fanciulloma di Ettorre;

le sacche getta in terra e via sen corre.

54. - Chi cerca l'orbo? - disse alor Orlando

e preso il pane fugge vittoroso;

mai non si guarda in drietoma scampando

va piú che può di qua di là nascoso.

Al fin giunse a la grottae Bertaquando

lo vide con quel carco ponderoso

prima si dolse pel sudor del figlio

poivisto il panevi mutò consiglio.

55. - Or mangiamadre miagagliardamente!

Panem doloris qui t'arreco inanti. -

E detto ciò sin leva un grosso al dente

edopo quellocinque n'ebbe franti.

Berta sen ride solacievolmente

dicendo: - Figliol miosaran bastanti!

cotesti pani per un mese intero.

Voglio mandarne parte al monastero.

56. Verran sí duri e sodi che spetrarli

mistier farà l'incude col martello.

- Piú tosto - parla Orlando - vo' ch'i tarli

lo rodino che darne un bocconcello

a frate alcuno; fa' che non mi parli

di questomadrepiú; ch'al bel bordello

ti cacciareimi vegna la giandussa!

Pasto de frati è fava con la gussa.

57. Anzi farai tu meglio star luntana

se non ti curi crescer in famiglia;

e se vengon trovarti ne la tana

la stangache sta drieto a l'usciopiglia

e su le schiene assettagli la lana.

Fa' ciò che 'l tuo figliuolo ti consiglia;

e se ti voglion predicar la fede

dilli che 'l laico piú del frate crede. -

58. Cosí parlandoil suo baston resume

e corre a la citade apertamente:

ecco li zafficom'è 'l suo costume

in frotta l'han pigliato immantinente;

tutto legato stretto in un volume

portano lui di peso leggermente

lo qual si scote per spezzar le corde

et a chi 'l porta spesso il collo morde.

59. Or finalmente l'han condotto innanze

al padre d'Oliviersignor del loco:

- È questo - disse - quel c'ha tante sanze

e teme il mio valore cosí poco?

Or si comprende che le sue possanze

son come neve al sole e cera al foco!

Ponetilo giú in terra. Dimmifrasca

non sai ch'al fin la volpe in laccio casca?

60. La forca fuggee tu le corri drieto

giottocavestro e ladroncel che sei;

ancora non sei lungo com'ho 'l deto

e for del Ciel ti credi trar i dei?

Presentuoso et animal inqueto

chea far bona giustiziati dovrei

dar mille stafilate a piú non posso

che 'l cul di sangue avessi negro e rosso! -

61. Rispose Orlando: - Perch'io son legato Animosarisposta

tu mi chiami cavestro e ladroncello!d'Orlandino

Se de le braccia i' fussi liberato

ti mostrarei che sei di me piú fello.

Io son d'italiano sangue nato

e la mia casa «Chiaramonte» appello.

Mio padre vive ancor et è Milone

contra ragion bandito da Carlone.

62. Però tu parli come poco saggio;

né sai chi parla troppo se ne pente;

tu pensi ad un furfante dir oltraggio

e pur lo dici a Orlando qui presente;

forse non sempre avrai questo vantaggio

se 'l torto che mi fai mio padre sente.

Guardati innanzi e lasciami ch'io vada

ché forse avrai barbier ch'al fin ti rada.

63. S'ho rotto ad Oliver tuo figlio il naso

esso m'ha rotto prima l'occhio e muso.

Se Nicolao Delirans e TomasoFizione poetica

scendesser con soi libbri dal Ciel giuso

a darmi torto in questo nostro caso

io gli direi che la conocchia e il fuso

sarebbe meglio stata ne lor mani

che diffinir di Dio li sensi arcani.

64. Levàtimi da torno queste corde

se nonle romperò sol in un scosso;

né aver al detto mio l'orrecchie sorde

perché ti veggio la ruina addosso

dico Milonche 'l deto già si morde

per franger il tuo corpo d'osso in osso

e darte a' cani te con la tua schiatta

fin che su la radice sia disfatta. -

65. Quando Rainer intende d'un infante

minaccie che porrian spavento in Cielo

e che si vede un Miloncin avante

che ben lo rassomiglia a l'occhioal pelo

cangiossi tutto quanto nel sembiante

né poté far ched'amichevol zelo

compuntonon piangesse il caro amico

vedendo il figlio suo fatto mendico.

66. Presto che sia slegato fa commando

et ubedito in un instante venne.

Un capriolo parve alor Orlando

chescioltogià in quel loco non si tenne

ma per le scale giú corre saltando

s'avesse agli alti balzi intorno penne;

mille citelli vannogli da tergo

Gridando semprefin al proprio albergo.

67. Ove 'l cortese damigelloin vece

di bon ministro de la Madre Chiesa

del pane tolto al frate dianzi fece

prudentemente una pietosa impresa

dandol a que' citelli. - Piú mi lece

- dicea - porger a questi la diffesa

contra l'orribil fame che dar pasto

ai musichi d'Arcadia sotto 'l basto! -

Conclusione

 

68. Or su non piú; ché d'ignoranzia un vaso

farmi bandir dal Ciel par si prometta;

e perché di cervello non men raso

lo veggio che di testain mia vendetta

voglio tacerche non mi dia del naso

là dove spesso mi forbisce e netta

liber novarum legum quem de foeno

quidam composuerunt ventre pleno.

69. Lasciànlo dunque star in sua malora

che non si urtasse al scoglio d'una gobba

gobba cheal vaso eguale di PandoraPandora che fu d'ogni

contien de morbi un'infinita robba. morboseminatrice

Meglio sarà che l'unica signora

mia Caritungazoppasguerza e gobbaCaritunga

si alzi la gonna e mostri a lui l'ecclipsiGobbo

scrivendo per le vie: quod scripsi scripsi.

70. Scripsi scribendae scriver anco voglio

fin che Grifalco non verammi stanco;Grifalco

ruppi mio legno in fortunato scoglio

che piú di solcar onde omai son franco;

e se l'inchiostrola lucernail foglio

e l'Orsatino mio non fiami manco

anzi se Morte non mi chiude il passo

spero di lui dirà Cirra e Parnasso!

 

OTTAVO CAPITOLO

 

1. L'istoria del beato Griffarosto

che per domenticanza ne la penna

rimasta mi eraor la mia Musa tosto

di lui cantando carca su l'antenna;

Musa cheaccortamente dal proposto

cadendomentre dir Orlando accenna

un vento par che dal culino vaso Astuziadel petto

minaccia le calcagna e dà nel naso. o vòicorreggia

2. E cosí advenerammi finalmente

quello ch'ad un pittor di villa occorre

ch'un santo Georgio armato col serpenteSanto Georgio

pingendovòl sembrarlo al fort'Ettorre;

al fin si scopre un mastro cavadente

che tutte le città pel mondo scorre

s'una mulazza vecchia con le cure

da guarir piaghe e mille altre rotture.

3. Io dunque d'Orlandino canto poco Notando

e molto piango de l'altar di Cristo;

io fingermi «pitocco» movo a gioco

e del fallir de' chierici m'attristo;

di for Cerere e Baccodentro invoco

lo mio Iesúche faccia omai sia visto

sott'ombra spesso del nobil vangeloIpocrisia

regnar Satàn d'un cherubin col pelo.

Narrazione

 

4. Fu in Sutri un gran prelato molto grasso

o fusse abbate o qualche altro vicaro:

cascavali la panza fin da basso

ch'un porco tal non vide ma' gienaro;

per non sleguarsi andava passo passo

a la taverna spessoal tempio raro;

e questo gli accascava perché sempre

ieiunium praedicabat pleno ventre.

5. Rassimigliava propriamente un bove Comparazione

chetolto da l'aratro e in stalla chiuso

convien ch'ivi s'ingrasse e si rinove

per uscir poscia d'uno in l'altro buso;

tu 'l vedi che a fatica il passo move

cascandogli 'l mentozzo in terra giuso

quando vien tratto al banco del beccaio

venduto a quatro libre per denaio.

6. Ma quel poltrone manco assai valea

d'un boveonde guadagnasi la pelle.

Quando a scarcar il ventre si sedea

sentivasi tonar le sue budelle

con quella tempestà che vide Enea

portato su da lei fin a le stelle;

e se ambracano e muschio fusse stato

oh d'ambracano e muschio gran mercato!

7. Mille ducati avea costui d'entrata Entrata

ch'andavan tutti drieto per l'uscitaUscita

dico nel cacatoioperché grata

fu sempre a lui di crapular la vita.

Carne di porco e caole con l'agliata

trippepancette e broda ben condita

di sale e specied'intestine e lardo

eran il suo devoto san Bernardo.

8. Non cosí tosto qualche bon boccone

in piazza comparea di pesce o carne

che 'l padre santoin guisa di falconeComparazione

lo qual giú a piombo vien viste le starne

davagli d'ongie tal che le persone

di Sutri non potean oncia mangiarne

mercé che 'l Griffo tutti li rapia

sí ratto come il Ciel rapitte Elia. Elia

9. Cingevasi dissotto al scapularo

(né senza questo pò salvarsi un frate)

una gaioffa e di braghesse un paro

che sempre furno il suo fidel Acate.Acate

Né mai gli calse d'altro secretaro

in cui le cose sue fusser corcate

non dico breviarinon missali

nec librum de peccato originali;

10. ma sempre o qualche lonza o scannatura

o lombo o testa o petto di vitello;

poi d'altre mille cose di mistura

in quel suo gran tascone fea rastello:

uovabutirolardo e di verdura

lattuchebietecaolepetrosello;

e cosí carco di tal libbraria

dicea non esser altra teologia. Eresia

11. Era bon mastro in arte coquinaria Dottrinade Griffarosto

avendo in questo un'ampia biblioteca

di varie lingue multa commentaria:

non l'arabescaebraicanon la greca

non la toscanadicotemeraria

che a grande sua superbia oggi s'arreca

eguarsi a la romanae tanto sale

che assai Francesco piú che Tullio vale;PetrarcaCicerone

12. ma l'arciprete santo avea di lingue

sempre di porco e manzo grande copia;

e benché il lungo studioil qual estingue

lo bel color e fa di sangue inopia

l'avea condotto a tal ch'un ciacco pingue

parea quando di giande pieno scopia

pur sempre conservossiogni matina

pigliando un bon capon per medicina.

13. Or dunque Orlando un giorno per ventura

comprar lo vede in piazza un sturione

intorno a cui de gente gran strettura

vi era per tòrne ognun qualche boccone;

ma il padre santo a quella criatura

ch'ancor viveva ebbe compassioneCompassione

di non veder smembrarloe cosi integrod'un gentil spirto

comprandolo si parte molto allegro.

14. Cacciato si l'avea ne la bisacca

ove mili'altre cose occulte stanno;

vagli Orlandino drieto con la sacca

da bono e vigilante saccomanno;

ché per nudrir sua madre non si stracca

far ogni giorno a qualche ricco danno;

piglialo ascosamente ne la toga:

- Sète voi - dice - l'arcisinagoga?Arcisinagoga

15. La Reverenzia Vostra non si parta;

statime alquantopregoad ascoltare.

Nimis sollicita eso MartaMarta

circa substantiam Christi devorare.

Dammipoltronquel pescech'io 'l disquarta

per poterlo in communi dispensare

nassa d'anguille che tu seilurcone! -

e ciò dicendo dàlli col bastone.

16. - Non ti vergognisacco di letame

mangiar sol tu quel ch'ad un popol tocca?

Non sei tu causa de la nostra fame

che tutto 'l mare va per la tua bocca?

E pur d'un scapucin sotto 'l velame

tu cerchi fra la gente vil e sciocca

mostrarti santo e dir quod in tonsura

salvatur tandem omnis creatura?Vera ipocrisia

17. Et io t'annuncio quod tonsura molti

ha ricondutto al lazzo de la gola

perché tondar dinari son accolti

sotterra de ladroni in qualche scola!

Porcazzo che tu seic'hai quattro volti

e il lardo giú dal culo si ti scola;

or come sofri poi di carne il moto

tu che di castitade hai fatto voto? Votodi castitade

18. Lascia quell'infelice criatura

c'hai presa per vorarla in un boccone!

Dimmili Santi Padri tal pastura Costumide li

mangiaron forse? o lecer con ragioneantichi Padri

quel si ricerca al mantoa la tonsura

al flocoal scapolare et al cordone?

Falliron elli mai lo esterno manto

col viver parasito e finger santo? -

19. Cotal parole usava un dongelletto

contra un prelato grave et attempato;

e già sí pel rubor sí perché astretto

era di comprar legna a bon mercato

lasciagli la gaioffa e dal cospetto

del volgo ch'ivi corre si ha celato;

prende Orlandin quel breviario e scampa

ch'altro non fu giamai di meglior stampa.

20. Vola per la città la famail grido

che l'arciprete ha perso l'Instituta

con altri libbri posti in loco fido

d'un suo carneroandando ad un'arguta

disputa fatta in capite «Divido

sanguinem Christi» dove si confuta

l'error de' Stoicie provasi EpicuroStoiciEpicuri

esser in domo Dei via piú sicuro.

21. Rainer similementeche Signore

stava de la cittade al regimento

ode che 'l venerabil monsignore

di mal di gola perso avea l'onguento;

poi de la vita lui tutto 'l tenore

viengli narratoet ebbene tormento

perché di Cristo il patrimonio vede

sovente in man di ch'oncia in Dio non crede.

22. - I' non mi meraviglio - disse alora -

se scandalo patiscono gli agnelli

e se vanno le grege a la malora

sotto alcun lupidi pietà rubelli;

ma vogliovi proveder ora ora.

Tosto che quel priore qui s'appelli! -

Al cui fiero precetto il cavallero

con la sbiraglia corse al monastero.

23. Tranno quel mostro orrendo for di tana

e l'han condotto di Rainer al seggio.

Corresi per mirar la bestia strana

cui di grassezza un bue non ha pareggio;

ciascun si stoppa il naso a la profana

puzza di vinodi sudor e peggio;

chi 'l chiama porcochi Sileno e Bacco

chi bottaglionchi di letame un sacco.

24. - Tràtivi avanti- disse a lui Rainero -

uomo di Diosantissimo profeta.

Del spirito devin ogni mistero

so che 'ntendeti e di ciascun pianeta;

la libertade ancorch'ebbe san PieroPiero

libertà grandema poca moneta;

tràtividicoinnanzipadre santo

ché d'un mio caso ho da parlarvi alquanto.

25. So che sapete ancora quanta tripa

richiede il vostro armario di brotaglie

ove piú carne e pesce si discipa

che non han frondi tutte le boscaglie;

né tanta rena in lido al mar si stipa

quanti voi consumati tordi e quaglie;

però vi onoro qui né piú né meno

d'un animai d'urina e fezza pieno.

26. Non hai tutripponazzoalcun rubore

scoprirti agli occhi mai d'uomo vivente?

pàrti ch'elletto sei d'esser pastore

de la greggia di Cristo per niente?

Peggio di te mai Giuda il traditore Giudatraditore

non fe' vendendo il Mastro suo clemente;

né Caifané Annané PilatoErode;

ché per te Pluto di tant'alme gode.

27. Pàrti che i BenedettiAntoni e Paoli

dieder cotali avisi ai soi soggetti?

Mangiavan cardifabelente e caoliCostumi degli antiqui

per darli assai piú essempi che precettireligiosi

acciò schivar sappesser de' diavoli

le frode tante e riti maladetti:

dormivan su l'arena e freddi marmi

cantando giorno e notte i santi carmi.

28. Stavan occulti ne' lor chiostra e queti

for de le piazze e dal volgo luntani;

benigni a' viandanti e mansueti

lavando e' piedi lor non che le mani;

e quando uscir volean de' soi pareti

per gir altrove per montagne o piani

un bastoncelloo sia caval di legno

era de la vecchiezza lor sostegno.

29. Ma quelle sue radici e succo d'erbe

son oggidí cangiati in tordi e starne;

e le lor giandemore e fraghe acerbe

son ora per miracol fatte carne;

e le paglie de' letti già in soperbe

coltrine e piume; e quelle faccie scarne

pigliato han volti grassi di tre gole

col color stesso quando spunta il sole.

30. Lor verghe e bastoncelliper miracoli

di santi d'oggisono be' destrieri;

le celle di cannuzze e gli cenacoli

pigliato han forma de palazzi alteri;

e molte oggi badie son recettacoli

di lorde puttecani e sparaveri.

O stoltipazzisciocchi e forsennatiNotando

che 'l vostro aver lasciati a preti o frati!

31. Qual impietade usar si può magiore

che tòr a' soi la facultà per darla

a chi con le campane fan rumore

di nottee poscia in chiesa un solo parla?

Dico quelli che povertà di fore

mostran al volgo e tendon a lodarla

per addescar sott'ombra del capuzzo

la scardovella e guadagnar il luzzo. -

32. Queste parole et altre colme d'ira

dicea Rainero contra ogni ragione;

perché qualunque nel parlar s'adira

convien che 'l sentimento l'abandone;

ma spesso accade ch'un signor delira

parlando de la Chiesa a passione

parendo lor (e pur han torto grande!)

pasto de frati esser le fabe o giande.

33. Rispose alor l'abbate: - Alto signore

con sopportazion vi parlo schietto;

Ecclesia Dei non facit mai errore

non so s'in Tullio voi l'avete letto;

et Aristotelch'è commentatore

oggi al Vangelo soldice in effetto

quod merum laicus non det iudicare

clericam preti et fratris scapulare.

34. Et una chiosa canta quod praelatum

non est subiectus legi "Constantina"

affirmans eo quod nullum peccatum

accidit in persona et re divina.

Et hoc deinceps fuit roboratum

in capite «Ne agro» a Clementina.

Et princepsqui de Ecclesia se impazzabit

scomunicatus cito publicabit.

35. Et anco Thomas dice a la seconda

distinzioncapitol quo di sopra

quod unde Spirtus Sanctum si profonda

possibile non est che mal si scopra.

Per meSignornon voglio che s'asconda

lo viver mio in visuverbo et opra

quando che 'l Salvatore ci ammaestra

parlando a tuttiluceat lux vestra.

36. Mirate com'io porto la camisa

di lana su la carnee non di tela;

cotal cilizio solamente avisa

s'io vada con mirabile cautela.

Mirate ancor piú sotto! - Alor la risa

prese Rainerché 'l padre gli revela

le cose suecribrando la Scrittura

meglio del gardinal Bonaventura.Bonaventura

37. Rumpelo al mezzo del sermone e dice:

- Vos estis doctus piú che non credea;

però cesso in cusarvi; ché non lice

parlar de' santi a chi è de gente rea.

Oh dunque sotto 'l ciel sorte felice

de voi prelatiqui sub diva AstraeaGiustizia

puniri non potestis d'alcun male;

ché 'l mal e ben in voi è ben eguale!

38. Ma perché sète un spirito de vino

qual plu non ebbe (oh voglio dir!) Platone

cerco saper da voi quant'è vicino Lequatro dimande in

lo ciel da terra in ogni regione enigma

dico l'empireo sopra 'l cristallino.

Vostra Excellentia intenda il mio sermone!

Oltra di questo dite giustamente Secundadimanda

quant'è da l'oriente a l'occidente.

39. Due cose giunte a queste intender anco

desidromonsignore Griffarosto:

ditepiacendo a voiné piú né manco

quante son gozze d'acqua c'ha l'angostoTerza dimanda

mar Adriano insin al lido franco

pigliando il Greco col Tireno accosto.

Ultimamentebon servo di Dio Quartadimanda

vorei saper qual or è 'l pensier mio.

40. E se di queste quatro dubitanze Patto

mi soglierete presto giustamente

vinti scodelle di busecche e panze

giuro farvi mangiar incontinente.

Ma se con solegismi et altre zanze

sofisticar vorete la mia mente

né rendermi ragion che sia probabile

vi trattarò da un asin venerabile.

41. Tornate al monasteroch'io v'assegno

tutta la nott' e il giorno a su pensarvi;

assotigliate bene il vostro ingegno

se 'l vi cale di trippe caricarvi

e non urtar le spalle in qualche legno

che faccia la pugnata smenticarvi;

oltra di ciòse non la indovinate

voi non sarete piú messer lo abbate. -

42. Trette un sospiro tale monsignore

ch'una correggia si allentò per caso

d'un cotal bombod'un cotal odore

ch'altri l'orecchiaaltri s'ottura il naso.

Partisi di vergogna con dolore

pensando pur s'in Scotto o san Tomaso

lo coco suo trovar sappesse forse

quattro dimande stranamente occorse.

43. Nave non stette mai sí sopra porto

come correa costui sovra pensiero;

e se 'l si vide mai volar un morto

videsi alorbenché fusse leggero

ben trenta pesi e men lungo che corto

fin che pervenne al quondam monastero

entro del qual par anco si discerna

fuisse claustrum quod nunc est taberna.

44. Aveva dunque un coco non men grasso

di séche tutto quanto l'assembrava;

trovalo ch'in coquina un gran conquasso

faceamentre l'agliata vi pestava;

et un gobetto ancor sedeva basso

ch'in speto un mezzo porco rivoltava.

Quando 'l coco venir appresso il vede

non creder ch'onorarlo surga in piede;

45. ma gli commanda che 'l scolato lardo

tenda buttar sovente su lo rosto.

Ma quelloche nel core porta il dardo

al coco audace nulla ebbe risposto;

ma solamente diede un schivo sguardo

a le pignatee via si tolse tosto

entrando in un suo studio e fido loco

dove seguillo prestamente il coco.

46. Né Cosmo né Lorenzo fierentino CosmoLorenzoMedici

de'x Medici mai fece libbraria

simil a questaove 'l spirto de vino

tenea libbri assai di teologia.

Pendon al lato destro et al mancino

di gregocòrso e varie malavasie

barillifiaschi et altri vasi assai

ché 'n cota' libbri studia sempre mai.

47. Lucanichesalcizze e mortatelle Biblioteca

persuttilingue e libbri de piú sorte

bronzipignattespeti con padelle

carnerisacchicesteconchesporte

piatticattini e mill'altre novelle

per ordine qui tengon la sua corte

fra' quali sempre studia e star gli giova;

ch'altro diletto ch'imparar non trova.

48. Or quivi giuntoad un altar secreto

devotamente piega lo ginnocchio;

e con caldi sospiri avanti e dreto

quinci le braghequindi exala l'occhio.Piagne e caca

Un Bacco grassorubicondo e lieto Bacco

che giace sopra un strato di fennocchioFenochio per bere

e d'un bottazzo fassi cavezzale

era d'i santi soi lo principale.

49. Né altra Pietade né altro Crucifisso

tien su l'altare a far orazione;

Bacco sol èch'ad un parete fisso Baccosede fra doi

doi cherubini arecasi al galene cherubini

cioè 'l boccal dal vino e quel dal pisso

ché quando l'uno piglial'altro pone;

e cosí tutta notte il padre santo

ne orina un fiascoe beven altro tanto.

50. Entrando il cocoa lui disse: - Volete

cenaro monsignorche 'l rosto è cotto?

Ma vois'io ben contemplo il voltosète

sopra voi stesso e d'animo corotto?

Forsepatronvi stimula la sete?

pigliate un poco questo barillotto! -

E ciò parlandospiccalo dal muro

ch'era d'un tribiano antiquo e puro.

51. Prendelo monsignoree tienlo fermo

levandolo con ambe mani a Bacco:

- Pater- dicea - se non si pò far schermo

di porre il santo calice nel sacco

ecco la gola prontail spirto infermo;

se tal è 'l tuo volera lui m'attacco. -

E poscia ch'ebbe orato con tremore

bevendo si cangiò tutto in sudore.

52. Or egli dunqueconfortato alquanto

s'asside a ragionarché 'l becco è mollo:

- Marcolfo mi'- dicea - non fu mai santoMarcolfo coco

piú martire di me né piú satollo

di tante peneaffanni e lungo pianto.

Di rumper mi bisogna pur il collo

se tumio bene solo e mio solaccio

non t'assotigli trarmi for d'impaccio.

53. Mi tengo aver già persa la badia

perché la forza incaga a la ragione;

e sempre usanza fu di tirannia

cercar or quella or questa occasione

di tanto far che suo quel d'altri sia

senza ch'abbian a noi compassione

a noi servi di Dio; però ti prego

aiutamiche sol a te mi piego! -

54. E qui narrògli angosciosamente

le quatro intricatissime dimande.

Rispondegli Marcolfo: - Veramente

dubitomonsignorche le vivande

nostre sol per invidia de la gente

al fin retornaranno fabe e giande;

o magnum tibi et durum infortunium

qui quidem numquam noveris ieiunium!

55. - Ohimè- disse 'l priore - tu m'uccidi

membrandomi ciò c'ho sempre temuto;

tutti son lazzie par che ti diffidi

Marcolfo mioprestarmi qualche aiuto;

trammi di man di questi abbaticidi

tiranni maladettie fammi scuto

contra lor fame c'han de miei denari

che perderemo se non li repari.

56. - Lasciate a me tal cura- disse il coco -

ch'io voglio far un scorno a quel Rainero;

e condurò le fraude a cotal gioco

che 'l sturion ne tornarà al carnero. Losturion che già avea

Non voglio dimorar piú in questo locomangiato Oriandino

or or mi parto for del monastero;

statene alegro e non vi date pena

Cabrino gobbo vi darà da cena. -

57. Partesi dunque mentre che l'abbate Astuzia diMarcolfo

parecchiasi le bolge per empire;

e mentre si ritrova in libertate

subitamente corresi guarnire

le vestimenta dal patron usate

poi cautamente s'ebbe a dipartire;

lo qual sí ben ne' gesti l'imitava

ch'ognun per monsignore l'appellava.

58. Fra tanto l'arciprete non vaneggia

anzi pur senza affanno sede a cena;

allentasi dai fianchi la correggia

ché l'eppa vòl sentirsi colma e piena.

Un grande armento e smisurata greggia

empisse a l'anno un cotal orco a pena

e le piú volteper star sanomentre

devora sin a l'ossascarca il ventre.

59. Lo gobbo se gli areca un'ampia supa

di brodo grassolatesini e panze;

or quivi tutto il mercator si occupa

empir del magazen tutte le stanze;Metafora

né attende ad altro la discreta lupa

se non ch'al servitor niente avanze.

«Omnia traham post me» dice 'lVangelo:

sempre servollo in questo sin un pelo.

60. Era già il coco giunto al gran palazzo

e di parlare col signor dimanda.

Incontinente scendegli un regazzo

che l'introduce ratto in quella banda

ove dovea cavarsi for d'impazzo

de la diversa et ardua dimanda.

Quivi trova Rainer con molta gente

che a man il prese molto alegramente.

61. - Avete- disse - monsignor mio bono

pensato ben su le richieste nostre?

- Pensai; - rispose il coco - e quivi sono

venutoacciò ch'al popolo si mostre

ch'io merto esser ornato d'altro dono

che trangiotir quelle busecche vostre

le quali oggi voi laici giudicate

esser il studio d'ogni prete e frate.

62. E purse non in tuttoin parte almanco

Signor mio saggiov'ingannate certo;

perché voi sempre il negro dite bianco

e il bianco esser il negroab inexperto;

non dati orecchiaprego al volgomanco

d'ogni giudicioruinosoincerto:

or che farebbes'intendesse poi

esser in stalla piú asini che boi?

63. Ma per non vi parer un temerario

volendo qui lodar il stato nostro

chébenché morti sian Paolo e MacarioPaolo eremitaMa<cario>

pur anco stan depinti intorno il chiostro

mi volgo ad altro dir; ché necessario

mi veggio piú circa l'enigma vostro

chese né Sfinge o Edipo torna in terraSfingeEdipo

possia morirse dramma lo disserra.

64. Oggi voi mi faceste il primo assalto Soluzione dela prima

ch'io narri quanto 'l ciel da terra dista;dimanda

presto rispondo che gli è sol un salto

provandol senza il «probo» del scotista:

lo diavolo cascando già giú d'alto

quando privollo Dio de l'alma vista

senza de tanti astrologi la cura

vi tolse giustamente la misura. -

65. Meravigliossi a l'ottima risposta

d'un capo di lasagne il pro' Rainero:

- A la seconda - disse - senza sosta;

ché perder la badia qui fa mistero. -

Risponde il coco: - E questa anco ripostaSoluzion de la seconda

tenemoe risolutanel carnero: dimanda

perché da l'oriente a l'occidente

una giornata fase 'l sol non mente.

66. Quanto a la terza ambigua dimanda Soluzion de laterza

che di saper quant'acque sian in maredimanda

rispondo chese ai fiumi si commanda

con lui non debban l'onde sue meschiare

voglio ch'in polve il corpo mio si spanda

sequante gozze sonnon so contare;

perché come potrò i' tòrvi misura

senza levar de' fiumi la mistura? -

67. Or tacito Rainer per meraviglia

parea co' circonstanti esser di legno:

stringe la bocca e caccia su le ciglia

e già vagli fallito il suo dissegno.

- La Vostra Signoria se meraviglia

- parla Marcolfo - un porco aver ingegno

e questo accade perché v'inganate

pensando quel ch'è coco esser l'abbate.

68. Et ecco vi risoglio qui la quarta Soluzion de laquarta

ricchiestaeh'era a dir lo pensier vostro;dimanda

quest'ultimache piú dolosa et arta

credesteor la piú facile vi mostro:

ciascun de voisignorinon si parta

fin che chiaro v'appaia il stato nostro;

voidicoimaginate senza gioco

ch'io sia 'l prioree so ch'io son il coco.

69. Miràti dunque a quello che pensate;

l'enigma vostro liquefatto giace! -

Rainer confuso disse: - In veritate

che piú schiumi pignatte non mi piace;

anzi sarai tu solamente abbate

quell'altro sarà il cocodiasi pace! -

E cosí senza indugio al suo precetto

un cambio tal mandato fu ad effetto.

70. - Vegg'i' or - dicea - che non secondo il merito

vien dispensato il ben ecclesiastico

per cui Lorenzo un sí crudel interitoSan Lorenzo

ebbe col suonon col corpo fantastico;

onde de' mali chierci pel demerito Opinionede alquanti

difficilmente il duro freno mastico eretici

a creder che con l'arte aristotelica

si debbia predicare l'evangelica. -

71. Cotal parole un vescovo presente

avendo a sdegnoch'un soldato ignaro

del stato ecclesiastico clemente

fusse cosí mordace e temeraro

che lo biasmasse fra cotante gente

per colpa sol del novo coquinaro Abbatefatto coquinaro

disse: - Signors'io son peripatetico

piú vaglio almen d'un Borgognon eretico!Rainero era borgognone

72. Cosí parlandoil voltoche fu rosso

prima di vinovenne bianco d'ira.

Rainer si volge a lui tutto commosso

e quasi di vagina il stocco tira.

Lo vescovo temendo si è rimmosso

dal vento che 'n suo danno pronto mira;

volse partirsima Raineral core

tornatodisse: - Or statimonsignore.

73. Eretico non soncome in presenza Risposta deRainero eretico

del popol mi chiamate in mia vergogna;

ma forse l'alta Vostra Reverenza

mi crede esser un bravo di Sansogna

lo qual a Roma faccia violenza;

e pur Ella fallisceché Borgogna

men crede et al tedesco et a l'ispano

et al francese vesco ch'al romano.

74. Ben meglio credo in l'alta Trinitade Trinitade

PadreFigliolo e insieme Spirto Santo;

e credo di Maria l'integritade Virgo Maria

poi che di carne in lei Dio prese il manto;

credo ne la mirabil potestade

da Dio concessa a l'uomoper cui vanto

darsi egli pòse fusse ben nefarioPotestà de' pontifici

non esser Dioma sol di Dio vicario.

75. Credo ch'el bon Iesú facesse prima

quello che venne predicar in terra;

credo ch'el suo coltello in ogni clima

venesse porre al mondo pace e guerra;Veni ponere gladium

credo che d'un rubaldo una lagríma interram

dal corlo inferno chiude e il Ciel disserra;

credo che del Vangelo il saldo piede

altro non siasalvo la mera fede.Evangelica fede

76. Credo ch'egli perfettamente bello Speciosus pro

portassi barba e gran capillatura; filiishominum

credo che 'l sparso sangue de l'Agnello

in croceterminasse ogni figura;

donde cred'io ch'uguali ad un pennello

sian quei da' crini e quei da la tonsura;

ben credo che sol chierci fusser quelliSacerdotes et pharisaei

che sempre eran a l'opre sue rubelli.

77. Cred'anco chead instanzia d'un malegno Cayphas

pontifice de l'anno e Farisei

Pilato l'inchiavasse al crudo legno Pilato

con tanto scorno fra doi ladri rei.

Io credo ch'ivi a noi lasciasse un pegno

et una tal memoria che per lei

si cognoscesse a noi placato il Cielo

levando giú dagli occhi a Mòise il velo.Moise. Levando la figura

78. Parlo de la sua cruda passione

e del mirabil dono di sua carne;Eucaristia

la qual mangiandotutte le persone

lascian l'antiqui coturnici e starne.Figura

Credo che 'l bon Iesú per guiderdone

non voglia torti colli e faccie scarneIpocriti

ma sol il cor; e cosí tengo e creggio:

se questo è malnon parloma vaneggio.

79. Credo che sia l'inferno e purgatorio

in l'altro mondoe in questo il provo ancora;

onde con Paolo apostolo mi glorio

esser d'acerbi casi tratto fora

non già col mioma sol col suo adiutorio;

lo qual grida con voce alta e sonora:

«Pericoli nei monti e tempestati

pericoli nel mar e falsi frati».Sentenzia di san Paolo

80. Credo veder in carne il Salvatore

e spero gioir sempre di sua vista.

Creder di questo piú non ho valore;Adiuva incredulitatem

aiutami tuvescovo albertista meam

col figlio di Nicomacodottore Aristotile

oggi allegato in chiesa dal tomista

senza la matafisica del quale

quel primum verbum Dei starebbe male.

Credo ch'un laico peccator si mendeSentenzia di Gian

un chierico non mai: tal è che 'l mostraCrisostomo

(dico li rei). Fors'è che non m'intende

e in domo Dei già invitami a la giostra.Giostra d'i disputatori

Pianpianoprego; ché qui non si vended'oggi

boni servi di Diola fama vostra;

anzi vi onoro come grati a Dio

e cangiarci col vostro l'esser mio.

Non dico il scapuccinonon la soga

non le gallozzelo cuculloil floco;

so ben che superstizia non v'affoga

in creder che pietade vi aggia loco.

Protesto a tutti che non si derroga

a onor di fratte alcuno sin al coco;

ma sol mi volgo ai lupi e mercenari

larghi nel commandarnel far avari. -

Alor il vescoche per bono zelo

in soccorso di Griffarosto venne

cotal bestieme sotto 'l bianco pelo

di santa e dritta fede non sostenne;

sgombra la sala presto e spiega il velo

di colera nel mar su l'alte antenne.

Rainer sen ride e spesso a drieto il chiama

dicendo: - Cosí fugge chi non ama.

Lo mercenario vede il lupo e scampaAuttorità del Vangelo

perche non gli pertene de l'armento. -

Poivòlto agli altridisse: - Di tal stampa

son tuttiche non stan fermi al cimento

dovendosi ammortar qualch'empia vampa

d'ereticiperché co' l'argumento

sol d'Aristotil vogliono provare Aristotile

quel che con Paolo deveno salvare. Paolo

Sincerapuramonda e senza macchia

quantunque esser la fede nostra deggia

nulla di manco un sol error ammachia

la mente mia che forse non vaneggia:

non men credo al garrir d'una cornacchia

che al predicar d'un frateil qual dardeggia

da' pulpiti chimeresogni e folle

che né Iesú né Paolo mai pensolle. -

Qui narra poi l'auttore che Milone

di mezza notte giunse armato in sella;

narra l'amore e gran compassione

ch'ebbe a la mogliee come poi s'abbella

trovando un figlio in quella vil magione

che scorreguizzaiubilasaltella

vedendo il padre che menarlo via

quindi promettee già prendon la via.

Narra lo gran viaggio al mar Euxino

ove trovò ch'Amone suo fratello

scampando dal figliuolo di Pipino Re Carlo

condotto avea d'armati un gran drapello

et ha con seco il forte Rinaldino

d'un angioletto piú vivace e bello.

Il qual con Orlandin s'accosta e 'nsieme

fan prove di sua forza molto estreme.

Amon quivi Costanza la regina

ingravidò del gran Guidon Selvaggio;Guidon Selvaggio

quivi narrò poi cena la ruina

di Chiaramonteil foco e gran dannaggio

di Beatrice ancora la rapina

la morte di Rampallo tanto saggio.

E cosí Amon quel caso lor sponea

come di Troia fece il grande Enea.

Onde se mai sarà chi scriver voglia

diffusamente questo mio compendio

il libbro di Virgilio avanti toglia

ove si narra quel troian incendio.

Ho di mangiar che di cantar piú voglia:

peròsignoridate il mio stipendio

il qual sarà di laude un sacco pieno;

et io non mangio laudequand'io ceno!

Ben dirvi ancor potrei come Agolante

prese tutta la Europa et in Parigi

di Franza incoronò lo re Barbante

drizando Macometto in San Dionigi;

la presa di re Carlo; e come Atlante

tolse for de le cune Malagigi Malagigi

e come lo condusse in certe grotte

e qui l'ammaestrava giorno e notte.

E come in Roma il giovenetto Almonte

entrò col gran triunfo di vittoria;

e come né per piano né per monte

non era piú di cristian memoria.

Potrei poscia tornare a Chiaramonte

checome di Turpin scrive l'istoria

diece anni andò per l'Asia vagabondo

cercando in marin terratutto 'l mondo.

Potrei scriver ch'Orlando fatto grande

col suo cugin Rinaldo armati insieme

si ritornaro d'Asia in queste bande

ove con forze smisurateestreme

oprorno sí che le genti nefande

di Macometto e paganesco seme

cacciare virilmente; e come al fonte

questo Mambrinquell'altro ancise Almonte.RinaldoOrlando

Ma voglio questa impresa sia d'altrui

c'ho detto assaisignorie forse troppo.

Dati perdonvi pregose pur fui

di andata sguerzo e di veduta zoppo:

puotesi mal per loghi negri e bui

correr di lungo senza qualche intoppo;

donde ne prego Dio che mi sovegna;

et a chi mal mi vòlcancar li vegna!

finisce l'orlandino di

limerno pitocco

da mantova.

 

CARMEN EIUSDEM AUTHORIS

AD

PAULUM URSINUM

 

Miraris quod amempuer o placidissimete! Cur

non tesis quamvis membra pusillusamem?

Nonne sub exiguis stat virtus plurima gemmis

ferculaque exiguum reddit odora piper?

5. Cerne brevi quantum est formicae roboris et quam

muneris in modica multiplicatur ape.

Parvus es et PaulusRolandi nomine dignus

Rolandi quoniam robur et arma geris.

In quendam tirannum Pauli

nomine indignum

Quis non esse nefas te Paulum dicere credat

cum tua sit trucibus vita paranda lupis?

Iam dicare magis Saulusdiversus ad illo

qui Saulus primoPaulus at inde fuit.

5. Saulus erat Christi cum persequeretur alumnos

cumque lupus trepidas dilaniaret oves.

At meruit Pauli nomencum voce Tonantis

accepit niveam mitis ut agnus fidem.

Tu verocui gesta placent moresque luporum

10. ammisso Pauli nomineSaulus eris.

 

APOLOGIA DE L'AUTORE

 

 

Leggesicandidissimi lettori mieifragli altri faceti gesti del lepidissimo Gonella chevolendo egli la openione suasostentare al signor illustrissimo Duca di Ferrarach'assai magiore fusse de'medici lo numero che d'altri professori di qualunque arte si sialegatosi ungiorno il braccio destro in guisa di stroppiato al colloandava quinci e quindigirando per la piazza come se per doglia di spasmo non ritrovasse loco dovefermarsi potesse. Or avenne chequanti mai cosí angosciosamente quello pennarevedeanocon molta lui compassione addimandavanogli qual fusse del suo male lacagione; et eglituttavia simulandosi addoloratoritrovava qualor questaqualor quell'altra infirmitadetal che da tutti loro qualche remedioripportava: laonde lo proverbio da lui stesso pensato finalmente con gli altrimeritò d'essere per esperienzia collocato. Ma veramenteposcia che questafavoletta mia de l'Orlandinosincerissimamente da me compostauscita miè da le mani per complacenzia di chi solo commandar mi puotedirò conbaldanza non manco essere lo numero de' commentatori e interpreti che de' medicitemeraride li qualise rarissimi sono (risguardato il numero lorocopiosissimo) li periti conoscitori de li occurrenti morbiniuno al tuttocommentatore de l'Orlandino mio essere verace sin qua ho isperimentato.Ma Dio volesse almeno che lor interpretazionicosí come resultano in mio dannoe vergognami fusseno per contrario ad utilitade insieme con qualche onorecome sopra la bella canzone del Benevienni lo profondissimo ingegno di GianniPico aver fatto vedemo. Certamente né voglio né per niuna guisa possiomi dellievidenti errori alle dotte persone iscusaredico quanto a l'eleganzia toscanatotalmente di Lombardia (non mediantevi lo studio di essa) da natura rimossa; madel soggetto e materia di essa operetta immeritamente per colpa d'alcunisospettosi ipocriti son io d'infamia non poca svergognato; perchéquantunquealcune cose vi siano poste le quali in gravezza de la fede nostra o sia de laSacra Scrittura o de li relligiosi appaiono esserenulladimanco la meraintenzione de l'autore non vien in alquanti accommodamente intesala qual èvia piú presto inclinata in biasmar li mordaci di essa che morderuniversalmente la candidissima fede nostra. E in segno manifesto di miasinceritade quelle pochette bestieme pongo sempre in bocca d'alcuno tramontanodonde li errori il piú de le volte sogliono repullulare. Vero è che da mestesso confermo poi li relligiosi d'oggi (non dico tutti) esserne potentissimacagionela quale non mi curo testé quivi descrivereove solamente a laescusazione e deffensione mia io sono intento. S'io pongo la istoria dimonsignore Griffarostola intenzione mia non fu però d'alcuna particolaritadeconceputo; anzi voglio che sotto l'ombra di essoeccettuata la reverenziasempre de l'integerrimi prelatistiano tutti quanti li simili soinon avendoviun minimo riguardo a le minaccie d'alcunili qualiper sua verso me contraragione malevolenziadi mie calumnie sono seminatori. Ma di molto piú momentopotriami parere la sciocca saviezza d'alcuni altrili qualidi continuoperfumandosi di muschio e ambracanocosí a noia e schifo pigliano quellapiacevole e risoria giostra miane la qualesí come ancora in altri passi diessa operettafassi menzione di sterco e puzzonon attendendo loro la personalorda e vieta e stomacosa d'un furfantela quale non mi sdegno reppresentarviacciò che per mezzo di poter dire baldanzosamente ogni cosapervegnasifinalmente a la veritade; ché quando d'altra materia non cosí vile ioparlassilo nome mio appropriatoanzi niunovi antiponerei. Pur questa loralterigia di mente poco mi offendeché tal opera non composi a similisputasenni; ma veda chiunque di loro quello che sanno in mio scorno e infamiascrivereché forse udiranno le colonne profetizare insieme con li pareti delor vitaché dove sentesi la doglia ivi corre la lingua. Questo simile dico dele parole uscite talora da la penna men che onestamente publicateperché nonmolto disconvenevole mi parve in simile soggetto fingermi «pitocco»ne laqual persona dovendosi recitar una comediaragionamenti soluti e strabocchevoliaccascarebbono. Ben vorrovisingularissimi amici mieiesservi alora odioso ereproboquando la vita e' costumi a le predette immondizie corrisponderanno.Mas'io vi paro singularmente tassar alcuna personanon è però ch'uomo qualche si sia poscia quella imaginare non che sapereperché non mi reputolealmente aver nemico al mundo tanto da me odiato quanto l'anima mia da merisguardata: bastami solamente che ambi noi sapiamo di cui si parla. Or dunquela mera veritade via piú satisfacevole vi sia che la presente Apologiacandidissimi lettori meila quale dal seggio suo constantissimo giamai non siparte. Molto ancora vi si potrebbe dire; ma lo già detto agli animi generosi eleali so bene che troppo lungo e fastidioso appare; però la nobilitade d'ognialto spirito non si dignaràsperoleggere cotal mia satisfazione in una notteimpetuosamente compostaessendomi da non so cui potente tiranno minacciato; eio con ogni veritadela quale parturisce odiomi son posto a tentar disodisfar a lui con gli altri di simile sentenzia.